Sensibilizziamo ad una corretta “cultura della morte”

09/01/2009
h.17.10

Puoi presentarci il progetto “Il rumore del lutto”?
“Il Rumore del Lutto” è un progetto culturale che parte dal concetto di tanatologia, lo spazio di dialogo dove è possibile una riflessione privilegiata sulla vita e sulla morte attraverso il colloquio interdisciplinare e trasversale fra differenti ambiti.
L’obiettivo principale è quello di sensibilizzare il pubblico ad una corretta “cultura della morte”.

Chi ha ideato questo progetto?
L’idea è nata da una nostra conversazione che ha saputo fondere le competenze che ci appartengono.

Qual è il ponte tra la musica e la morte?
Il porsi in bilico sui confini dell’arte, per scoprire il proprio limite, la propria incapacità a dire tutto. Mai come attorno alla morte l’arte scopre di potere unicamente sussurrare.
Tuttavia questo sussurro è necessario, vitale, può aprirci una finestra su uno spazio condivisibile che permetta se non di esorcizzare la morte, perlomeno di elaborarla, trasformando l’oppressivo silenzio, che ci coglie dinanzi ad essa, in musica, anche sussurrata.

Perché nella società moderna mancano momenti di riflessione sulla morte?
Perché la morte è negata. Sembra che non si possano e non si debbano educare i ragazzi e le ragazze agli avvenimenti negativi, a quelle dimensioni residuali che sono proprie della vita: la morte, il dolore. Sembra che l’educazione debba restituire ai giovani l’immagine splendente di una società positiva, senza che si possa metterne in dubbio le magnifiche sorti!
Eppure la morte è un evento che tocca l’esistenza di ognuno di noi e giunge talvolta all’improvviso, talaltra più attesa, ma si presenta comunque come un’esperienza lacerante, dolorosa, difficile, anche quando è per qualche ragione “liberatoria”, ad esempio da una malattia invalidante.

Parma è una città viva o morta?
Parma ha molte potenzialità. Ha fatto molto ma può offrire tanto di più, soprattutto in questo ambito culturale.

Come hanno risposto i parmigiani alla vostra proposta artistica?
Davvero molto bene!
In particolare all’iniziativa hanno partecipato molti giovani e questo ha dimostrato nei fatti che vi sono dei segnali di cambiamento, che in una società che si concede pochi momenti alla riflessione sulla morte, è possibile “fare memoria” in un contesto diverso, vissuto oltre i confini del cimitero e smuovere la paralisi provocata da questo tabù.

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