Le mie sensazioni al funerale comunista di Angelo Giavarini: un’esperienza toccante

Funerale del compagno Angelo Giavarini

Torno a parlare del “funerale comunista” del compagno Angelo Giavarini, non per lodare di nuovo le qualità di quest’uomo, ma per socializzare con i lettori di ParmaDaily l’esperienza che ho vissuto (leggi l’articolo).

Avevo solo sentito parlare dei funerali comunisti non avendo mai avuto occasione di parteciparvi. In realtà qualche anno fa avevo assistito al funerale del brigatista rosso Prospero Gallinari ma, non conoscendolo di persona e sentendomi distante dalla sua storia, non ho vissuto le emozioni di quello di Angelo.

Quando giovedì mattina sono arrivato al tempio di cremazione di Valera e ho visto tutte quelle bandiere del Partito Comunista, di Rifondazione Comunista, del Donbass, della Jugoslavia di Tito, della Siria di Assad, dell’Ucraina antifascista e di Cuba confesso che sono rimasto spiazzato. La mia prima sensazione è stata quella di un eccesso di politicizzazione e di pubblicizzazione di un momento privato qual è un funerale, quando non di esproprio dello stesso alla famiglia.

Poi ho visto chi c’era, ho salutato tanti compagni che ad Angelo volevano bene per davvero e che mai avrebbero fatto qualcosa che a lui non fosse stato gradito. Il dolore impresso sui loro volti mi ha fatto vedere le cose da un altro punto di vista. Ho capito che in quel contesto così ideologico i presenti volevano dichiarare l’unità degli ideali che hanno guidato le vite loro e di Angelo, la medesima appartenenza ad un impegno e destino comuni all’interno di una famiglia laica allargata, della storia di un grande movimento di massa. La loro era un’adesione totale alla vita di Angelo, non un saluto alla sua morte.

Il rito è stato ovviamente non religioso. L’assenza del sacerdote rende la celebrazione un po’ autogestita: chiunque poteva prendere la parola, avvicinarsi alla bara e ricordare Angelo nelle sue battaglie contro ogni sfruttamento, antimperialiste, antifasciste. I riferimenti alla vita del defunto sono pubblici, quasi mai riferiti al suo privato.

Il funerale comunista è più duro, perchè il materialismo marxista non concede sollievo nella credenza di un vita ultraterrena a cui aggrapparsi. Il distacco è definitivo. Però il dolore viene vissuto, e in qualche modo distribuito, in una dimensione più collettiva e solidale.

Poi i canti, quelli che tutti conoscono, quelli che partono spontanei, talvolta strozzati dal pianto: da “Bella Ciao” al momento dell’arrivo del feretro a “l’Internazionale” e “Bandiera Rossa” al saluto finale con le mani che non si fanno il segno della croce ma si alzano al cielo col pugno chiuso, con il braccio fermo teso in avanti per conferire maggiore solennità. Nessun unguento o profumo sulla bara, solo la bandiera della Rivoluzione cubana.

L’eternità, “la terra promessa”, il conforto, la speranza per un domani ancora insieme non poggiano su postulati religiosi ma sulla continuazione degli ideali per un “mondo nuovo” per i quali il defunto è vissuto. E’ nel proseguimento della lotta dei suoi compagni che continua a vivere un comunista.

Durante il funerale una donna ha detto: “Angelo, adesso sei vicino a Fidel!” alludendo a una qualche forma di vita ultraterrena.

Una debolezza che tutti le hanno perdonato.

Andrea Marsiletti

 

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