8 marzo 1918: si registra il primo caso di influenza spagnola

L’8 marzo 1918 si registra il primo caso di influenza spagnola, è l’inizio di una devastante pandemia.

L’influenza spagnola, altrimenti conosciuta come la Grande Influenza, o epidemia spagnola è una pandemia influenzale che fra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo. È stata descritta come la più grave forma di pandemia della storia dell’umanità, avendo ucciso più persone della terribile peste nera del XIV secolo; e della stessa Grande Guerra.

All’influenza venne dato il nome di “spagnola” poiché la sua esistenza fu inizialmente riportata soltanto dai giornali spagnoli. La Spagna non era coinvolta nella prima guerra mondiale e la sua stampa non era soggetta alla censura di guerra; negli altri paesi, il violento diffondersi dell’influenza venne tenuto nascosto dai mezzi d’informazione, che tendevano a parlarne come di un’epidemia circoscritta alla Spagna. In realtà, il virus fu portato in Europa dalle truppe statunitensi che, a partire dall’aprile 1917, confluirono inFrancia per la Grande Guerra. Dalle analisi effettuate sui corpi di alcuni militari americani deceduti per l’influenza, i ricercatori hanno potuto ricavare dei frammenti del virus e studiarlo alla luce delle attuali conoscenze.

Allo scoppio dell’epidemia, il conflitto durava ormai da quattro anni ed era diventato una guerra di posizione: milioni di militari vivevano quindi ammassati sui vari fronti, in trincee anguste con condizioni igieniche terribili che favorivano la diffusione del virus. Il particolare contesto storico in cui si diffuse causò una decimazione della popolazione civile più di quanto non avessero fatto gli eventi bellici di per sé.

La prima guerra mondiale aveva ucciso dieci milioni di persone, quasi esclusivamente militari; in sei mesi, tra la fine dell’ottobre 1918 e l’aprile 1919, l’influenza spagnola colpì un miliardo di persone uccidendone circa 50 milioni  di cui circa 375.000 (ma alcuni sostengono 650.000) soltanto in Italia.

Non è mai stato tuttavia possibile quantificare con esattezza né il numero delle vittime né quello dei contagiati. La spagnola mise in ginocchio l’intera Europa con un altissimo tasso di mortalità, che raggiunse in alcune comunità anche il 70%. Va tenuto presente che a quel tempo gli antibiotici non erano stati ancora scoperti (la penicillina verrà scoperta da Alexander Fleming solo nel 1928) e che inizialmente non venne capita la gravità e l’origine della malattia.

Sebbene l’influenza fosse causata da virus, e quindi gli antibiotici non sarebbero comunque stati efficaci per contrastarla, la maggior parte dei morti si ebbero in realtà per complicanze batteriche, ovvero infezioni opportunistiche che si sovrapposero all’influenza nell’organismo indebolito. Per queste infezioni, gli attuali antibiotici avrebbero potuto rappresentare una cura efficace riducendo drasticamente la mortalità.

In Italia, il primo allarme venne lanciato a Sossano (Vicenza) nel settembre del 1918, quando il capitano medico dirigente del Servizio sanitario del secondo gruppo reparti d’assalto invitò il sindaco a chiudere le scuole per una sospetta epidemia di tifo. Di lì a poco scattò l’emergenza. Ma la spagnola, pur uccidendo moltissimi soldati italiani, colpì maggiormente l’Austria Ungheria, con circa due milioni di morti. Tra i soldati austriaci l’incidenza della mortalità fu quasi tripla rispetto ai soldati italiani: questo fu dovuto principalmente al fatto che i soldati dell’Impero austro-ungarico erano sottoalimentati, e quindi debilitati, e questo per il blocco navale che rendeva impossibile le importazioni degli imperi centrali.

È interessante notare come la storiografia tedesca attribuisca a questa diversa incidenza della spagnola la causa della sconfitta finale, mentre in Italia, al contrario, questo aspetto non è mai stato molto approfondito. Terminata la guerra, però, la spagnola si diffuse ulteriormente, in quanto i reduci, tornando a casa, trasmisero il virus ai civili.

lombatti_mar24