“Una comunità in degrado: oggi sono più le barriere culturali, rispetto a quelle architettoniche”. INTERVISTA a Walter Antonini, presidente Anmic

Si è appena chiusa la “Parma disAbility Week”, momento importante che ha messo sotto i riflettori le problematiche che tuttora, nel 2020, persistono e rendono la vita dei disabili molto complessa. L’evento è stato organizzato da Anmic, l’Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, che a Parma conta 3000 iscritti (160.000 in Italia). Anmic da sempre rappresenta e tutela gli interessi degli invalidi e per questo è impegnata a combattere diverse battaglie con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei disabili: dall’assistenza economica, alla formazione, al diritto al lavoro per citare le principali. Con Walter Antonini, presidente Anmic Parma abbiamo fatto il punto per capire cosa resta dopo la settimana della disabilità, conoscere i progetti in corso e quelli futuri.

Noi vorremmo rompere un meccanismo: quello di passare per chi fa polemica, denuncia o ha solo richieste. A Parma stiamo cercando di fare progettazione, per costruire insieme agli enti e al privato. Per esempio: una delle nostre più grandi battaglie è sempre stata quella per l’inserimento lavorativo, c’è una legge la 68/99 che obbliga ad assumere persone disabili in certe proporzioni. È una legge che viene disattesa, solo in pochi la rispettano. Noi stiamo cercando di capire cosa blocca queste assunzioni quali sono i pregiudizi, perché vogliamo andare oltre, fare solo polemica non serve a niente.

Quante sono le persone disabili nella provincia di Parma e quante di queste hanno un lavoro?

Nel 2019 sono state assunte 500 persone con disabilità, 100 in più rispetto alla media degli ultimi anni. I disabili al lavoro sono più di 3000 però ce ne sono 4500 iscritti alle liste di collocamento che quindi il lavoro lo stanno cercando. Noi stimiamo che siano 15-16 mila i disabili, ma è molto difficile incrociare i dati degli enti pubblici. Se avessimo dati precisi, fra l’altro, potremmo pensare a una progettazione mirata, quindi migliore.

Cosa resta dunque dopo l’intensa settimana dedicata alla disabilità?

Noi iniziamo a pensare che stia andando in secondo piano il discorso delle barriere architettoniche e che stia crescendo enormemente il problema delle barriere culturali. C’è un grande degrado del livello culturale nel nostro paese. Ci arrivano telefonate con segnalazioni di bullismo nei confronti di ragazzi disabili, i fatti di cronaca successi in Puglia sono eclatanti. Siamo spaventati, chi ha letto un po’ di storia sa che questo livello di non attenzione e di odio ha avuto dei precedenti pericolosi. Sono riapparse parole che davamo per archiviate: zoppo, handicappato, mongoloide.  La settimana della disabilità ci impone dunque di riportare l’attenzione sulle barriere culturali, perché abbiamo dato per scontato cose che nella realtà non ci sono più.

Quale è la situazione delle barriere architettoniche in città e in provincia?

I rapporti con le istituzioni sono buoni, abbiamo segnali positivi e registriamo che quando ci sono ristrutturazioni, rifacimento di strade o nuove costruzioni l’attenzione c’è. Va sempre meglio. Ci sono poi esperienze molto belle, come quella di paesi dell’appennino che ci contattano perché hanno progetti per abbattere le barriere e in montagna non è affatto facile. In particolare mi riferisco alla zona di Neviano, Bazzano e Scurano. Sul lato privato torniamo al discorso di prima: sempre più macchine sui marciapiedi, sempre più auto negli spazi riservati ai disabili, sempre più maleducazione, a livello di comunità stiamo facciamo dei passi indietro. Diciamo che si amplia la forbice, il divario tra chi è molto attento e chi non lo è affatto.

E negli hotel, agriturismo e B&B?

Gli albergatori ci dicono che ci sono clienti che non vogliono utilizzare le stanze per disabili, quando ci sono solo quelle a disposizione. Adducendo scuse del tipo: si possono prendere malattie, non sono belle da vedere, avere la maniglia è spiacevole. Fino a che non cambiamo a livello culturale io non mi sento di colpevolizzare gli alberghi. Fondamentalmente è una resa, però abbiamo chiesto a delle start up di iniziare a valutare modi per adattare temporaneamente le stanza anche per uso disabili.

E la raccolta differenziata con i sacchi e contenitori sui marciapiedi?

Abbiamo protestato a gran voce su questo. Io capisco tutto, so che è un sistema innovativo, ma basterebbe fare la raccolta in orari diversi o il mattino molto presto o la sera tardi per risolvere. Così come dà fastidio a me che sono in carrozzina, dà fastidio ai ciechi e anche alle mamme con i passeggini.

Anche il vostro progetto per Parma 2020 è incentrato sulle barriere architettoniche.

Assieme all’associazione Lungo Circuito, un gruppo di ricercatori e artisti multimediali, sono stati ideati quattro laboratori con i nostri iscritti: i disabili intellettivi relazionali, quelli fisici, i sordi e i ciechi. È stata stimolata la loro creatività per farla confluire in diverse installazioni artistiche “di rottura”. Sono loro i protagonisti del messaggio che vogliono mandare: noi disabili come vediamo la barriera? Abbiamo scelto esperti creativi e artisti perché solo loro sarebbero riusciti a rendere il messaggio in modo potente. Questo è il nostro contributo a Parma 2020. Poi vorremmo portare anche qui la mostra di Oliviero Toscani sugli atleti paralimpici, sono nudi artistici che danno l’idea della forza che può avere un corpo al quale manca una parte, stiamo cercando la location.

Quali altri progetti avete in cantiere?

La “Cittadella Paralimpica” è una sfida che abbiamo raccolto dal territorio noi siamo diventati parte attiva in seguito. Nella zona di Bazzano viene abbattuta una vecchia bocciofila e ricostruita una palestra totalmente accessibile e assieme alla comunità stiamo affrontando un’altra sfida, cioè creare una cittadella accessibile con un circuito per handybike. È bello dimostrare che una comunità se lo vuole, può abbattere le barriere. E altri paesi ci stanno cercando, sta diventando uno stimolo. Poi nascerà l’ausilioteca, un luogo deputato a sperimentare strumenti di riabilitazione o di mobilità quotidiana fino ad arrivare all’esoscheletro, in modo da renderli adatti a ciascun disabile; in sostanza un “su misura”. È un progetto che stiamo realizzando con Università, Ausl e Azienda Ospedaliera. Lo spazio sarà al padiglione Cattani che ora è in ristrutturazione. Qui vorremmo che nascessero degli angoli di progettazione, start up. Come dicevo all’inizio, vorremmo andare oltre le nostre battaglie storiche, per cercare di costruire qualcosa di nuovo.

Tatiana Cogo

lombatti_mar24