La cooperazione in Emilia Romagna: 234mila addetti per 14 miliardi di valore aggiunto

Profonde radici nel territorio, capaci di innovare e creare nuova e buona occupazione. Con 14,2 miliardi di valore aggiunto, prodotto da quasi 5 mila imprese che occupano 243 mila lavoratori, la cooperazione dell’Emilia-Romagna contribuisce alla formazione del Pil regionale per il 9,8%. Negli ultimi dieci anni le cooperative hanno creato 27.400 nuovi posti di lavoro, una crescita del 12,5% nettamente superiore al 3,5% registrato dal totale delle imprese regionali. La metà di esse ha dimostrato resilienza, vale a dire che negli ultimi 5 anni hanno aumentato il fatturato e hanno mantenuto o incrementato l’occupazione.

È la fotografia del settore in Emilia-Romagna emersa oggi durante la quarta Conferenza regionale della cooperazione, incentrata sul tema “Lavoro, territori e cittadinanza attiva: gli ingredienti dell’innovazione sociale” che si è tenuta nella sede della Regione in viale Aldo Moro, a Bologna. L’appuntamento in Emilia-Romagna ha preso spunto, come ogni anno, dalla Giornata Internazionale delle cooperative, indetta per domani sabato 6 luglio dall’Onu, dedicata al “lavoro dignitoso”. L’iniziativa, istituita nel 1994 dall’Onu in coincidenza dell’International Cooperative Day dell’Alleanza internazionale delle cooperative (International Co-operative Alliance), si celebra dal 1923. Recentemente è stato stimato che le cooperative di tutto il mondo impieghino o siano la principale fonte di reddito per oltre 279 milioni di persone, quasi il 10% della popolazione attiva mondiale.

La cooperazione in Emilia-Romagna

In Emilia-Romagna il settore della cooperazione registra poco più di 243 mila addetti, il 14% del totale di quelli in regione, in crescita dell’1,5% rispetto al 2018. Negli ultimi 5 anni l’occupazione è cresciuta principalmente nei settori agricoltura, ristorazione e sociale, mentre è diminuita nelle costruzioni e nei servizi alle imprese. A marzo 2019 le cooperative attive in Emilia-Romagna sono 4.913, il 2,2% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Aggregando le cooperative per filiera, nell’ultimo quinquennio a crescere in termini di numero di società e di addetti sono le cooperative della filiera della cura e del benessere delle persone (tra cui il sociale), quelle che offrono servizi ad alta intensità di conoscenza (i più avanzati). In forte crescita le cooperative che si occupano di tecnologia, ancora numericamente poco rilevanti, ma molto importanti dal punto di vista strategico.

“Da parte della cooperazione emiliano-romagnola– ha sottolineato il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, presente alla Conferenza- emerge la capacità di costruire processi di straordinaria innovazione sociale, facendo interagire le diverse componenti della comunità regionale. Un know how e un’esperienza da valorizzare, un patrimonio da mettere a disposizione della nostra economia, in un contesto in cui sempre di più l’innovazione sociale deve diventare metodo e collante di coesione territoriale, capace di generare ricadute positive nel contesto locale in termini di sostenibilità. Un metodo fatto di persone, e quindi bisogni e competenze, organizzazioni, reti, ecosistemi e connessioni, e quindi capitale sociale. E non dobbiamo dimenticare il ruolo della forma cooperativa nel salvataggio di realtà produttive e, soprattutto, posti di lavoro, in situazioni di crisi aziendali, soluzione che vede impegnati in prima persona i lavoratori nel guidare le cooperative che subentrano, i cosiddetti workers buyout”.

La cooperazione- secondo lo scenario illustrato da Guido Caselli, direttore del centro studi e statistica e vicedirettore di Unioncamere Emilia-Romagna- è una realtà che ha saputo intercettare i driver della crescita di questi anni, dalla cura e benessere delle persone fino alla tecnologia, avviando un percorso di rinnovamento in importanti comparti strategici benché abbia faticato in alcuni settori industriali, in particolare nelle costruzioni. Il percorso di rinnovamento e il tentativo di adattarsi ai cambiamenti della società lo si legge nelle attività che caratterizzano le cooperative di nuova costituzione, tutte concentrate in tre ambiti, ancora una volta cura e benessere delle persone e tecnologia a cui si aggiunge l’agroalimentare. Rinnovamento di cui troviamo evidenza anche tra le 17 cooperative classificate come startup innovative, attive nel campo della tecnologia, della ricerca e sviluppo, del sociale e dei servizi avanzati alle imprese”.

Tra gli elementi di innovazione sociale, e di politica attiva del lavoro, sostenuti dal mondo della cooperazione ci sono i cosiddetti workers buyout (Wbo), dipendenti di imprese in difficoltà rilevate e trasformate in cooperative. Oggi in Emilia-Romagna di queste nuove imprese se ne contano 105, di cui 12 da tavoli di crisi regionali, con 1.581 posti di lavoro salvati.

“In questi anni– ha aggiunto l’assessore regionale alle Attività produttive, Palma Costi- sono tante le azioni promosse e incentivate dalla Regione insieme alla Consulta regionale della cooperazione. Abbiamo sostenuto lo strumento dei workers buyout, incentivato l’innovazione tecnologica delle cooperative e la promozione al loro interno di azioni per la sostenibilità nonché affrontato di petto il fenomeno delle false cooperative. Abbiamo colto la sfida della responsabilità sociale d’impresa, la promozione della legalità e le azioni per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. Sfide in cui proprio la cooperazione può ricoprire un ruolo centrale come attivatore e moltiplicatore di crescita, sviluppo e buona occupazione. Grazie a questo impegno il fondo rotativo Foncooper, che dal 2008 ad oggi, ha gestito 105 pratiche per circa 60 milioni di finanziato, pari a circa 86 milioni di investimenti, è stato rivisto e semplificato per garantire una maggiore facilità di accesso e aprirlo come opportunità ai workers buyout”.

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