24 maggio 1915: l’Italia entra nella prima guerra mondiale

Il 24 maggio 1915 l’Italia entra in guerra a fianco di Francia e Gran Bretagna. Dal Forte Verena, sull’altopiano di Asiago, parte un primo colpo di cannone verso le fortezze austriache situate sulla Piana di Vezzena: l’Italia inizia ufficialmente le operazioni militari nella prima guerra mondiale. All’evento è dedicata la prima strofa de La canzone del Piave.

Dopo l’attentato di Sarajevo Austria-Ungheria e Germania avevano deciso di tenere all’oscuro delle loro decisioni l’Italia, in considerazione del fatto che il trattato di alleanza avrebbe previsto, in caso di attacco dell’Austria-Ungheria alla Serbia, compensi territoriali per l’Italia. Il 24 luglio Antonino di San Giuliano, ministro degli esteri italiano, aveva preso visione dei particolari dell’ultimatum e aveva protestato con l’ambasciatore tedesco a Roma, dichiarando che se fosse scoppiata la guerra austro-serba sarebbe derivata da un premeditato atto aggressivo di Vienna; la decisione ufficiale e definitiva della neutralità fu infine presa nel Consiglio dei ministri del 2 agosto 1914 e diramata la mattina del 3.

La neutralità ottenne inizialmente consenso unanime, sebbene il brusco arresto dell’offensiva tedesca sulla Marna facesse nascere i primi dubbi sulla invincibilità tedesca. Gruppi interventisti minoritari andarono formandosi nell’autunno 1914 fino a raggiungere una consistenza non trascurabile dopo appena pochi mesi; gli interventisti paventavano la sminuita statura politica, incombente sull’Italia, se fosse rimasta spettatrice passiva: i vincitori non avrebbero dimenticato né perdonato, e se a prevalere fossero stati gli Imperi centrali si sarebbero vendicati della nazione vista come traditrice di un’alleanza trentennale.

Alla fine del 1914 il ministro degli esteri Sidney Sonnino avviò contatti con entrambe le parti per ottenere i maggiori compensi possibili e il 26 aprile 1915 concluse le trattative segrete con l’Intesa mediante la firma del patto di Londra, con il quale l’Italia si impegnava a entrare in guerra entro un mese. Il 3 maggio successivo fu rotta la Triplice alleanza, fu avviata la mobilitazione e il 23 maggio fu dichiarata guerra all’Austria-Ungheria ma non alla Germania, con cui Antonio Salandra sperava, futilmente, di non guastare del tutto i rapporti.

Il piano strategico dell’esercito italiano, sotto il comando del generale e capo di stato maggiore Luigi Cadorna, prevedeva un atteggiamento difensivo nel settore occidentale, dove l’impervio Trentino costituiva un saliente incuneato nell’Italia settentrionale, e un’offensiva a est, dove gli italiani potevano contare a loro volta su un saliente che si proiettava verso il cuore dell’Austria-Ungheria.

Dopo aver occupato il territorio di frontiera, il 23 giugno gli italiani lanciarono il loro primo assalto alle postazioni fortificate austro-ungariche, attestate lungo il corso del fiume Isonzo: l’azione andò avanti fino al 7 luglio, ma a dispetto della superiorità numerica gli italiani non conquistarono che poco terreno al prezzo di molti caduti. Lo schema si ripeté identico a metà luglio, e poi ancora in ottobre e novembre: ogni volta gli assalti frontali degli italiani cozzarono sanguinosamente contro le trincee austro-ungariche attestate sul bordo dell’altopiano del Carso, che sbarrava agli attaccanti la via per Gorizia e Trieste.

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