Marx non darebbe retta alle teorie di Saviano sull’immigrazione, Stalin lo avrebbe fucilato

La nuova bandiera del centrosinistra italiano è diventata quella dell’immigrazione. E la bandiera viene sventolata con così tanta veemenza che non fa più distinzione tra profughi e migranti economici, non pone limiti perchè l’accoglienza è buona e giusta in sé. Sono i Saviano, Boldrini, Renzi, Alfano, Delrio, le ONG e i Pearl Jam a dettargli la linea sul problema oggi più cruciale per l’Europa e a maggior ragione per l’Italia.

Ma siamo sicuri che su questo tema Marx avesse la stessa opinione di Alfano?

E’ sotto gli occhi di tutti che l’odierna immigrazione di massa, non necessitata da una domanda interna, ingrossa i ranghi di quelli che Marx chiamava “l’esercito industriale di riserva” e il “sottoproletariato”, che nulla c’entrano con l’internazionalismo cosciente e rivoluzionario caposaldo del marxismo.

Nel primo libro del Capitale il filosofo tedesco definisce il concetto di “disoccupazione” come un “esercito industriale di riserva”, ovvero un’arma in mano ai capitalisti nel dispiegamento della lotta di classe. L’esercito industriale di riserva è funzionale al Capitale e allo sfruttamento dell’uomo perchè rappresenta un surplus di manodopera inattiva sempre disponibile e a qualsiasi condizione per fronteggiare i picchi di produzione ma sopratutto un ricatto permanente nei confronti del salariati per costringerli a lavorare a un costo minore oppure a non avanzare richieste o diritti. Marx cita a esempio l’immigrazione degli operai irlandesi in Inghilterra, che crea una competizione e uno scontro orizzontale al ribasso con i lavoratori autoctoni che ha come conseguenze la deregolamentazione del mercato del lavoro, il peggioramento delle condizioni di vita, la disgregazione del proletariato e quindi il mancato conflitto verticale contro il capitale. Per Marx “questo antagonismo è il segreto della conservazione del potere da parte della classe capitalistica. E quest’ultima lo sa benissimo.

Sotto questo aspetto, il fenomeno migratorio, per come si sta configurando oggi a causa di politiche di accoglienza prive di politiche di inclusione, non può che essere giudicato negativamente adottando i criteri di valutazione marxisti.

Ancora più severo è il giudizio di Marx nel caso questi disperati diventino sottoproletariato: “in tutte le grandi città il sottoproletariato forma una massa nettamente distinta dal proletariato industriale, nella quale si reclutano ladri e delinquenti di ogni genere, che vivono dei rifiuti della società – gente senza un mestiere definito, vagabondi, gens sans feu et sans aveu, diversi secondo il grado di civiltà della nazione cui appartengono, ma che non perdono mai il carattere di lazzaroni” (Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, Editori Riuniti, 1992, p. 26).

C’è chi rincara la dose: “Il sottoproletariato, questo mazzo di elementi squalificati di tutte le classi che pianta il suo quartier generale nelle grandi città, è il peggiore di tutti i possibili alleati. È una plebaglia assolutamente venale e assolutamente impudente. Se gli operai francesi, nel corso di ogni rivoluzione, scrivevano sui muri delle case “mort aux voleurs!” (morte ai ladri!), e ne fucilavano anche alcuni, questo non accadeva perché fossero pieni di entusiasmo per la proprietà, ma perché, giustamente, erano consapevoli che bisognava anzitutto tenersi alla larga da questa banda. Ogni dirigente della classe operaia che usa questi straccioni, come guardia, o che si basa su di loro, solo per questo dimostra già di essere un traditore del movimento”. Ma chi è costui che infierisce in questo modo? Matteo Salvini? No, l’altro fondatore dell’ideologia comunista, Friedrich Engels, nel suo scritto “La guerra dei contadini in Germania” (Edizioni Rinascita, 1949, p. 15).

No, Marx non avrebbe dato retta alle teorie di Saviano. Stalin lo avrebbe sicuramente fucilato come nemico del Popolo.

Andrea Marsiletti

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