Massimo Pinardi (Libertà Eguale Parma): “Per una nuova sovranità europea”

Libertà Eguale ha venti anni. La formazione di Massimo D’Alema e Piero Grasso è nata due settimane fa. Vi sarebbero buone ragioni per rivendicare la primogenitura del nome, salvo che quello della associazione dei riformisti evoca in astratto i sacri principi rivoluzionari di Libertà e di Uguaglianza senza impelagarsi in problemi di genere, che pare costituiscano la prima grande controversia che il neonato partito di rifondazione della sinistra è chiamato a sbrogliare.

Nelle stesse ore in cui la compagine dalemiana si presenta al mondo con la denominazione di cui sopra, Libertà Eguale è riunita a Orvieto per la sua diciottesima assemblea annuale. La notizia del “plagio” del nome viene accolta con bonaria ironia e non percepita in alcun modo come una minaccia all’identità della associazione: orgogliosa di essere sede di cultura politica e laboratorio nel quale i riformisti provenienti da diverse esperienze si ritrovano per fornire alla sinistra idee, elaborazioni e personale politico all’altezza dei tempi e dei cambiamenti in atto su scala locale e mondiale.

Come sempre, l’incontro orvietano non ha deluso le aspettative. Non si intende in questa sede proporre la disamina dei vari interventi, dalle relazioni di Giorgio Tonini, Stefano Ceccanti e Claudio Petruccioli, alle conclusioni di Enrico Morando, agli interventi di Macaluso, Moavero, Della Vedova, Tinagli, Covatta, Vassallo, Amoretti e a quelli (scritti) di Salvati e Napolitano.

Si vuole invece portare all’attenzione il tema di fondo della riunione, il tema della “sovranità”. Si, lo stesso tema che campeggia nella propaganda delle destre “sovraniste”, da Meloni a Salvini, con forti echi in Forza Italia e Mov. Cinque Stelle. Lo stesso tema declinato tuttavia in senso completamente diverso.

Per Libertà Eguale, con l’emergere di nuove potenze economiche e geopolitiche succeduto alla caduta dell’assetto bipolare del mondo, la dimensione nazionale ha perso di significato. In questo, L.E. converge con quanto indicato nel discorso pronunciato da Emanuel Macron alla Sorbona il 26 settembre scorso.

In Europa, il più ricco e più avanzato dei continenti se considerato nel suo insieme, vi è crisi economica, politica e istituzionale; questa è crisi non tanto delle istituzioni europee quanto degli stati nazionali, troppo piccoli come ambito per l’intervento e la soluzione di problemi affrontabili solo su scala globale (sicurezza, lavoro, ambiente, politiche monetarie, politiche degli scambi commerciali, impennata demografica, spostamenti di masse ingenti di persone).

Lo scenario di riferimento è dato dal cambiamento delle strutture delle società occidentali moderne, nelle quali la politica ha visto calare la quota di sovranità di cui dispone, a beneficio di poteri paralleli quali economia e finanza, cultura e informazione, e dalla globalizzazione, situazione nuova (nei termini odierni) che ha fatto emergere nuove potenze economiche e modelli diversi di assetto sociale e politico. Perché l’Europa possa rimanere soggetto competitivo e cooperativo sullo scacchiere mondiale, è necessaria la costruzione di una nuova inedita sovranità popolare riferita e applicata al contesto continentale.

Non esistono soluzioni locali a problemi transnazionali. E non esiste sovranità senza rapporto diretto fra cittadini e istituzioni. Vengono avanzate proposte concrete sulle quali impegnare le istituzioni europee, come per esempio un sistema difensivo comune, una comune azione contro la criminalità e il terrorismo, un ufficio per l’accoglienza di chi ha diritto alla protezione e il rimpatrio per chi non ce l’ha; la gestione comune e rigorosa delle le frontiere europee senza lasciare il fardello al solo paese di arrivo. E altro ancora.

Due semplici dati: La spesa pubblica europea è pari al 50% del pil aggregato degli stati europei ed è la più grande del mondo (gli USA sono al 30%). Della spesa pubblica aggregata dell’Unione Europea, il 98% è gestita dagli stati nazionali e solo il 2% dall’EU.

Quanto basta per comprendere a quale livello vada posto l’intervento sui problemi che fanno oggi dell’Europa, il continente in pari tempo più ricco ma più debole politicamente e più fragile per coesione interna.

In vista della campagna elettorale, ormai prossima, assistiamo alla fiera delle promesse. Da Lega, Forza Italia, M5S e sinistra dalemiana, è tutta una rincorsa a chi promette di più, reddito per tutti, pensioni più alte e presto, assunzioni pubbliche a gogò e chi più ne ha più ne metta. Lo stesso partito di governo, il PD, non è esente da tentazioni, quando accenna al ritorno al 3% di deficit di Maastricht sopprimendo i programmi di rientro dal debito del fiscal compact del 2012. In comune queste posizioni hanno da un lato una crescente disaffezione (quando non ostilità) verso il processo di integrazione europea, dall’altro il disconoscimento delle reali condizioni del nostro Paese, ingessato dal debito pubblico e dalla inefficienza del suo sistema produttivo incapace di porsi ai livelli di produttività dei più avanzati sistemi europei.

Crediamo invece che agli italiani vadano spiegate le cose per come stanno. Il gigantesco debito pubblico accumulato in qualche decennio di politiche poco lungimiranti è un colossale barile di polvere da sparo che rischia di esplodere al verificarsi di contingenze negative di qualsiasi natura. E le soluzioni miracolistiche che si sentono in giro (doppia moneta, fuoruscita dall’euro ecc.) avrebbero il solo effetto di far pagare i costi della crisi a pensionati e lavoratori, con la inevitabile svalutazione dei loro redditi e dei loro risparmi.

Le prossime elezioni italiane hanno alte poste in gioco: mandare all’elettorato un segnale forte e deciso a favore dell’Europa, far partecipare l’Italia alla costruzione della nuova sovranità europea e rilanciare le riforme istituzionali accompagnandole da una precisa e indefettibile proposta di nuova legge elettorale che dia stabilità e governabilità al Paese. La proposta precisa di L.E. è l’adozione del semipresidenzialismo alla francese.
Non c’è alternativa ad un proseguimento nella via delle riforme, del rientro dal debito, della costruzione di un’Europa più vicina ai cittadini e più forte nell’affrontare i problemi di tutti.

Occorre arginare il crescente euroscetticismo. Non solo opponendo argomenti a quanti apertamente predicano nuovo nazionalismo in chiave antieuropea. Ma anche evitando argomenti insidiosi quali quelli sintetizzabili nello slogan “Europa si ma non così”.

Questa Europa, queste istituzioni europee hanno reso inconcepibile il conflitto fra popoli che per secoli si sono combattuti, per giungere all’immane olocausto delle ultime due guerre mondiali (nate, volute in Europa e perse dall’Europa tutta). Se a qualcuno pare cosa da poco, beh ci pensi sopra. Irridere dell’Europa che si occupa di calibro dei cetrioli o del raggio di curvatura delle banane è segno di cecità verso il più grande regalo che la storia ha fatto alle generazioni viventi di europei. Questo il messaggio che viene da Libertà Eguale riunita ad Orvieto.

Massimo Pinardi, Presidente Libertàeguale Parma

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