Assemblee cittadine, anche l’Art Lab contro il M5S

28/11/2012
h.10.00

La modalità con cui si svolgono questi incontri probabilmente è già nota ai più.
Per chi non ne fosse a conoscenza: stiamo per parlare dei famosi “incontri diretti” tra Amministrazione e Cittadinanza, rilanciati a gran voce in campagna elettorale dal M5S come una delle possibili vie per colmare il vuoto siderale che separa in tutta Italia le Istituzioni dai singoli cittadini.
La formula è invitante: “ingresso libero“, “si parlerà dei problemi reali“, “sono invitati tutti i cittadini “…
Lo scorso 26 novembre è stata la volta del quartiere Oltretorrente.
L’assemblea, tenutasi presso la Sala Riunioni dell’Assistenza Pubblica di viale Gorizia, ha visto la presenza di un discreto numero di persone.
Tra di loro non solo singoli cittadini ma anche molti rappresentati di Associazioni e realtà sociali che compongono il quartiere.
A fare le veci del Comune: Nicoletta Paci, Vicesindaco nonché Assessore alla Scuola, ai Servizi Educativi ed ai Rapporti con l’Università, affiancata da Laura Ferraris Assessore alla Cultura.
È stata proprio il Vicesindaco, nei minuti iniziali, a spiegare in che modo e con quali tempistiche avrebbe avuto luogo l’incontro.
Il pubblico della Sala è quindi stato diviso in una decina di gruppi, ognuno composto da circa 8/10 persone.
Ogni gruppo ha ricevuto una lista cartacea contente voci come “Urbanistica”, “Viabilità”, “Scuola”.
Mezzora di tempo per compilare in gruppo gli spazi vuoti a fianco ad ognuna di queste voci.
Al trentesimo minuto si parte con la condivisione dei punti elaborati.
Ad esporli, il più sinteticamente possibile, una decina di portavoce (…eletti democraticamente nell’arco di mezzora) dai gruppi stessi.
Il prossimo appuntamento sarà tra qualche mese: l’Amministrazione risponderà puntualmente ad ogni singola proposta o lamentela e, laddove ve ne sarà la possibilità, provvederà a fornire la soluzione più veloce ed efficace.
All’uscita della Riunione la mente è affollata da una miriade di pensieri discordanti.
Sarà stata l’immancabile psicologa, messa lì appositamente per assistere allo svolgimento del dibattito: per invogliare i più timidi e per sedare i più impazienti.
O forse sarà stata la presenza di un’innocua assistente a cui è toccato l’arduo compito di sintetizzare al volo ogni singolo appunto presentato dai dieci capigruppo su di un computer, passando dal digitare “Più Pedibus” allo scrivere “Meno militari Playmobile” (cit. lett.).
Più probabilmente sarà stato l’aver assistito ad un meccanismo di consultazione che solo sulla carta può davvero essere definito “democratico” e “partecipativo“.
Tornando verso casa infatti la domanda sorge spontanea: è davvero questa la “Democrazia Partecipativa“?
Se dovessimo dissertare sul significato che noi attribuiamo a tale termine di certo non basterebbero le 800 parole striminzite di questo articolo.
Possiamo esprimerci molto più efficacemente su cosa la “Democrazia Partecipativa” non debba essere.
Non è di certo un processo che si instaura nell’arco di mezzora, costringendo otto persone o più a confrontarsi sinteticamente su un elenco di tematiche che ha molto più l’aria di una lista della spesa piuttosto che di un programma organico di ragionamento.
Se è di “Partecipazione” che si vuole parlare non si può togliere alle persone la forza di raccontare le proprie perplessità e/o consigli di fronte a tutti, in maniera diretta e senza filtri, a prescindere da quali siano le proprie capacità di esprimersi.
Se è la “Democrazia” che si vuole esportare, un’Amministrazione responsabile non può permettersi di imporre dall’alto le modalità di confronto, senza che gli stessi cittadini possano decidere come autorappresentarsi di fronte alle Istituzioni.
Non si può dare spazio, neanche in minima parte, a idee xenofobe e reazionarie, che di democratico non hanno niente, se allo stesso tempo si vuole preservare l’ormai secolare spirito antifascista e antirazzista di un quartiere come l’Oltretorrente.
Ne si può costruire un assemblea, vendendola come democratica e partecipativa, ma che poi si rivela essere un puro e semplicesfogatoio dove questioni semplici e specifiche come il traffico nelle ore di punta si mischiano incoerentemente con tematiche complesse e talvolta drammatiche come gli affitti in nero o la violenza nel quartiere.
La Democrazia parte dal basso, dalla strada, dal condividere le battaglie delle fasce più deboli della cittadinanza, giorno per giorno, non due o tre volte all’anno.
E questo lo sanno, meglio di chiunque, le diverse associazioni che il 26 hanno cercato di far sentire la propria voce, le loro preoccupazioni e le loro proposte senza che queste venissero disperse e diluite all’interno dell’ennesimo gruppo di lavoro.

Art Lab Occupato

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