13 ottobre 1943: l’Italia dichiara guerra alla Germania

A poco più di un mese dall’armistizio di Cassibile e dalla resa dell’8 Settembre 1943 che aveva gettato nel caos interi reparti dell’esercito lasciati irresponsabilmente a sé stessi senza chiari ordini da propri comandi, il primo ministro del Regno d’Italia, generale Pietro Badoglio, dichiarava guerra alla Germania, già alleata dell’Italia fascista.

Gran parte del territorio italiano era da alcuni mesi sotto il controllo del Reich le cui truppe, all’indomani del’8 Settembre, non avevano perso tempo ed avevano portato a termine l’operazione Axis, per impedire che gli alleati, ottenendo una base di operazioni nella penisola, si lanciassero poi nella conquista dei vicini Balcani occupati dai Tedeschi. Costoro temevano la perdita dei Balcani e dei campi petroliferi di Ploiesti, in Romania, già oggetto di un pesante bombardamento dell’aviazione USA il 1 Agosto 1943, risultato però inefficace. Gli impianti d’estrazione e le raffinerie rumene fornivano circa il 30% di tutto il fabbisogno di petrolio delle forze dell’Asse, e quindi erano vitali per continuare la guerra.

Il 13 Ottobre Badoglio stabilì un accordo con Eisenhower che garantiva la piena cooperazione delle truppe italiane nell’operazione alleata per riprendere Roma occupata dai Tedeschi. Si trattò di un’azione estremamente lenta, resa problematica sia dalla condizioni meteorologiche e dal terreno in cui le truppe dovevano avanzare, che dall’iniziale attendismo del governo italiano che aveva finito per favorire il nemico.

Da un lato il maltempo, il calcolo errato di avviare l’operazione da un’area che si trovava molto a sud rispetto all’obiettivo, e la pratica del “consolidamento” – che voleva venisse stabilita una solida base di operazioni e il ricongiungimento di tutte le divisioni ogni volta che una nuova regione venisse conquistata – rese l’avanzata verso Roma terribilmente lenta – si concluderà solo il 4 Giugno del 1944.

Dall’altro la situazione era peggiorata anche a causa dell’iniziale atteggiamento del governo italiano e di Badoglio che, all’indomani della deposizione di Mussolini nel Luglio 1943, invece di cogliere subito la disponibilità degli Alleati a garantire l’integrità territoriale dell’Italia in cambio del suo aiuto immediato a combattere la Germania nazista e a permettere sbarchi alleati nella penisola, non si erano pronunciati, limitandosi ad emanare proclami formali in cui ribadivano il rispetto degli impegni presi con l’alleato tedesco.

Questo aveva dato ai Tedeschi tre settimane di tempo per dispiegare in Italia 17 divisioni, due delle quali stanziate attorno a Roma, mentre altre occupavano militarmente varie aree della penisola e le città di Trieste, Gorizia, Udine, La Spezia, Firenze e Pistoia. Era il primo passo dell’occupazione che sarà completata poi con l’operazione Axis. Vi fu quindi una chiara responsabilità del governo italiano se gli Alleati si trovarono nell’autunno del 1943 ad avanzare in un territorio che i Tedeschi, seppur in inferiorità numerica, avevano rafforzato e che erano pronti a difendere, invece che in un area con effettivi e difese ridotte, come la penisola si presentava nel mesi estivi del 1943.

Nel frattempo Mussolini, prima deposto ed imprigionato e poi liberato da un commando di paracadutisti ed SS, era stato messo a capo di uno stato separato nel Nord Italia, la Repubblica di Salò. Nonostante alcune scelte non esemplari del governo e la discutibile condotta di Badoglio, la resistenza italiana diede un contributo sostanziale nella lotta per la liberazione e allo sforzo bellico alleato nella vittoria contro la Germania nazista.

Alessandro Guardamagna

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