Anche quest’anno le solite balle dei discorsi di S. Ilario davanti a quattro sepolcri imbiancati?

10/01/2011

La scorsa settimana avevo denunciato il disinteresse dei parmigiani per le premiazioni di S. Ilario (clicca qui), oggi mi permetto alcune considerazioni sull’altro caposaldo tradizionale della celebrazione del 13 gennaio: il discorso del Sindaco.
Non saprei davvero trovare le giustificazioni, ma a questa orazione il ceto politico, economico e giornalistico della città attribuisce tanta importanza, al punto che essa viene pronunciata in diretta a reti televisive locali unificate, commentata e chiosata in modo cavilloso da politici, imprenditori, notabili bancari e delle istituzioni cittadine che nella giornata di S. Ilario si propongono alle telecamere con la presunzione di rappresentare qualcuno, non rendendosi conto che ormai la gente fa fatica a sentirsi rappresentata dalle persone che elegge, figuriamoci se è disposta a riconoscere qualcosa a questi soloni.
Per di più si tratta sempre di commenti scontati; i politici di maggioranza promuovono di default il discorso del sindaco come “di spessore e di prospettiva”; quelli di minoranza lo bocciano come “deludente e che non dà un futuro alla città”, la Cgil perchè “non ha parlato abbastanza di lavoro e precarietà”. Neppure il più spericolato degli scommettitori inglesi sarebbe disposto ad accettare puntate sui giudizi di Villani, Libè, Bigliardi, Pagliari, Guarnieri e Ablondi.
L’autoreferenzialità di una classe dirigente che si parla addosso prova a fare credere o, peggio, ha convinto che alla città interessi qualcosa di questa orazione e che essa rappresenti la cartina di tornasole dello spessore e della lungimiranza politici del Sindaco. Questi sono pertanto giorni febbrili per l’ufficio stampa del Comune e per lo staff del Sindaco che sono lì a limare le parole per non scontentare nessuno, scervellarsi per tirare fuori qualche frase ad effetto perché l’intervento non sfiguri soprattutto in confronto a quelli dei primi cittadini predecessori.
Mi chiedo: ma in questi 24 anni di discorsi di S. Ilario abbiamo assorbito anche una sola cosa, non dico che abbia prodotto qualcosa di concreto, ma che valga la pena di essere ricordata? Cosa è rimasto di tutte queste parole e paginate sui giornali? Nulla, se ci rifiutiamo di dare valore alle frasi del buonismo qualunquista della serie “Facciamo sistema”, “Collaboriamo tutti assieme”, “Ognuno faccia la sua parte” o altre robe del genere…
Secondo me il 99% dei parmigiani di questo fiume di appelli, suggestioni, promesse, visioni, rassicurazioni non è in grado di ricordare neanche una parola. Neppure una.
Questa amnesia collettiva ha investito pure il sottoscritto, sebbene, da addetto ai lavori, dovrebbe sbattersene con meno disinvoltura della retorica di questi appuntamenti politici.
Ma se proprio mi metto la testa tra le mani e mi concentro al massimo alcuni flash mi sovvengono… qualche titolo, “innovazione”, “agroalimentare”… e poi “logistica” che, chissà perchè, non può mai mancare a S. Ilario. No, quelle sono solo delle parole vuote, spremo di più le meningi… ecco, mi tornano alla mente due appelli di Ubaldi, forse l’unico che a S. Ilario ha provato in talune occasioni ad uscire dalla banalità e dal conformismo più stagnanti: una critica alla qualità della classe dirigente locale e delle categorie economiche cittadine che si limitano a fare delle buste-paga, l’invocazione un “nuovo Rinascimento cittadino”. Ma quali risultati hanno prodotto questi due appelli? Nessuno, anzi. Il potere cittadino non solo non è rimasto minimamente scalfito da quel j’accuse, ma gli ha fatto pure spallucce; di Rinascimento non se ne è visto… in compenso da lì a poco ha mosso i primi passi la più grande crisi economica della storia moderna.
Concludo in modo politicamente corretto, ovvero costruttivo, con un consiglio al sindaco Vignali: quest’anno faccia un discorso breve, lasci perdere l’irritante messaggio alla Casta del “volemose bene” e del “io non disturbo te, e tu non disturbi me”; dica poche cose, lanci una o due idee concrete.
Così facendo magari non passerà alla storia come un oratore magniloquente ma neppure come quello che il 13 gennaio ha raccontato le solite balle ai parmigiani davanti a quattro sepolcri imbiancati.
Non mi pare un passo in avanti di poco conto. 

                                                                                Andrea Marsiletti


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