“La mente dell’uomo e della scimmia”

Rubrica: University
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09/06/2009
h.15.10

Dal 4 al 7 giugno, a Erice, presso il centro scientifico “Ettore Majorana”, si è svolto il convegno internazionale The Primate Mind: built to connect with other minds, organizzato dal Prof. Pier Francesco Ferrari, del Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale dell’Università di Parma, e dal Prof. Frans de Waal, noto primatologo della Emory University e membro dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti.
Si tratta di un congresso internazionale con al centro della discussione la mente dell’uomo e degli altri primati neuroscienziati, psicologi ed etologi hanno dibattuto sulle ultime scoperte nel campo delle neuroscienze e delle scienze del comportamento.
Il Prof. Ferrari, neuroscienziato ed etologo di Parma, ha illustrato le ultime scoperte compiute in collaborazione con il National Institutes of Health di Bethesda e con la University of Maryland, presso cui ha ricevuto recentemente la nomina di professore aggiunto.
Lo studio di cui si è occupato riguarda lo sviluppo del sistema dei neuroni specchio nei primati non umani; attraverso l’indagine non invasiva dell’elettroencefalografia è stato scoperto che le scimmiette alla nascita possiedono un sistema di neuroni specchio, e che probabilmente questo sistema è responsabile delle risposte comunicative tra il piccolo e la propria madre.
Il cervello nasce quindi con una propensione a mettersi in comunicazione con gli altri ed è già pronto a cogliere i primi gesti della propria madre.
Altri studiosi, come il Prof. Iacoboni dell’Università californiana di UCLA, ha presentato le ultimissime scoperte sui neuroni specchio nell’uomo.
Questo infatti risulta essere il primo studio che è stato in grado di registrare i neuroni specchio in alcune aree motorie di alcuni pazienti umani; finalmente quindi si metterebbe fine ad una recente polemica in cui alcuni scienziati mettevano in dubbio l’esistenza dei neuroni specchio, utilizzando delle tecniche che non consentivano la loro registrazione diretta.
Altri studi hanno messo in evidenza come i meccanismi di azione e percezione (imitazione) sono alla base probabilmente di importanti fenomeni di conformità sociale, come nel caso degli scimpanzé studiati da De Waal. Secondo de Waal ed altri studiosi è possibile che l’imitazione sia stata uno dei processi più importanti per creare differenze culturali non solo tra gli uomini, ma anche tra gli scimpanzé.
Il noto primatologo olandese, trapiantato negli Stati Uniti e autore di numerosi saggi divulgativi (Naturalmente buoni e Far la pace tra le scimmie), ha evidenziato come i nostri cugini scimmieschi abbiano i rudimenti dell’empatia. Anche gli scimpanzé infatti hanno risposte emozionali allo stress dei propri compagni, e li consolano e protestano se vengono imbrogliati.
E’ emerso un quadro abbastanza sorprendente, per chi è abituato a immaginarsi l’uomo come l’apice del processo evolutivo. L’esempio che gli altri primati ci riescono a dare sembra ribadire che esiste anche una natura empatica dentro di noi e che la nostra specie ha evoluto dei meccanismi neurobiologici non solo per distruggere il proprio simile. Una doppia natura umana, brutale da una parte, ma anche altruistica e compassionevole.
Nella meravigliosa cornice di Erice, erano presenti anche scienziati, come Simon Baron-Cohen, Tania Singer e Marco Iacoboni, che hanno parlato dei meccanismi dell’empatia nell’uomo e delle difficoltà che alcuni bambini autistici manifestano nella loro incapacità di entrare in comunicazione con gli altri. Iacoboni e Baron-Cohen hanno messo a confronto alcune tesi.
Da una parte i neuroni specchio (che spiegano solo in parte alcuni deficit sociali dell’autismo) e dall’altra un’ipotesi molto intrigante dello scienziato di Cambridge per spiegare come mai questo deficit colpisce maggiormente i maschi. Come non pensare al possibile ruolo degli ormoni maschili nell’organizzazione del cervello nel corso dello sviluppo?
Anche molti studenti di Parma hanno partecipato al convegno e presentato i frutti delle loro ricerche condotte presso i laboratori dei Dipartimento di Biologie Evolutiva e Funzionale e di Neuroscienze dell’Ateneo che si trova così, ancora una volta, all’avanguardia della ricerca mondiale.


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