“Bersani e Franceschini uniscano le loro forze: sarebbe la svolta emiliana a un PD fasullo

Shadow 2.0
Finalità del Progetto
Elenco dei
membri del Governo Ombra
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26/06/2009

Il presente intervento è a titolo personale e i suoi contenuti non impegnano in nessun modo il Governo Ombra del Comune e della Provincia di Parma Shadow 2.0. 

L’unico politico che, fino ad oggi, è riuscito a battere Berlusconi, è un reggiano-bolognese, con la faccia da prete e la testa da professore cocciuto: non è un caso che le sconfitte ricevute dal Presidente-gioielliere siano avvenute per mano di un emiliano purosangue, Romano Prodi.
E’ una prova significativa che il centrosinistra, in Emilia, è riuscito ad interpretare un modello di governo maggioritario, basato sull’unione dei riformismi di diversa matrice… Almeno dal 1989 ad oggi.
Questa progressiva unione dei riformismi ha permesso al centrosinistra di tenere un significativo radicamento soprattutto nei territori emiliano, toscano, umbro, anche dopo la fine del PCI e relativi cambiamenti.
Così, per una persona che si ritiene collocata nel centrosinistra riformista, da quando si occupa di politica (da cittadino elettore innanzitutto), ovvero dalla nascita dell’Ulivo nel 1995, la competizione tra Bersani e Franceschini, entrambi emiliani, entrambi portatori di questo ruolo conciliante tra le anime del riformismo, suona come una sfida telecomandata a distanza.
Una sfida che rischia di rendere il PD un partito ancora più fasullo di quanto lo sia già in realtà*.
Tra Franceschini e Bersani sarebbe falso infatti il confronto politico; verissima invece è la guerra tra bande in atto da quando il PD è nato (male).
Ho affermato tempo fa che il PD era un bambino in fasce, che andava aiutato a crescere.
Oggi, dopo la morte prematura e indotta dei genitori naturali (Prodi e Veltroni), temo che sia diventato un orfano che se ne sta in collegio a farsi cattivo sangue verso i suoi tutori e la società.
Riceve ogni tanto la visita di nonni un po’ nostalgici e inaciditi, che gli ricordano, quanto fosse bello il “sol dell’avvenire”.
Lui intanto vede degli steccati, dei muretti, delle trappole che gli impediscono di vedere, pensare, puntare chiaramente sul suo personale e sacrosanto futuro.
Come ha detto Bersani, “lui” sa di essere il “Partito del secolo”, quindi aspetta che qualcuno, in casa, se ne accorga veramente, agendo di conseguenza.
Fuori di metafora, emerge un partito rissoso e rassegnato – salvo ovviamente gli esiti elettorali positivi alterni di questi giorni – dove gli anziani sono interpreti secondari di fiction postpolitiche, e i giovani si dividono tra arrivisti fiduciosi (sai,
il sol dell’avvenire sa declinarsi anche in forme compatibili con l’utilitarismo imperante) e scoglionati di varia pezzatura. Si, qualche puro c’è: mosche bianche.
In questo quadro, occorre qualcosa che sappia muovere il popolo del centrosinistra oltre gli schemi prefigurati del fare politica… Occorre non tanto un Obama, che questo PD riuscirebbe comunque a liquidare in sei mesi, quanto un modo di portare avanti i progetti e le relazioni politiche, che eviti di copiare l’homo homini lupus, più giustificabile in un ambito neoliberista, che in quello di un partito nato per unire definitivamente le diverse tradizioni riformistiche.
Ciò che è assurdo riguarda il triste fatto che l’innovazione è stata già l’arma brandita e spesso disattesa nel nome dell’inutile e rituale continuismo nei diversi passaggi da PCI a PDS a DS… a PD.
Brandirla diventa sempre più pericoloso o quantomeno strumentalizzabile.
La cosa migliore può essere unire le forze in un’iniziativa tematicamente incisiva, a cui si può arrivare con un leader condiviso e credibile, con una proposta che deve essere già pronta per misurarsi con il consenso popolare.
Non è nostalgia del centralismo democratico, che non ho mai conosciuto di persona,
né ansia di leaderismo. E’ innanzitutto la stanchezza, piuttosto irata, di vedere un continuo e sostanzialmente dannoso, avvicendarsi di figure dimezzate in partenza.
Piuttosto occorre che il PD sia pronto, perché penso che, aldilà delle involuzioni mondano-mediatiche del Presidente-gioielliere, nessuno possa garantire una lunga durata al governo in carica, almeno in questa forma.
Il modo in cui si sta preparando il congresso è piuttosto preoccupante: si è partiti dalla contrapposizione tra candidabili, certo enfatizzata dalla stampa, più che dall’analisi di un PD che ha tenuto in questo giro elettorale, ma che non ha mai entusiasmato dalla nascita, se non nei proclami iniziali.
Si è partiti dunque da una disputa oziosa su nomi che, tutto sommato, si somigliano per opinioni e per provenienza geopolitica.
Non si è parlato delle primarie e dei danni che hanno fatto in questo giro.
Il meccanismo delle primarie va messo in discussione, non tanto a livello teorico, in quanto è il migliore per la selezione partecipata della classe politica, quanto sull’applicazione pratica nel nostro contesto.
Manca oggi in Italia la cultura e la consapevolezza del mezzo “primarie”. Vengono ancora scambiate per scontro personale, regolamento di conti etc.
Piccolo particolare, non certo fondamentale in questa discussione: il sottoscritto, di fronte a questo quadro confuso – che ha ripercussioni evidenti anche a livello locale, e lo si è visto in queste elezioni (penso in particolare a Fidenza) – si toglie dall’agone partitico, e sta a vedere se le premesse del nuovo PD saranno diverse dagli esiti dell’attuale, di cui non do certo colpe a Franceschini o a chi sta portando la croce, a livello nazionale e locale.
Sicuramente io non ho bisogno di un partito fatto così com’è oggi.
Penso invece di avere bisogno, e penso che siano in tanti a pensarla così, di un luogo politico dove ritrovare uno stile costruttivo utile, sia in chiave locale che per risolvere il drammatico problema dell’evoluzione del Paese – e valorizzarne le enormi potenzialità e specificità territoriali in nome del vero federalismo – con riforme e politiche all’altezza delle migliori esperienze europee e mondiali.
Invito dunque Bersani e Franceschini, consapevole che difficilmente avverrà, ad unire le forze e le legittime ambizioni in un “congresso unitario”, per dare al PD quella spinta di cui, con tutta evidenza, ha urgente bisogno.
Li invito a darsi da fare insieme perché i tanti che stanno a vedere come butta riprendano non dico entusiasmo, ma più fiducia e meno dubbi o nausea verso l’attuale situazione.
Evitando con questo anche di liquidare il terzo leader – certo meno carismatico e fondativo dei precedenti, ma complessivamente meritevole e dignitoso – in tre anni. 

                                                                                    Alberto Padovani

* Specifico: il PD appare fasullo in quanto lontano per sensibilità alla vita quotidiana degli italiani, orientato al consolidamento non esplicito, ma sotterraneo e oligarchico, di una classe dirigente ormai piuttosto bollita, non in sintonia con i cittadini e spesso con chi vorrebbe essere rappresentato dal centrosinistra. Le poche eccezioni (vedi Serracchiani) vengono spesso usate come specchio per le allodole del ringiovanimento.

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