La sinistra fa dell’accoglienza la sua nuova identità. Un rilancio o un suicidio?

Manifesto Mimmo Lucano

Mai come in questi giorni lo scontro politico è stato incentrato sul tema dei migranti, ma soprattuto mai le posizioni degli schieramenti sono state così chiare e contrapposte.

Al di là del merito dell’articolo 13 del Decreto Sicurezza, piuttosto che del comma 4 del secondo capoverso dell’articolo 27, il messaggio che passa nell’opinione pubblica è, come sempre, semplificato: Salvini è l’unico a favore della chiusura totale dei porti, il M5S è ondivago o a traino della Lega, il Pd è favorevole all’accoglienza dei richiedenti asilo senza limiti perchè l’unica regola è l’ “umanità” e salvare vite.

Non è stato sempre così.

Un tempo Renzi scriveva che “bisogna aiutare i migranti a casa loro”, i governi di centrosinistra accettavano obtorto collo questi flussi come “processi storici epocali e irreversibili”, il Ministro degli Interni Marco Minniti si spinse fin ad appaltare la gestione dell’immigrazione alle milizie libiche finanziando campi di contenimento lungo le coste africane off limits ai controlli.

Qualche settimana fa il Pd ha cambiato strategia. Forse convinto di essere perdente combattendo una battaglia di retroguardia, se non nel campo della Lega, non dissimula più, ha smesso di giocare con le parole e attacca a testa bassa Salvini da posizioni orgogliosamente immigrazioniste e umanitarie. E lo fa con atti dal forte impatto mediatico quali il presidio del segretario nazionale Martina sulla nave Diciotti, l’impugnazione del Decreto Sicurezza presso la Corte Costituzionale, la ribellione dei sindaci che incitano a disapplicare le leggi dello Stato e a far sbarcare nei porti delle loro città in contrasto con le disposizioni del Governo. Tutto ciò a prescindere che gli effetti dell’immigrazione colpiscano i ceti più bisognosi di assistenza, quelli popolari delle periferie, i disoccupati e i precari che entrano in competizione con masse disperate di lavoratori stranieri. L’impatto sulla loro base elettorale naturale non li spaventa più perchè quella è una questione superata dal nuovo posizionamento, roba vecchia, discorsi del passato.

Leoluca Orlando, Luigi De Magistris, Mimmo Lucano, Roberto Saviano e Claudio Baglioni sono diventati le nuove icone della sinistra italiana che ha completato la sua mutazione genetica ed ideologica: degli operai di Marx non parlano più, non esistono più; li hanno sostituiti con i migranti. Le fabbriche sono state riconvertite in porti. Hanno compiuto una trasformazione così profonda che li ha portati a negare l’invalicabilità delle frontiere dei Paesi socialisti (tanto in ingresso che in uscita) i cui militari storicamente hanno sempre sparato e continuano a sparare ai confini e mai hanno acconsentito all’inserimento di persone sconosciute e di culture indefinite o diverse da quella socialista. Non è razzismo, è discriminazione ideologica punita non con l’espulsione ma con il muro.

Salvini ha subito colto la palla al balzo definendo “il Pd il partito dell’immigrazione clandestina”, con tanto di messa all’indice del suo logo, sapendo che nessuno lo smentirà, perchè, nella logica della mutazione genetica, nessuno vuole neppure farlo. Anzi, l’accoglienza è rivendicata come l’elemento più riconoscibile della sua nuova identità.

Oggi il consenso di Salvini emerge nelle cose, nella cultura diffusa del Paese, si percepisce fisicamente tra le persone.

La speranza per il pluralismo politico italiano è che la scommessa del Pd sia quella giusta.

Ma qualche dubbio viene.

Andrea Marsiletti

perlavalbaganza