
23/08/2013
h.14.30
La questione è certamente nazionale, e quindi non buona per una polemichetta agostana locale: il turismo in Italia viene gestito male, salvo poche zone… la Riviera adriatica, ad esempio, dove crea ricchezza, diffuse opportunità di lavoro e occasioni di divertimento, a partire da una dotazione naturale non certo eccellente. Oppure al nord – trentino, laghi lombardi, turismo alpino – dove però pecca in termini di accessibilità (i prezzi sono alti dappertutto o quasi).
Il sud e le isole, che offrono bellezze imperdibili, vivono di ottime occasioni turistiche a livello specifico, ma senza un sistema che crei una ricchezza diffusa. In altre parole, se sei ricco te la godi, se non lo sei sono cazzi tuoi, oppure accontentati dei last minute. Manca una visione sociale e sistemica di turismo, in uno dei pochi Paesi al mondo dove il turismo potrebbe rappresentare una delle voci più significative del PIL.
Al fallimento del “Portale Italia”, voluto dall’allora Ministro Rutelli, non è seguita alcuna altra iniziativa significativa e di impatto positivo sul sistema. Correggetemi se sbaglio nel dire questo.
In altri termini, l’unico luogo in cui viene fatto turismo esemplare in Italia (dove nell’esemplare ci stanno anche i prezzi contenuti) è uno dei meno attrattivi a livello di natura… Ed è nella nostra Emilia-Romagna, che infatti risente di uno sbilanciamento delle politiche turistiche, ormai pluridecennale… Uno sbilanciamento di investimenti a beneficio della Riviera adriatica appunto, a nostro discapito.
Dato che le politiche turistiche sono nate alla fine del secolo scorso, si può tranquillamente affermare che l’Emilia occidentale, turisticamente parlando, non è mai stata presa seriamente in considerazione dalla Regione, salvo rari casi (quello della Via Francigena, ad esempio, oppure i Castelli del Ducato, che attualmente però languono… o eventuali pochi altri che ora non ricordo).
Ma, come sempre, accusare Bologna senza guardarci in casa è piuttosto ridicolo. Il turismo a Parma e provincia non riesce mai a decollare seriamente perché non viene percepito come motore economico dai parmigiani e dai parmensi. O meglio, dalla maggioranza di loro… e ciò è più che sufficiente a far si che non si possa parlare di una vera politica turistica, per la nostra città e provincia.
Soprattutto a Parma, e soprattutto dal parmigiano medio (così gli amministratori non si offendono, come sono soliti fare, invece che riflettere sulle critiche), il flusso turistico viene subito e poco valorizzato. I ristoranti, ad esempio, fanno una politica irrisoria sull’accoglienza turistica. Prezzi alti e servizi buoni solo se i clienti hanno il portafogli pieno. Ovvero l’esatto contrario di una buona economia turistica.
Due cose percepisce il turista medio quando arriva in una città: 1. il senso di accoglienza, e in questo Parma ha fatto passi da gambero in questi anni; 2. il livello di spennatura medio, e in questo Parma ha fatto passi avanti… nel senso che la propensione allo spennamento è aumentata… diciamo che si è “milanizzata” ed ha diminuito il suo tasso di emilianità, che è sinonimo di accoglienza e di benessere diffuso. Se un turista gode giustifica anche una spesa più alta, ma se non si gode la città ti rinfaccerà anche gli spiccioli. E, soprattutto, non ritornerà a Parma (e vale per tutto il resto del mondo).
Questi due problemi di accoglienza sono collegati ad altri generali, come la crisi economica, e come l’oggettivo caos da disintegrazione sociale (problema anche questo italiano e non solo parmigiano).
Però, a ben vedere, il turismo nasce in Italia come arma per combattere la crisi in zone storicamente depresse come la riviera adriatica (Emilia e Veneto), e come il Sud, dove, quando il turismo funziona, diventa l’attività predominante di una località. Quindi la crisi dovrebbe spingere più che inibire una migliore organizzazione turistica. Così come un buon turismo è l’arma migliore per affrontare in modo non ideologico (da una parte e dall’altra) le questioni spinose dei “bivacchi”, della sicurezza di una città… Una città accogliente ha il vincolo di incrementare la sicurezza, sia a livello di percezione, che sul piano reale, in quanto le agenzie preposte sono impegnate a offrire risposte allo scopo di evitare il malessere, il disagio, la conseguente devianza sociale. Ma lo si affronta senza cadere in polemiche di basso livello: offrire una città in condizioni dignitose e accoglienti ai turisti è in fondo, e innanzitutto, offrirla ai cittadini residenti, che in questa azione virtuosa hanno il vincolo civico di essere attori protagonisti.
L’ultima iniziativa turistica degna di questo nome, dal mio punto di vista, è stata l’apertura del Parma Point, ovvero dell’ufficio turistico della Provincia. Il pessimo coordinamento con quello del Comune (a poco più di 100 metri di distanza, ma è come se fossero due pianeti diversi), impedisce una sinergia convincente a livello di immagine e servizio. Certamente la Provincia ha una migliore predisposizione alla promozione turistica – che oggettivamente è una delle cose migliori fatte da Bernazzoli durante i suoi mandati – ma se Parma non spinge, a livello provinciale non si possono raggiungere risultati significativi. Resto sempre sorpreso negativamente dalla mancanza di promozioni innovative, da parte di Provincia e Comune, per la fruizione dei propri tesori, quasi che ci si accontentasse del turista occasionale, in un periodo dove la gente va tolta da casa, con idee accattivanti e sostenibili.
Rimane l’esempio della mostra ormai lontana sul Parmigianino (2003, “Parmigianino e il Manierismo Europeo), che dovrebbe guidare tutti gli eventi di rilievo, come esempio di sinergia città-territorio, ma che invece rimane un faro sempre più lontano e quindi poco visibile.
Ritengo, anche in base alla mia esperienza di Assessore alla promozione turistica (a Colorno, dal 2004 al 2009), che Parma e la sua provincia, abbiano tutti i numeri per fare numeri col turismo. In piccola parte, piccolissima, questo obiettivo è una realtà, ma l’attuale congiuntura economica impone un veloce e deciso ripensamento del nostro modello turistico possibile, che è collegato alla cultura e al benessere diffuso: diffuso in diversi settori, a partire da quello agroalimentare, e diffuso in senso sociale, secondo tipicità emiliana.
Occorre anche un pensiero coraggioso e fuori dagli schemi dati, ma non impossibile da praticare. L’unica cosa che manca a Parma è il mare. Una risposta turistica complessiva deve dare una soluzione a questo problema… Non certo con impossibili scavi da La Spezia, ma con offerte che siano strettamente connesse al mare più vicino: il golfo di La Spezia, che è poi il golfo dei poeti …e torniamo alle iniziative culturali che possono e devono creare link significativi e non futili. Il delirio similpolitico dell’ipotetica regione “Lunezia” può avere in questo senso una ragione strategica. Sul piano turistico, il progetto Lunezia va ripreso e condotto senza ideologie tristi di contorno, ma solo con il preciso obiettivo di ancorare lo sviluppo turistico possibile a Parma con quello di La Spezia (Cinque terre) e Massa-Carrara (Versilia), zone dove il flusso turistico è molto significativo, ma ha bisogno di essere rinnovato e agganciato a qualcosa che non sia solo marittimo… Parma, ad esempio, a poco più di 1 ora d’auto (o di treno… e su questo andrebbe aperto un lungo capitolo).
Un altro progetto da riprendere e rilanciare con forza è quello delle “Città d’arte padane”, che ha avuto il merito di restare insabbiato nei tavoli degli assessorati, in modo scandaloso. Parma, Mantova, Modena, Reggio, Cremona, Piacenza, e così via… città ricche di tesori d’arte, che possono essere agevolmente messi in proficuo confronto, per una promozione associata. Eppure viviamo di episodi e di mancanza di evidente programmazione. Per questo, soprattutto, ho criticato la cancellazione del Parma Poesia Festival: un evento che si sposa idealmente al Festival della Letteratura di Mantova. Perché non riprendere la questione e metterlo in stretta relazione con quello, con il Festival della Filosofia di Modena, con quello del Diritto di Piacenza, e con quello “della mente” di Sarzana? Com’è possibile che manchi un’offerta diversificata ma una comunicazione unitaria in un raggio di 200 km?
Ovviamente il turista nord europeo, colto e disponibile a viaggi negli interni, ovvero quello più attento alle proposte non solo marinare provenienti dall’Italia, ha bisogno delle giuste suggestioni per muoversi: su questa tipologia, senza escludere nessun’altro s’intende, occorre investire già da oggi.
Non dimentico, nel discorso generale, il difficile ma fondamentale ruolo di Salsomaggiore e Tabiano (e Monticelli), alle prese ormai da decenni con un futuro possibile dell’attività termale: sinceramente vedo in quel settore la maggiore difficoltà rispetto ad altri più immediati e accattivanti. Vero è, però, che proprio a Salso e dintorni si sono visti i maggiori investimenti turistici in passato e probabilmente, aldilà della stanchezza, c’è ancora un knowhow che altre zone della provincia non hanno.
Certamente il lavoro di promozione turistica è un faticoso e umile lavoro di semina, i cui frutti arrivano quando e dove non li aspettavi spesso. Ma se non vogliamo parlare di una Parma fu-turista, in senso deteriore, è bene attivarsi con intelligenza e apertura mentale, per evitare il declino definitivo, apparentemente alle porte.
Alberto Padovani