Ludopatia, INTERVISTA – Daniele Raco (Zelig) racconta al Festival Bioessere di Sala Baganza come ha combattuto il suo demone

Daniele Raco, comico della scuderia Zelig, torna a Parma, per presentare il suo libro-spettacolo “La gallina”, lo fa all’interno del festival “Bioessere. Il benessere in tutte le sue forme” che sarà il 16 novembre alla Rocca di Sala Baganza.
Ne “La gallina” Raco racconta della sua esperienza personale, la sua dipendenza da gioco d’azzardo, durata sette anni e di come né è uscito.
Il problema di questo genere di dipendenza, la ludopatia, è esploso negli ultimi anni: nel 2017 sono state infatti 1521 le persone con problemi di dipendenza da gioco patologico prese in carico dai servizi delle aziende sanitarie, oltre il triplo di quelle assistite nel 2010 (512). E a questi vanno aggiunte le persone che si rivolgono direttamente ai gruppi di auto-mutuo-aiuto dei “Giocatori anonimi”.
I soldi spesi dagli emiliano romagnoli in gioco d’azzardo (senza contare l’on-line) sono quasi impronunciabili: 6,234 miliardi di euro nel 2016 (dati Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e dall’Ordine degli Psicologi). Solo a Parma, nel 2017, è stata stimata in 1.614 euro la spesa pro capite a tutti i giochi gestiti dallo stato e alle slot. In totale, nello stesso anno, a Parma sono stati spesi 315,97 milioni di euro (dati Gruppo Editoriale Gedi).

“I dati sono allarmanti ma si tratta solo dell’emerso – commenta Daniele Raco – quello che preoccupa è il sommerso. A essere buoni direi che la situazione è un po’ sfuggita di mano. Quando è stato liberalizzato il gioco d’azzardo e le slot sonno arrivate nei bar non hanno minimamente pensato ai danni sulla popolazione”.

Quando ha iniziato a giocare?
Più di 10 anni fa, durante un tour estivo nel quale non mi trovavo particolarmente bene, ho iniziato per noia, nei pomeriggi di pausa. Per caso mi sono avvicinato a una slot.

Noia?
Diciamo che non avevo pensieri proprio positivi, chiamiamoli “buchi dell’anima”.

E nessuno si è accorto di niente?
No, il mio lavoro era perfetto per nascondere il problema, i viaggi, gli spettacoli, le tournée. Io stesso minimizzavo, per me non esisteva una vera e propria emergenza.

Quale è stato lo stimolo per ammettere di avere un problema?
Non sono stati né i guai economici né l’insonnia, mi sono reso conto che stavo perdendo ore di vita e ho confessato, ho iniziato a parlarne a dire la verità alla mia famiglia che fortunatamente mi è stata accanto sempre. Non gioco più da 3 anni 10 mesi e 10 giorni. Ho smesso il 26 di dicembre.

Ne è uscito da solo?
No, subito mi sono rivolto ad un gruppo di mutuo auto aiuto è stato il mio “pronto soccorso”, poi però sono andato da uno psicoterapeuta del Sert per capire come chiudere quei buchi dell’anima.

Ma Daniele Raco è un comico e anche in una situazione così delicata questo aspetto è venuto fuori.

Sì, sono stato lì lì per farla finita, ero su un ponte, stavo per buttarmi e poi ho iniziato a pensare a Facebook e a tutti i “Rip”, agli aneddoti di eventi magari mai successi che avrebbero potuto raccontare e mi sono detto: potrebbero anche organizzare un festival alla memoria, con gare di comicità che potrebbe vincere qualcuno che non mi sta simpatico… E così sono tornato a casa.

Quale è il lato positivo di tutta questa vicenda?
Un mio illustre concittadino Fabrizio De Andrè diceva che dal “letame può nascere un fiore” ed è stato così, perché dopo che ho confessato pubblicamente la mia ludopatia mi hanno scritto in tanti per chiedermi come avevo fatto ad uscirne, per chiedermi consigli. Da qui è scaturito il libro e poi lo spettacolo, libro che ha impaginato la mia compagna e che ho potuto realizzare grazie a tanti amici che mi hanno dato fiducia e mi hanno sostenuto con un crowdfunding, hanno dato soldi a uno che i soldi se li giocava.

A chi deve dire grazie, a parte a se stesso?
Alla mia compagna che è rimasta e a un mio collega Andrea di Marco, un amico. Un giorno mi ha visto prelevare per andare a giocare in un bar, mi ha osservato è entrato e non ha urlato né mi ha insultato per quello che stavo facendo, ma mi ha abbracciato con affetto e mi ha portato via. Poi ho giocato ancora, non ho smesso subito, ma quello forse è stato il primo seme della mia rinascita.

Pensa di essere guarito?
Non si guarisce mai, è un po’ come avere il diabete che si tiene sotto controllo non mangiando dolci. Io tengo a bada il mio demone stando lontano dai locali in cui si gioca, non entrando nei bar dove ci sono slot.

Tatiana Cogo

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