“Le modalità del massacro di Habbassi ci danno ragione”

“Le modalità del massacro di Habbassi confermano il valore della battaglia di Parma non ha paura” scrive il giornalista e scrittore Luigi Alfieri sulla sua pagina Facebook. “La mia inchiesta giornalistica (poi ripresa a distanza di quattro giorni da un servizio della Gazzetta di Parma) sulla morte del tunisino torturato e trucidato a mazzate da baseball conferma in modo drammatico la neccessità di un impegno sempre più grande dei cittadini, delle amministrazioni comunali, della forza pubblica e dei politici attorno al tema sicurezza.

La ricostruzione minuziosa degli orari in cui si è consumato il dramma e del disperato tentativo dei cittadini di fare intervenire la forza pubblica lascia spazio a diverse considerazioni.

1) SERVE UNA SALA OPERATIVA comune a tutte le forze di polizia. Una specie di centralino unico che metta in rete Polizia, carabinieri e gli altri corpi di pubblica sicurezza. Infatti, quando i cittadini, alle 0,36 della notte maledetta, hanno chiamato il 113, si sono sentiti rispondere che erano di turno i carabinieri. Chiamate il 112. Assurdo: se esistesse una centrale unica, i cittadini non dovrebbero richiamare, ma le notizie sarebbero comuni a tutte le componenti della forza pubblica. E poi perché i cittadini debbono richiamare? Perché non è il 113 a notificar al 112 la necessità di un intervento? E se capita che, nel frattempo, chi lancia l’allarme viene messo in condizioni di non chiamare più? Lo lasciamo in balia di un commando di picchiatori assassini? (Al convegno sulla sicurezza del PD, cui ho preso parte, è emerso che esiste una legge, la cui applicazione è di fatto facoltativa, che chiede che i comuni approntino centrali operative comuni, Parma potrebbe dare l’esempio e realizzare la prima in Italia).

2) SERVONO PIU’ PATTUGLIE DI NOTTE. Dopo che i cittadini di Basilicagoiano si sono messi in contatto con i carabinieri è passato diverso tempo prima che arrivasse un’auto sul posto. Qualcuno dice troppo. E quel che è arrivato non era una “pantera” in pattuglia notturna (stando alle testimonianze), ma l’auto dei carabinieri di un comune della pedemontane. Questo significa che ipotesi a) non c’erano pattuglie in servizio, ipotesi b) erano impegnate altrove, quindi sono troppo poche. E Parma non ha paura, da quando è nata, lotta per convincere polizia, carabinieri, vigili, a stare più in strada a presidiare di più la città e la provincia. A battere le strade dello spaccio, i quartieri assediati, a disturbare i ladri facendosi vedere in giro nelle zone a rischio con i lampeggiatori accesi.

3) CI SONO CLAMOROSE CARENZE DI ORGANICO. Quando Parma non ha paura ha chiesto più pattuglie sulle strade la risposta meccanica è stata: non abbiamo personale. Lo dicono polizia, carabinieri, vigili. A parte che possono essere organizzati meglio, che in un certo numero possono essere tolti dagli uffici e messi in strada, in realtà è vero: ci sono pochi uomini in servizio. I governi degli ultimi vent’anni, compresi quelli di destra con alleanza nazionale e lega (!), hanno bloccato la sostituzione dei pensionati (cosiddetto turnover). Allora, però, si dovrebbe creare un’alleanza tra responsabili dell’ordine pubblico e cittadini per spingere lo stato a investire di più nella sicurezza. Dovrebbe succedere qualcosa di simile a quello che Parma non ha paura ha fatto succedere a Parma: prima i cittadini sono scesi in strada in modo pacifico ed educato, poi sono andati a Roma, in Parlamento, a parlare con chi nei partiti ha la responsabilità dell’ordine pubblico. Bisogna reagire, protestare, farsi sentire in modo civile e non bisogna più accettare l’ingiustizia.

4) I CITTADINI SONO SOLI Come molti amici di FB hanno scritto nel libro Parma non ha paura, il cittadino è solo davanti al crimine, non ha sostegni: avverte un silenzio assordante. Il caso di Basilicagoiano è clamoroso. Dopo il delitto, nessuna “autorità” si è fatta vedere a fianco degli abitanti del quartiere. Nessuno ha portato loro un sostegno morale. Nessuno ha fatto vedere che lo stato c’è. Che l’amministrazione c’è. Abbiamo chiesto più e più volte nel libro, su facebook , negli incontri con le autorità, in televisione, sui siti web, di aiutare i cittadini vittime del crimine. Sostenerli. Niente. Anzi: i vicini di casa di Habbasi, che già ne avevano abbastanza della paura e del terrore indescrivibili vissuti in quegli interminabili minuti di violenza, sono stati accusati su facebook e sui giornali di non avere fatto il loro dovere, di non avere avvertito la polizia. Incredibile. Dolore su dolore. Scioccati dal male e dalla cattiveria umana, dalle urla, dal rumore di ossa rotta e poi messi alla berlina. E se non ci fosse stata la mia inchiesta sarebbero passati alla storia come dei vili. Ora non sono più visti come vili, ma come cittadini coraggiosi.

Però nessuno è andato a confortarli. Vivono ancora nel terrore. Hanno paura. Vorrebbero vendere gli appartamenti, ma nessuno li comprerà. Una signora viene presa da crisi di panico ogni volta che sente un rumore, anche banale. Il questore, i sindaci, i politici accolgano l’appello che Parma non ha paura lancia da tempo: state vicini alla gente. Confortate e sostenete chei è vittima del crimine.

5) LA DROGA E’ un problema centrale. Da tempo il nostro comitato punta il dito sul problema droga. Primo perché gli spacciatori tengono in pugno i quartieri, secondo perché ci sono troppe persone, a Parma, che ne fanno uso e bisogna capire il disagio che è all’origine di un consumo tanto alto. Di droga erano pieni i sei (due italiani e quattro rumeni) della spedizione punitiva. Di droga parlavano, urlando, durante la tortura e il massacro del tunisino. Dov’è la roba? Dove sono i soldi? Chiedevano i carnefici alla vittima, almeno secondo i testimoni.

Tutto questo per dimostrare che la battaglia di Parma non ha paura per la sicurezza non è una battaglia sterile e che se il sistema ordine pubblico, a Parma, funzionasse, oggi, forse, avremmo un uomo massacrato in meno. Più sicurezza vuole dire meno furti nelle case, meno scippi, meno spacciatori in strada, ma anche meno morti. Di sicuro, meno paura”.

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