La guerra alla “droga” è fallita, proviamo a governare il fenomeno (di MM Freddi)

Per anni, il Dipartimento Nazionale Antidroga ha suggerito alla politica di prendere in considerazione la legalizzazione della cannabis. Nella relazione di quest’anno è descritto il fenomeno della diffusione delle droghe in costante e inarrestabile crescita mondiale: 250 milioni di consumatori abituali (il 5,3% della popolazione mondiale), di cui ben 183 milioni sono utilizzatori di cannabis (il 73,2%).

Diceva Marco Pannella: “Se tu vuoi vietare l’esercizio di una facoltà umana che per qualsiasi motivo è praticata a livello di massa, tu fallirai e sarai costretto all’illusione autoritaria del potere che colpisce il ‘colpevole’ e lo colpisce a morte”.

Sento ripetere da anni che la legalizzazione delle “droghe” non contrasterebbe la criminalità organizzata, che lo Stato non può legalizzare l’uso di sostanze che provocano danni alla salute dei suoi cittadini, che la criminalità organizzata continuerebbe a fare gli stessi introiti perché venderebbe droghe sintetiche.

4 milioni di consumatori italiani di hashish e marijuana sono oggi costretti ad approvvigionarsi all’unico mercato oggi disponibile, quello dei narcotrafficanti mafiosi lasciando il monopolio dell’affare più remunerativo che esista, per rapporto costi- ricavi, alla criminalità organizzata.

Se è vera l’affermazione che lo Stato non può legalizzare sostanze che fanno male alla salute, lo Stato (ipocrita) dovrebbe vietare il tabacco e l’alcol, alcol che ha causato la morte di 17.000 persone nel 2017 mentre non vi è un solo caso documentato per uso di marijuana.

Legalizzare la cannabis – io credo che tutte le “droghe” incluse l’eroina e cocaina debbano essere legalizzate – è la via per controllare e regolamentare il fenomeno, oggi, molte sono le persone allo sbando costrette a commettere crimini per procurarsi la dose di sostanza dalla quale dipendono.

Anche una seria regolamentazione di somministrazione sotto controllo medico e psicologico di eroina – la camera del buco Svizzera – risolverebbe le problematiche più dannose sia per gli assuntori (overdose, Aids, commissione di reati e relativi processi) che per la sicurezza dei cittadini, non più vittime di reati tipici dei tossicodipendenti in astinenza (scippi, furti, rapine) ed obbligherebbe l’assuntore ad un percorso di supporto ed aiuto.

L’importanza della rete di riduzione del danno è data dal fatto che essa è una politica certo, ma al contempo anche un approccio è un sistema di interventi che ha l’ obiettivo di ridurre le conseguenze negative del consumo di sostanze legali e illegali sul piano della salute su quello sociale su quello economico sia per i singoli individui che per le comunità a cui appartengono che per la società nel suo complesso negli anni ottanta la riduzione del danno ha ridisegnato le politiche delle droghe in tutto il mondo e soprattutto in Europa dove è stata assunta strutturalmente sia nella strategia che nei piani d’ azione.

Anche il dibattito globale in sede ONU ruota attorno alla riduzione del danno perché a fronte del fallimento e dei danni provocati dalle politiche basate sulla guerra alla droga la riduzione del danno rappresenta un’alternativa efficace ed economica ormai ampiamente sperimentata.

Ecco perché non sorprende il giudizio negativo del Dipartimento Nazionale Antidroga, sulle misure messe in atto globalmente per contrastare il fenomeno del narcotraffico: “le azioni di contrasto – afferma la DNA – nonostante i migliori propositi e gli sforzi più intensi, non hanno determinato, non solo una scomparsa del fenomeno (che per quanto auspicabile appare obiettivamente irrealizzabile), non solo un suo ridimensionamento, ma neppure un suo contenimento”.

Di fronte a questo quadro, certamente molto complesso che non può esaurirsi con un post, il consumo di “droghe”, tabacco o alcol non lo fermi per legge così neppure lo spaccio.

I mostri si generano quando la politica non governa i fenomeni e decenni di guerra fallimentare alla droga non ha prodotto alcun risultato se non la crescita smisurata dei patrimoni dell’imprenditoria del narcotraffico e disagio sociale.
Perché allora invocare ancora la guerra alla droga – che si traduce in una guerra al consumatore – invece di provare a governare il fenomeno?

MarcoMaria Freddi
Radicale, Consigliere Comunale eletto nella lista Effetto Parma – Pizzarotti Sindaco

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