“Amelia”

30/12/2009

Prima donna aviatrice ad attraversare l’Oceano Atlantico, prima a tentare il giro del mondo, celebrità assoluta del suo tempo, business woman ante litteram, figura animata da un indomabile desiderio di libertà, Amelia Earhart fu resa leggendaria dalla sua tragica sparizione nel nulla, il 2 luglio del ’37.
Inutili le miliardarie ricerche autorizzate da Roosvelt: il destino la consegnava al mito, alle ipotesi di spionaggio o di tragedia nella tragedia, al ritorno perpetuo nell’immaginario legato ai misteri insoluti, fuori e dentro lo schermo.
Mira Nair si ferma prima, rifiuta la fantasia, si attiene alle biografie redatte da Susan Butler e Mary Lovell e si aggrappa alla straordinaria somiglianza fisica di Hilary Swank col suo modello reale.
Quello che le preme raccontare è un’esistenza dettata dalla più spericolata determinazione, anche nell’errore o nel rischio estremo. Né gli affetti né la fama stessa vengono prima del bisogno di Amelia di vedere il mondo da un altro punto di vista, suo e soltanto suo, mentre sorvola in solitaria un pianeta a cui appartiene fino a un certo punto.
Forse Mira Nair, donna e regista che a sua volta ha passato l’oceano per passione e professione, ha visto in questo soggetto qualcosa di familiare ma non ha fatto i conti con gli scherzi della presunzione. Persa dietro alla carrozzeria splendente dei velivoli e agli abiti d’epoca, proprio come accadeva con i sari e i pigmenti colorati di Monsoon Wedding, l’autrice non trasmette ciò che crede di possedere, vale a dire ciò per cui la sua eroina ha fatto o fa ancora la differenza.
Evidentemente “bendata”, fa l’esatto contrario e si serve di una serie di dialoghi, inquadrature, scene intere prese da un repertorio indifferenziato (appunto) di genere sentimentale, poco o per nulla avventuroso, risaputamente e scolasticamente biografico.
Non a caso, mentre Richard Gere appare a suo agio tra parole non dette e sguardi di titanic(o) romanticume, Ewan McGregor comparsa, entra da un porta ed esce da un’altra, come fosse alla vana ricerca di un set sul quale poter contribuire in qualche modo.
Il film sembra trovare una sua fisionomia solo nel primissimo piano di Hilary Swank nella cabina di pilotaggio: il suo volto che si fa paesaggio e muta, s’incanta, trema e si commuove alla vista di ciò che non vediamo e non ci viene detto né trasmesso, è il miglior emblema di una storia e di un film che in realtà non ci sono, si sono inabissati a livello di promessa e, anche a cercare e sperare, non emergono mai.

(Si ringrazia Mymovies.it per la collaborazione)
Clicca qui per conoscere la programmazione nelle sale di Parma.

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