Elia Valori: “La vittoria del Front National è il segno di una crisi ormai intollerabile”

ParmaDaily intervista Elia Valori (leggi gli altri interventi di Valori per ParmaDaily), grande esperto di politiche internazionali e insignito della massima onorificenza francese, la “Legion d’Onore”, dall’allora presidente francese Francois Mitterand per meriti “guadagnati sul campo”: nel 1988 riuscì a ottenere la liberazione di tre ebrei, sequestrati in Libano, tre anni prima, dal gruppo islamico battezzato “Organisation de la justice revolutionnaire”. Leggi la biografia completa di Elia Valori!

Presidente Valori, come giudica la situazione politica europea dopo la vittoria del Front National in Francia?

La vittoria al primo turno delle Le Pen e del loro partito non va presa sottogamba. E’ il segno che l’Europa della recessione e della crisi ha ormai raggiunto il limite di tollerabilità degli elettori, e non solo di quelli che votano il FN francese. Il futuro ci indica che, con la Germania che non cresce e gli altri Paesi in crisi, l’Eurozona è destinata a frazionarsi tra aree ancora in fase di sviluppo, come l’Irlanda, la Spagna e la Finlandia, e zone in cui la crisi diverrà endemica, con un tasso di crescita globale del 2,5% del PIL, troppo poco per innescare una ripresa. Riuscirà l’Euro ad essere la moneta di chi cresce e di chi arretra?

Si parla spesso di “populismo” per definire i movimenti no-euro e quelli di destra. Lei è d’accordo con questa definizione?

Se un partito politico non ha contatti con il popolo, che ci sta a fare? Il problema è che la stessa forma-partito non regge più. Le aree politiche tradizionali, i socialisti, i liberali, gli stessi cattolici centristi basavano la loro attività su platee di elettori socialmente, economicamente e culturalmente stabili. Oggi non è più così. Le economie sono fluide, lo status sociale ed economico anche, le identità culturali e politiche tradizionali sono evaporate. Il Front National ha preso più voti nei vecchi insediamenti operai che nelle città del ceto medio.

E non è una situazione solo francese: basti pensare alle destre in Ungheria, con Orbàn, in Austria, con le vittorie elettorali delle formazioni di destra come l’FPO e il Team Stronach, la Polonia, il Montenegro, che vuole l’Europa e la NATO, la Lega in Italia. I partiti no-euro e nazionalisti raccolgono lo scontento di massa, mentre quelli tradizionali, siano essi socialisti o liberali, in quanto hanno accettato l’Europa a guida tedesca, perdono e perderanno ancora.

L’UE come tale è insieme troppo piccola e troppo grande: è disegnata su una cartina dell’Europa arcaica, dobbiamo pensare invece ad una UE che va, come diceva Papa Giovanni XXIII, “dal Mediterraneo agli Urali”. E dovremo anche ripensare ad una nuova società del welfare. Qui ci farà da guida l’insuperato “Codice di Camaldoli” del 1943, l’elaborazione più completa e raffinata del cattolicesimo italiano in materia sociale ed economica.

In Italia, cosa sta succedendo sul piano politico?

I grandi partiti che ancora esistono, come il PD o la stessa Forza Italia, sono ridotti a comitati elettorali, come accadeva ai tempi di Giovanni Giolitti. La partecipazione alla vita politica dei giovani è minima, la classe parlamentare ha perso peso e prestigio sociale.

In un contesto come questo, la politica conta poco, al governo come all’opposizione. Il Movimento Cinque Stelle è sedotto dal mito della Rete internettiana, ma qui bisogna ricordarsi che il Web non filtra le notizie e pone tutti i dati sullo stesso piano, quelli giusti e quelli sbagliati. E poi, chi usa Internet? I giovani, il nuovo ceto medio, i tecnici. Non vedo molti pensionati, poveri, massaie tutti curvi sulla tastiera. Votano anche loro, e sono tanti.

C’è poi il pericolo che, per limitare i morsi della crisi, una crisi che ha avuto una ampiezza superiore a quella del 1929, si ritorni al vecchio welfare. Costoso e talvolta ingiusto, che mantiene sia i ricchi che i poveri. Anche qui, occorrerà pensare a nuove forme di socialità economica che non pesino troppo sullo Stato ma risolvano i problemi dei vecchi e nuovi poveri. Socializzare senza statizzare. Occorre rendere autonoma la società dallo Stato creando nuove forme di sostegno per i ceti più deboli.

Tutti i partiti, comunque, sono finiti. C’è da ripensare il sistema della rappresentanza politica, con questi qua, nessuno escluso, non si va avanti.

Come vede il futuro politico del nostro Paese?

Buio. L’Italia è ormai non una media potenza, come la chiamava l’ambasciatore Gaja, ma un potere residuale sia in Europa che nel resto del mondo. Non contiamo più nulla. E’ questo il risultato di tanti anni in cui i nostri governi hanno pensato solo a galleggiare sulla crisi, senza fare nulla. Le riforme del mercato del lavoro dovevamo farle venti anni fa, e sempre venti anni fa dovevamo impostare una nuova politica estera per difendere i nostri mercati e difenderci dalle minacce asimmetriche che oggi sono visibili a tutti. Venti anni persi in chiacchiere, e oggi ci ritroviamo in braghe di tela.

Che giudizio dà del Governo attuale?

Il Jobs Act è stato un buon inizio, ma l’economia italiana è talmente bloccata che gli effetti della nuova normativa non sono stati quelli sperati. In politica estera Matteo Renzi sembra seguire il suo idolo, Giorgio La Pira, con un certo pacifismo che non ci possiamo più permettere. Dovrebbe seguire, casomai, l’esempio di Aldo Moro e di Francesco Cossiga, cattolici davvero capaci di identificare perfettamente l’interesse nazionale dell’Italia. Renzi è un abilissimo manovratore sul piano della politica giornaliera, comunica benissimo, ma occorre un progetto per l’Italia che non vedo stagliarsi chiaramente nel futuro.

E le opposizioni?

Dei “Cinque Stelle” ho già detto. Mi sembrano deboli e spesso pericolosi per quanto riguarda la politica estera, che è oggi fondamentale, e sostenitori di un vecchio welfare state che ci costerebbe un occhio della testa, facendoci precipitare definitivamente in una crisi economica imprevedibile nei suoi effetti.

Per quanto riguarda Forza Italia, essa è ormai un dato residuale e dello schieramento politico italiano. Talvolta siamo alla comicità involontaria. Silvio Berlusconi è un impolitico, e lui stesso porterà alla definitiva rovina la sua creatura partitica. Fratelli d’Italia è elettoralmente irrilevante, ma potrebbe almeno catalizzare un cartello delle altre forze della destra. La Lega non credo che sfonderà nell’elettorato del Sud, che è ormai alla canna del gas e ha bisogno di ben altro che di nuovi parlamentari. Se le classi politiche sapranno vedere e risolvere la nuova e vecchia povertà italiana, che è grande, si salveranno. Altrimenti saranno spazzati via, non so da chi ma certamente saranno spazzati via. Il vecchio modello dello “spostamento verso il centro” delle forze politiche non funziona più. E non funziona perché il ceto medio non è più maggioritario nel Paese.

La maggioranza degli elettori oggi, in Italia come in Francia, è formata da poveri o da ceti in fase di impoverimento. E qui l’ideologia non c’entra più, c’entra la rapidità delle riforme economiche che devono essere intraprese; e in condizioni di crisi economica nazionale e globale. La quadrature del cerchio.

Lei consiglierebbe di uscire dall’Euro?

Dio ci liberi! La nuova “lira” sarebbe talmente svalutata sul Dollaro e l’Euro da generare un’inflazione colossale. La lira svalutata, poi, non favorirebbe automaticamente le esportazioni, e ci svenerebbe per i pagamenti da fare in monete forti, per il petrolio e le materie prime. Al contrario, occorre rinegoziare completamente, ripeto completamente tutti gli elementi della nostra entrata nella moneta unica. Tra poco uscirà un mio saggio su questo tema. Il problema, infatti, non è l’Euro “alto” o “basso”, la questione è quella, per l’Italia, di rimettere in discussione tutti i termini del nostro accesso alla moneta unica, e spero che lo facciano presto anche gli altri Paesi dell’Eurozona. O si riforma radicalmente la moneta unica europea, o essa sarà l’evangelica màcina attaccata al collo di noi peccatori, per dirla con una parabola evangelica. Ripeto, avrete presto un mio saggio su questo argomento.

E il Partito Democratico?

E’ e sarà sempre diviso tra una destra liberalsocialista e una sinistra che mimerà la vecchia opposizione “di classe”. Ma i nuovi poveri non si comportano come i vecchi, il proletariato organizzato della fabbrica taylorista non esiste più, nemmeno le rimanenti fabbriche in Italia generano classe operaia di tipo marxiano. Quindi, è probabile che il “partito della nazione” non sfondi al centro, dove ci sono meno elettori di quanto non si creda, e perda le vecchie sinistre, che rimangono vive tra i “garantiti”: insegnanti, dipendenti pubblici, professionisti, alcuni pensionati. I “garantiti” anche se di estrema sinistra, hanno interessi radicalmente diversi da quelli dei “non garantiti”, e tenere insieme questi due gruppi divergenti nello stesso partito democratico sarà una impresa.

AM

perlavalbaganza