“Studio la morte in tutti i suoi aspetti”

15/09/2010

Trentottesima puntata della rubrica di ParmaDaily “Misteri” a cura di Riccardo Zammarchi (clicca qui per leggere le altre).

Come prima cosa le chiederei di presentarsi ai nostri lettori.
Sono Maria Angela Gelati, ho 41 anni e da circa 15 anni ho indirizzato la mia attività professionale alla ricerca e formazione nell’ambito della tanatologia, con la stesura e la gestione di progetti culturali, editoriali e formativi.
Amo il mio lavoro, perché dà la possibilità di avvicinare alla morte le persone che devono affrontarla, valorizzando – anche se con difficoltà o remore – un aspetto particolare e imprescindibile dell’esperienza umana, difficile da accettare e da comprendere e per questo sottratto alla comunicazione.

Ci spieghi di cosa si occupa la tanatologia.
Per tanatologia si intende la disciplina (anche se non ancora considerata e recepita in senso stretto) che studia la morte in tutti i suoi aspetti, che a loro volta vengono recepiti in specifici studi interdisciplinari (medicina, sociologia, psicologia, ecc.).
Ogni cultura ha espresso, in forma diversa, concezioni di buona e cattiva morte, con riti e cerimonie specifici e con la creazione di modelli per la gestione del post mortem e tale dimensione interculturale si è rivelata molto presto di grande importanza, in una società sempre più caratterizzata da cittadini di differente provenienza culturale, dove anche il tema delle trasformazioni del corpo è trattato secondo diversificate prospettive.
Alle trasformazioni biologiche del corpo dopo la morte (tanatomorfòsi), infatti, le società aggiungono le trasformazioni culturali (tanatometamòrfosi) ricercando negli specifici contesti culturali e storici, modalità, motivazioni e significati delle trasformazioni culturalmente indotte e programmate.
La tanatologia rappresenta un riferimento scientifico per chi analizza riti, pratiche, politiche, tradizioni, discorsi e comportamenti inerenti alla morte, in rapporto al loro sviluppo nelle diverse civiltà con riferimento al periodo storico, senza trascurare l’indagine comparativa ambito di conoscenza e di riflessione a cui le discipline interessate apportano la parte di competenza con l’obiettivo di proporre prospettive sociali e culturali alternative.

Che rapporto c’è tra tanatologia e medicina legale?
Nel titolo di un trattato del 1795 che individuava le cause delle malattie mortali, il tedesco Anschel introdusse il termine “thanatologia”, a testimonianza di come nella seconda metà del XVIII secolo il significato della parola morte fosse affiancato alla medicina. Nel 1832, il “Dictionnaire général de la Langue Française et Vocabulaire universel des sciences, des arts et des métiers” inserì il termine e definì la tanatologia come “teoria della morte”, considerandola per lungo tempo esclusiva ed inscindibile disciplina della scienza medica.
Se nel periodo medievale e nella prima età moderna, la morte era oggetto di riflessione teologica e metafisica di spettanza della Chiesa, dei libri di preghiere e delle artes moriendi, l’uso del termine tanatologia in medicina costituisce un’innovazione dal punto di vista storico e culturale, anticipando un discorso articolato scientificamente e razionalmente che porterà, nel periodo tra il Settecento e l’Ottocento, allo sviluppo della riflessione medico-filosofica sulla morte ed al concreto controllo da parte dei medici sul morire.
La presenza di un dottore al capezzale di un morente per la constatazione del decesso – episodica e riservata alle classi sociali che potevano permetterserlo – nella seconda metà dell’Ottocento, in molti paesi europei, diviene compito obbligatorio del medico, che assume la qualifica di specialista nell’accertamento di morte. La rilevanza giuridica della constatazione del decesso determinò la nascita della medicina legale, che le nuove tecnologie mediche del Novecento hanno profondamente innovato e modificato.
Da disciplina medico-legale, la tanatologia ha oggi ampliato i suoi confini. I paesi anglosassoni e la Francia hanno contribuito a sviluppare questa concezione di tanatologia, nella quale vi si riflettono aspetti di filosofia, psicologia, sociologia e antropologia concernenti la fine della vita, per consentire alla società di riprendere il pensiero sulla morte, allontanato a causa delle paura, del disagio e della sofferenza che essa arreca.

Come mai nella nostra cultura occidentale la morte è un evento difficile da accettare nonostante la religione ci dica che esiste un’aldilà migliore?
Il Novecento è stato il secolo in cui forse per la prima volta, nella storia dell’umanità, l’uomo ha creduto di poter ignorare di essere mortale. Fino al diciannovesimo secolo infatti ogni azione della vita era compiuta nella consapevolezza dell’inevitabilità della morte.
Ma nel Novecento l’allontanamento della minaccia di morte grazie al periodo di pace raggiunto, alle scoperte mediche, alla scomparsa della fame, ha fatto emergere una forte volontà di nascondere l’inevitabilità del dover morire, come se il tempo si fosse fermato nel presente, cancellando il rimando a qualsiasi avvenire.

Esiste secondo lei qualcosa dopo la morte?
Non trova che sia limitante vedere solo l’aspetto fisico della vita?

Sono previsti incontri ed eventi legati a queste tematiche nei prossimi mesi?
A Parma dal 30 ottobre al 2 novembre 2010 si rinnova l’appuntamento con “Il Rumore del Lutto”, unica rassegna culturale in Italia a proporre una modalità alternativa per vivere i giorni dedicati alla memoria dei defunti.
Reggio Emilia nel mese di marzo 2011 ospiterà il Convegno nazionale sul lutto e i gruppi di auto mutuo aiuto.
Partecipare a questi incontri oltre ad ampliare le conoscenze, può aiutare a smussare i condizionamenti e resistenze interiori, per riflettere più serenamente sui timori e le paure che accompagnano la morte.

perlavalbaganza