
25/02/2014
h.17.10
“Oggi è iniziato il percorso per arrivare, entro la fine della legislatura, all’approvazione di una legge regionale che dia un effettivo stop al cemento in Emilia-Romagna.”
Commenta così la consigliera regionale dei Verdi Gabriella Meo l’approvazione in Assemblea legislativa della risoluzione contro il consumo del suolo di cui è la prima firmataria e che scaturisce dalla campagna “Stop al cemento” di Legambiente.
“Anche la nostra regione, nel passato paladina della pianificazione e attenta custode dei patrimoni territoriali, vive una stagione di forti contraddizioni tra ciò che dichiara e ciò che in effetti realizza, a partire dalla concreta applicazione della legge regionale quadro sull’urbanistica (legge n. 20/2000). L’Emilia-Romagna nel decennio tra 1994 e 2003 ha incrementato il territorio urbanizzato quasi del 52% e benché nel quinquennio successivo abbia ridimensionato in maniera decisa gli accrescimenti (+8,1%), presenta un’occupazione del suolo ingombrante che a partire dal 1976 ha visto quasi il raddoppio delle aree artificializzate (+92%).”
“Nonostante ciò – continua Meo – in molti comuni assistiamo a previsioni urbanistiche che, indifferenti alla saturazione del mercato, progettano ulteriori alluvioni immobiliari. Ogni anno nei comuni di pianura della provincia di Bologna, ad esempio, si costruiscono mediamente circa 2.500 nuovi alloggi (di cui circa 700 nel comune capoluogo).
Dai PSC approvati negli anni recenti o in corso di elaborazione emerge, per la sola pianura bolognese, che la previsione di nuove abitazioni è di circa 60.000 unità, di cui solo 22.000 derivano da residui non realizzati dei vecchi PRG (il 36%), gli altri 38.000 alloggi sono previsti dai nuovi piani. Agli attuali ritmi di assorbimento del mercato edilizio si tratta di previsioni che impegnano i prossimi 25 anni del territorio e delle sue comunità. Meno del 15% di queste previsioni derivano da interventi di riqualificazione urbana mentre per l’85% sono alloggi che investono aree agricole non urbanizzate.”
“A queste previsioni residenziali vanno aggiunte quelle per le aree produttive e per le infrastrutture. Soltanto il passante nord di Bologna si prevede distruggerà fisicamente oltre 700 ettari di prezioso suolo agricolo e inevitabilmente metterà in moto nuove lottizzazioni commerciali e produttive attorno ai suoi svincoli.”
“Se questo è il quadro che emerge – conclude l’esponente ecologista – da un contesto che si è sempre reputato virtuoso e che certamente non rappresenta il peggio di ciò che sta accadendo in Italia, possiamo presagire conseguenze di artificializzazione dei suoli di entità non sostenibile se non si pone immediatamente un punto fermo a questi processi.”