29 agosto 1706: Pietro Micca salva eroicamente Torino

Il 29 agosto 1706 Pietro Micca salva eroicamente Torino durante l’assedio da parte delle forze franco-spagnole.

Pietro Micca – vero nome Pierre Micha – (Sagliano Micca, 5 marzo 1677 – Torino, 30 agosto 1706) è stato un militare italiano. Arruolato come soldato-minatore nell’esercito del Ducato di Savoia, è storicamente ricordato per l’episodio di eroismo nel quale perse la vita e che consentì alla città di Torino di resistere all’assedio francese del 1706, durante la guerra di successione spagnola.

Il 29 ottobre 1704 sposò Maria Caterina Bonino, e ne ebbe il figlio Giacomo Antonio (1706-1803). Pietro Micca lavorò inizialmente come muratore. Rimasto disoccupato, si arruolò nella compagnia minatori nell’esercito sabaudo, allora impegnato nella guerra di successione spagnola (1702-1714).Si sa poco sulla sua persona prima del gesto, tranne che proveniva da famiglia modesta. Nacque dal matrimonio tra Anna Martinazzo, originaria della frazione Riabella di San Paolo Cervo, con il muratore Giacomo Micca, nativo di Sagliano, oggi Sagliano Micca, piccolo centro della bassa Valle Cervo unito all’antica Andorno Cacciorna, oggi Andorno Micca.

Nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706 – in pieno assedio di Torino da parte dell’esercito francese – forze nemiche entrarono in una delle gallerie sotterranee della Cittadella, uccidendo le sentinelle e cercando di sfondare una delle porte che conducevano all’interno. Pietro Micca – conosciuto con il soprannome di passepartout – era di guardia ad una di queste porte insieme ad un commilitone.

La tradizione narra che i due soldati sentirono dei colpi di arma da fuoco e capirono che non avrebbero resistito a lungo: decisero così di far scoppiare della polvere da sparo (un barilotto da 20 chili posto in un anfratto della galleria chiamata capitale alta) allo scopo di provocare il crollo della galleria e non consentire il passaggio alle truppe nemiche. Non potendo utilizzare una miccia lunga perché avrebbe impiegato troppo tempo per far esplodere le polveri, Micca decise di impiegare una miccia corta, conscio del rischio che avrebbe corso. Istintivamente, quindi, allontanò il compagno con una frase che sarebbe diventata storica: «Alzati, che sei più lungo d’una giornata senza pane», e senza esitare diede fuoco alle polveri, cercando poi di mettersi in salvo correndo lungo la scala che portava al cunicolo sottostante.

Micca morì travolto dall’esplosione e il suo corpo fu scaraventato a una decina di metri di distanza. Fu sepolto in una tomba comune. L’ubicazione della scala su cui avvenne il gesto si è avuta soltanto nel 1958 grazie alle ricerche del generale Guido Amoretti (1920-2008), appassionato archeologo e studioso di storia patria.

In una supplica inviata al duca Vittorio Amedeo II il 26 febbraio 1707, la vedova di Pietro Micca chiese una pensione. Nella richiesta è scritto che il marito eseguì un ordine del colonnello Giuseppe Amico di Castellalfero, magari offrendosi volontario «invitato dalla generosità del suo animo a portarsi a dare il fuoco a detta mina, nonostante l’evidente pericolo di sua vita». La vedova Maria Bonino ottenne un vitalizio di due pani al giorno e si risposò nel 1709 con un certo Lorenzo Pavanello, da cui ebbe il figlio Francesco.

L’esaltazione della figura di Pietro Micca iniziò con la pubblicazione nel 1781 del suo elogio, scritto dal conte Durando di Villa, e con la novella L’amor della patria di Francesco Soave, del 1782. Trovò la consacrazione nel 1828, con grandi festeggiamenti in onore di un Giovanni Antonio Micca (1758-1834) – in realtà non suo discendente diretto – e l’esposizione del primo quadro rappresentante Pietro Micca, opera di Stefano Chiantore, ritrattista ufficiale del Regno.

A Sagliano esiste ancora la casa nativa, situata all’interno di uno dei tipici cortili del Piemonte. Fu visitata da Garibaldi nel 1859, nel 1880 da Umberto I, che inaugurò il monumento di Micca nella piazza del paese, e nel 1906 dalla regina Margherita di Savoia.

Alla sua memoria il Comune di Torino ha intitolato nel 1897 la via omonima che collega la vicina piazza Solferino alla centralissima piazza Castello. Un Museo a lui intitolato, ideato dal generale Amoretti e dedicato al suo gesto e all’assedio del 1706, si trova a Torino, nell’edificio della Cittadella.

Oltre all’elogio di Felice Durando della Villa e alla novella di Francesco Soave, fu pubblicato nel 1847 il romanzo I tre alla difesa di Torino nel 1706 del catanese Domenico Castorina. Accenni a Pietro Micca si trovano nel libro Cuore di Edmondo De Amicis. Nella letteratura per ragazzi sono numerose le pubblicazioni che riguardano Pietro Micca. La rivista La Domenica dei fanciulli pubblicò in quattro puntate nel 1906 L’assedio di Torino nel 1706 di Paolo Dardana, cui seguì il romanzo Il figlio del granatiere di Tito Gironi. Nelle antologie scolastiche del Novecento erano frequenti i riferimenti alla figura di Pietro Micca.

Nel 1852 fu rappresentato a Teatro Carignano di Torino l’opera prima di Vittorio Bersezio Pietro Micca, dramma in cinque atti. Altri drammi dedicati a Pietro Micca e all’assedio di Torino del 1706 furono scritti da Domenico Lopez nel 1857, da Giovanni Fantini nel 1861, da Raimondo Barberis, in lingua piemontese, nel 1869, da Emilio Marengo nel 1874, daFelice Govean nel 1880. Nel 1871 fu rappresentato a Roma, al Teatro Apollo, il Pietro Micca, ballo in otto quadri, di Luigi Manzotti, con musiche di Giovanni Chiti, cui seguirono repliche in altre città, tra le quali quella alla Scala nel 1875.

Nel 1938 uscì il film Pietro Micca di Aldo Vergano, ispirato al romanzo I dragoni azzurri di Luigi Gramegna.

Pietro Micca è citato da Alberto Sordi nel film La grande guerra subito dopo la scena della granata.

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