10 aprile 1919: Emiliano Zapata viene ucciso a Morelos

Il 10 aprile 1919 Emiliano Zapata viene ucciso dalle forze governative a Morelos. Emiliano Zapata Salazar è stato un capo rivoluzionario, politico e guerrigliero messicano.

Emiliano era il penultimo dei dieci figli di una delle tante famiglie rese povere dal regime dittatoriale di Porfirio Díaz. Studiò fino all’età di sedici anni quando, rimasto orfano, iniziò a lavorare la terra. Parlava due lingue, spagnolo e nahuatl (antica lingua locale). L’esordio politico risale al 1909 quando, eletto sindaco di Anenecuilco, Zapata appoggia il candidato dell’opposizione, Patricio Leyva, a governatore. La sconfitta del candidato appoggiato da Zapata provocò ad Anenecuilco dure rappresaglie e nuove perdite di terre. Verso la metà del 1910, dopo vari tentativi di risolvere i problemi della ridistribuzione dei terreni per via legale, Zapata e i suoi cominciarono a occupare e a distribuire terre.

Verso la fine del 1910, Zapata iniziò la lotta armata, diventando capo indiscusso della rivoluzione del Sud. Nel giugno del 1911 si confrontò con Francisco Ignacio Madero, liberale oppositore del regime dittatoriale messicano. L’incontro fu negativo e nell’ottobre del 1911, Zapata lanciò il Piano di Ayala. Ha inizio una guerra lunga e difficile, prima contro Madero, poi contro Victoriano Huerta e infine contro Venustiano Carranza. Gli zapatisti sono inafferrabili: applicando la tecnica della guerriglia, colpiscono i distaccamenti militari per poi scomparire nel nulla.

Verso la fine del 1913, grazie anche alle spettacolari vittorie di Pancho Villa al nord, Zapata costrinse alla fuga Huerta (15 luglio). Nell’autunno 1914 si celebrò ad Aguascalientes una convenzione tra le differenti fazioni rivoluzionarie che però non riuscirono a trovare l’accordo. Zapata fu presente alla successiva convenzione aguascaliense. Questa convenzione adottò il piano di Ayala ed elesse Eulalio Gutiérrez come presidente provvisorio.

I gruppi diretti da Pancho Villa e Zapata accettarono i risultati della convenzione; lo stesso non fece il gruppo del generale Venustiano Carranza e questo provocò la prosecuzione della guerra civile. In dicembre, in seguito alla rottura con Venustiano Carranza, che rappresentava la borghesia agraria del nord, le truppe contadine di Villa e Zapata entrarono trionfanti a Città del Messico inalberando i vessilli della Vergine di Guadalupe, patrona dei popoli indigeni. Fu in questi giorni che Zapata si rifiutò di sedersi sulla poltrona presidenziale: “non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano”.

Tornò nel Morelos, dove nel 1915 giovani intellettuali, studenti provenienti da Città del Messico, gli zapatisti distribuirono terre e promulgarono leggi per restituire il potere ai pueblos. Si trattò di un’esperienza di democrazia diretta, la comune di Morelos, che rappresentò l’apice della rivoluzione zapatista. Infatti, le strepitose vittorie di Obregón su Villa capovolsero nuovamente la situazione, la rivoluzione contadina entrò in una fase di declino progressivo da cui, salvo per brevi momenti, non si riprenderà più.

Zapata fu attirato in un’imboscata e venne assassinato il 10 aprile 1919, presso la fattoria di Chinameca, per mano del traditore Jesús Guajardo. Mandante dell’uccisione fu Venustiano Carranza.

Zapata scelse la lotta armata perché ritenne che i contadini, per poter essere proprietari delle terre che coltivavano, dovevano potersi difendere dalle truppe di Victoriano Huerta. Nel piano di Ayala, di cui Zapata fu autore, si esigeva la riforma agraria.

Il Messico di Emiliano Zapata era diviso tra due diverse civiltà: i ricchi, proprietari terrieri e i poveri indigeni, senza terra, ma con un forte spirito di solidarietà. Oltre il 90% dei capofamiglia non aveva terra. I terreni comuni, ejido, venivano di continuo minacciati dai grandi latifondisti, proprietari delle cosiddette hacienda. Indubbiamente notevole influenza su Zapata, la ebbe anche il Plan de Luis de Potosí, manifesto delle riforme di Francisco Madero. Nel piano di Ayala, dove, a causa della sua inconcludenza, Francisco Madero venne definito traditore, punto centrale è la terra. Gli articoli 6, 7, 8, 9, parlavano di restituzione della terra, di espropriazione dei latifondi, di nazionalizzazione delle risorse. Successivamente, nel 1915, Zapata approvò la ley agraria, con cui continua la redistribuzione dei terreni.

Con l’esperienza della Comune di Morelos, Zapata organizzò una ridistribuzione dei terreni, ma non solo. L’esperienza zapatista, al centro di letture estremamente diverse, rappresenta l’ingresso delle comunità indigene nella politica messicana.

Le leggi promulgate dalla convenzione erano attente anche ai diritti civili: le autorità civili vennero particolarmente rafforzate rispetto alle autorità militari. La ley agraria del 1915 verrà confermata dalla Costituzione di Carranza, 1917, che riconosce il diritto di sciopero e la giornata lavorativa di 8 ore, sebbene la Costituzione di Carranza, in questo dissentendo dalla visione politica di Zapata, sancì uno stato con un forte sistema presidenziale e un partito unico.

Dopo la sua morte per molti anni in Messico ci furono voci che dicevano che Zapata fosse ancora vivo.

Il suo motto era Reforma, Libertad, Justicia y Ley (Plan de Ayala) e non come si crede “Tierra y Libertad”. Fu sua la frase Preferisco morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio.

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