“Operazione Sottobosco”: numerosi arresti per traffico di cocaina

Nelle prime ore di questa mattina, in varie località dell’Emilia Romagna, della Toscana, della Lombardia e della Sicilia, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Ferrara hanno arrestato nr. 22 soggetti in esecuzione di un’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Bologna in data 02 luglio u.s., per il reato di cui all’art. 74 D.P.R.309/90, perché gli arrestati si erano associati allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall’art. 73 del medesimo Testo Unico, con l’aggravante per nr. 6 di essi di avere promosso, costituito, diretto, organizzato e finanziato una organizzazione criminale finalizzata alla cessione a terzi di sostanza stupefacenti del tipo cocaina.

L’attività investigativa svolta ha avuto origine in data 13 marzo 2016 quando, presso la Stazione Carabinieri di Bondeno (FE) si presentava una coppia del luogo per denunciare il danneggiamento della propria autovettura mediante il taglio dei pneumatici.

Inizialmente i denuncianti non aggiungevano alcun dettaglio in ordine al contesto nel quale l’episodio andava inquadrato ma, durante la loro permanenza presso gli uffici, la moglie attirava l’attenzione di un Carabiniere a causa di un pianto improvviso.

Il militare avvicinava la donna allo scopo di comprendere il motivo delle sue lacrime, riscontrando uno stato di profonda inquietudine che pervadeva la coppia a causa di numerose minacce pervenute loro da creditori del loro figlio che, a loro dire, aveva contratto ingenti debiti con spacciatori di droga. La donna riferiva di temere per la propria stessa vita, asserendo di aver ricevuto minacce in tale senso.

A causa del comportamento violento e minaccioso del figlio tossicomane, la coppia si vedeva costretta a richiedere l’intervento dei Carabinieri di Bondeno (FE) in ben quattro occasioni tra il 17 e il 20 marzo 2016. Nel corso di tutti gli interventi i militari apprendevano ulteriori particolari circa la situazione creatasi a seguito delle pressioni e delle minacce di cui erano vittime i coniugi: emergeva il “trattenimento” della carta di circolazione della loro autovettura in uso al figlio da parte di alcuni spacciatori, che restituivano il documento solo dopo il saldo del debito da parte del padre.

Le indagini immediatamente avviate in aderenza a un Decreto emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara in data 25 marzo 2016, hanno consentito, dapprima, di fare luce sull’episodio estorsivo denunciato dalla coppia e, successivamente, di svelare una fitta ed organizzata rete di spaccio di sostanze stupefacenti1. Pertanto, le indagini – coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna diretta dal Procuratore della Repubblica felsinea Dott. Giuseppe AMATO – si sono orientate in tale direzione, indentificando il cittadino marocchino JARMOUNI Mohamed come il fornitore di cocaina destinata ai referenti del gruppo operanti in Bondeno (FE).

Risalendo poi la struttura organizzativa – di “tipo piramidale” e caratterizzata da una spiccata propensione alla violenza – capeggiata dal citato JARMOUNI Mohamed emergeva la cogestione paritaria degli affari illeciti con nr. 5 cittadini albanesi (DERVISHI Defrim, DERVISHI Enver, DERVISHI IHaxhi, DERVISHI Besnik e ALUSHKU Klodian), operanti tra le province di Pisa e Firenze, che curavano l’approvvigionamento di cospicui quantitativi di cocaina dall’Olanda, servendosi di una rete di corrieri, tra i quali IVZIKU Olsi, e immettevano la droga sui mercati emiliano-romagnoli (province di Ferrara, Bologna, Modena e Parma, dove i marocchini svolgono attività lavorativa di braccianti agricoli) e sino ad arrivare alla Toscana (dove gli albanesi sono radicati con attività nel settore dell’edilizia) quale terminale finale per il rifornimento della province di Pisa, Firenze e Lucca, in particolare lo “sballo della Versilia”.

ALUSHKU Klodian (operante nella provincia di Firenze) avvalendosi di altri due connazionali (FILI Sphetim e CANI Shkelzen), pur gestendo una rete distributiva autonoma, evidenziava contatti rilevanti con il gruppo DERVISHI, al quale era legato sotto il profilo dell’approvvigionamento.

I numerosi contatti e le frequentazioni intrattenute dagli indagati, hanno dimostrato la comune appartenenza degli stessi ad un articolato ed omogeneo contesto criminale “gerarchizzato” determinato a dominare il mercato della cocaina nelle aree geografiche in cui agivano le diverse propaggini, massimizzando, in tal modo, i margini di guadagno.

Gli episodi illeciti emersi hanno dimostrato che gli indagati hanno preso parte, con intento e prospettiva di stabilità e secondo modalità ricorrenti, ad una serie di illecite transazioni, ciascuno con ruolo predefinito, ma tutti indirizzati dalla mente del sodalizio, l’indiscusso capo JARMOUNI Mohamed. È lui, infatti, che reggeva le fila dei “suoi”, conducendo personalmente le trattative per gli acquisti con il gruppo degli albanesi che facevano capo ai DERVISHI, ma anche impartendo precise istruzioni sul da farsi nelle singole operazioni illecite e disponendo dei concorrenti quali sottoposti, chiamati a intervenire singolarmente o in raccordo, secondo prestabilite modalità e relative all’utilizzo dei veicoli, all’occultamento dello stupefacente e alla gestione del danaro.

Il rapporto tra JARMOUNI Mohammed e il gruppo albanese è risultato talmente consolidato che DERVISHI Defrim, era disposto a concedere sconti sul prezzo della sostanza e proponeva, allo stesso JARMOUNI Mohammed di recarsi autonomamente presso il depositario. Reciprocamente JARMOUNI Mohammed forniva indicazioni e garanzie sull’affidabilità delle persone a cui cedeva sistematicamente lo stupefacente, in modo tale da garantire un flusso finanziario stabile.

I numerosi contatti e le frequentazioni intrattenute dagli indagati, altro non facevano che dimostrare la comune appartenenza degli stessi ad un articolato ed omogeneo contesto criminale determinato ad egemonizzare il mercato della cocaina nelle aree geografiche in cui agiscono le diverse propaggini, massimizzando, in tal modo, i margini di guadagno.

Basti pensare al basso costo d’acquisto su ogni chilogrammo reperito, che si aggirava al di sotto di 35.000 curo, quando sulle comuni “piazze” si parlava di cifre che oscillavano dagli 80 a 120 Euro al grammo. Tenendo conto del contenuto medio di principio attivo nelle singole dosi sequestrate, da un chilogrammo di cocaina se ne possono ricavare – se molto ben “tagliata” – quattro chili e mezzo che, venduta a 80 euro al grammo, equivalgono a 360 mila curo. Questo dato, da solo, rende l’idea della cospicuità dei margini di lucro che l’attività illecita offre.

I soggetti arrestati sono tutti regolari sul territorio nazionale e residenti/domicilianti nelle zone dove hanno commesso i reati. Alcuni di loro sono nulla facenti.

Durante l’intera attività di investigativa sono stati compiuti diversi sequestri di sostanze stupefacenti, per un totale di 7 chilogrammi di cocaina.

Nel corso delle perquisizioni di questa mattina sono stati recuperati complessivamente Euro 28.000 in contanti.

Sono stati impiegati nr. 140 militari, nr. 3 unità cinofile e nr. 1 elicottero.

perlavalbaganza