“L’Amore, la Morte, l’Inadeguatezza, la Dipendenza”: intervista su Chris Cornell dei Soundgarden a Nicola Briganti dei Celeb Car Crash (di Max Scaccaglia)

Io faccio fatica ad affezionarmi ai protagonisti della musica a livello personale ed emotivo. In questo senso sono un pochino anaffettivo. Mi innamoro delle loro opere, perciò non mi sarei mai aspettato di vedere le bacheche facebook invase da Chris Cornell e in particolare dalla sua figura personale. E non stiamo parlando propriamente di una pop star sempre sotto i riflettori.

Un grido di dolore che è sembrato intergenerazionale e interculturale. Cornell evidentemente non rappresentava il trito stereotipo della rock star viziosa e tossica, semmai il contrario, un modello positivo di impegno artistico e umano.
Non pareva essere afflitto dal pungolo di un Cobain o della pressione di uno Staley.

Quindi non riesco a capire. Evidentemente viveva un tormento sul quale ancora oggi permane uno strato di ignoranza abissale, e di sicuro non ho gli strumenti per una analisi che non sia musicale, e forse nemmeno per quella, ma è l’unica che posso provare a svolgere.

Col senno di poi si possono tirare fili che prima restavano per terra, senza connessioni e mi sembrano tanti i nodi che ora, invece, si sciolgono: sia nella carriera dell’artista che nelle trame del genere musicale che ha così fortemente rappresentato, e provo a fare chiarezza.

La telefonata con un amico mi convince a non parlarne io direttamente, ma ad affidarmi a qualcuno che ho a portata di rubrica telefonica, comodamente. Persona che il Grunge lo mastica per davvero, preparato nella teoria e nella pratica. Mi concedo quindi il lusso di intervistare su questo delicatissimo tema, uno dei musicisti più preparati che conosca: Nicola Briganti, voce e anima dei Celeb Car Crash ( “People are the Best Show” – 2016), produttore artistico e uomo di grande cultura.
Nicola è uno che da Parma mastica kilometri e kilometri per i “suoi Celeb”: moderna ed evoluta band che porta con risultati egregi il Grunge nel rock odierno; tra recensioni internazionali, radio e tanti concerti, giusto nella direzione indicata dai Foo Fighters di quel Dave Grohl che nel 1994 si sarà visto il mondo crollare addosso per lo stesso motivo per cui oggi gli appassionati di musica hanno smesso per un lunghissimo attimo di respirare.

Nicola, tu che hai cominciato a suonare negli anni del Grunge, partendo dalla leggendaria “Sliver” dell’Ex Salamini, riesci a cogliere una relazione più o meno diretta tra questo movimento e i tristi avvenimenti che ci hanno tolto i suoi tre leader carismatici, prima che musicali?

Nicola: ”Il grunge è stato un movimento musicale, poi diventato un vero e proprio fenomeno culturale e sociale, se pensiamo all’influenza nella moda, nel cinema, nella vita di tutti i giorni negli anni Novanta. L’Amore, la Morte, l’Inadeguatezza, la Dipendenza erano al centro delle tematiche intimiste dei tre Leader e aggiungo anche un quarto leader, il californiano Scott Weiland (Stone Temple Pilots). Meriterebbero un discorso a parte Eddie Vedder e Mark Lanagan, ma bisogna concentrarsi su chi non c’è più, giustamente. Dicevo, tematiche intimiste, non tutti quelli che scrivono di sentimenti e dell’“io” si uccidono, per fortuna; ma la correlazione fra la morte di questi artisti e quello che scrivevano è forte, basta dare una letta ai testi, i comuni denominatori sono La Depressione e la Dipendenza. A parole spesso lo ripetiamo come un mantra, evidentemente non è abbastanza chiaro: la depressione è una Malattia terribile. Spesso per riempire quel “fottuto” buco dell’anima, quello smarrimento, si ricorre alla “Droga” in senso ampio, dall’eroina all’alcool, dai tranquillanti ai sonniferi. L’alterazione, nasconde lo sporco sotto il tappeto, la depressione rimane lì in attesa. Credo che per Cornell, Cobain, Stanley e Weiland la causa della morte sia stata il male di vivere; lo smarrimento che li accomuna partendo dall’infanzia, poi l’adolescenza, il brusco risveglio dal sogno Americano. “Non puoi essere infelice perché hai tutto”. Quel “tutto” consumistico non funziona con le anime sensibili”.

Max: “Adesso sembra facile individuare i segnali, ma non posso nascondere che come fui colpito in negativo dalla “morbosità” del video di “Heart-Shaped Box” dei Nirvana, anche i volti deformati dell’umanità vista come sgraziata e volgare in “Black Hole Sun”, mi colpirono. Facevano sembrare la stupenda canzone come una sorta di invocazione ad un elemento cosmico, un dio quasi scientista, affinché ponesse fine all’affanno inutile di una generazione.
Nello stesso lavoro, Capolavoro, più evidentemente “Fell on Black Days” e “The Day I Tried to Live” non davano luogo a dubbi sugli stati d’animo che affliggevano Cornell.
Ma io, che sono molto affezionato a Badmotorfinger, non posso non dire di aver sempre colto in “Rusty Cage” o in “Outshined” la spinta platonica ad uscire, con ogni mezzo, dalla famosa caverna dall’esistenza materiale vista come “trappola arrugginita”, per raggiungere il piano di una esistenza superiore, della “illuminazione”. Concetti affascinanti certo, ma se vogliamo velenosi, come se il nostro cammino non fosse un continuum di presente e futuro. Un mix di scienza e filosofia in pratica, magari rafforzato da concetti passati da oriente a occidente, come la reincarnazione.
Pensi che nel lavoro dei Soundgarden prima o nel Grunge in generale, si possano cogliere segnali di tale attitudine?”

Nicola: “Credo che ci sia un forte senso di ribellione alle imposizioni religiose, al consumismo, allo stile di vita “quello Gretto Americano”. Si parla spesso di Dio nei loro testi, sentono la mancanza di Dio si sentono abbandonati da Dio. Per essere precisi il Dio a cui si riferiscono nei testi sembra il Dio del Vecchio Testamento, quello che può spazzar via l’umanità indegna”.

Max: “Quali sono state le differenze, musicalmente e come personalità tra Cornell, Cobain e Staley?”

Nicola: ”Mi scuserai ma parto da un fattore comune, tutti e tre e ribadisco quattro con Weiland… grandissimi estimatori dei Beatles.
Cobain era punk nell’ironia, nei modi, nelle provocazioni e nelle influenze musicali.
Cornell, una versione aggiornata e non rockstar di Plant, I Led Zeppelin si “sentono” nei Soundgarden. Esteriormente un “figo, sereno e amabile”.
Staley, sarebbe troppo facile accomunarlo con i Black Sabbath per il lavoro con gli Alice in Chains, quello che ha fatto con i Mad Season mi fa dire che è stato quello vocalmente più eclettico dei tre e anche il più introverso”.

Max: ”Ultima domanda Nicola, abbi pazienza. L’affetto per Cornell in rete è stato davvero tanto. Nella sua vita e nel suo lavoro, cosa credi l’abbia reso indimenticabile?”

Nicola: ”Una voce di una bellezza disarmante direttamente proporzionale alla sua bellezza esteriore. Unico, puoi riconoscerlo tra un milione di altre voci. Un grande musicista, partito dalla batteria, che è diventato una rockstar senza le pose da rockstar. Un’Icona per il Rock e per il Mainstream. Temple of the Dog, Soundgarden, Audioslave ed una carriera solista invidiabile, basta questo. Per me, un amico che non ho mai conosciuto, ma che mi ha fatto venir voglia di suonare e cercare un po’ di serenità”.

Max Scaccaglia

Dedicata a Mirko e Pietro
“Le lacrime sono il sangue dell’anima”
(Agostino da Ippona)

Riferimenti e Ascolti consigliati:

Soundgarden: “Superunknown” (1994 – A&M Records); “Badmotorfinger” (1991 – A&M Records)
Stone Temple Pilots: “Purple” (1994 – Atlantic);
Nirvana: “In Utero” (1993 – Geffen Records);
Alice in Chains: “Dirt” (1992 – Columbia Records);

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