La senatrice leghista, Lucia Borgonzoni, e il consigliere regionale, Daniele Marchetti, attaccano la Giunta di via Aldo Moro che sta studiando le carte del decreto Salvini sul tema dell’accesso dei migranti ai servizi sanitari, visto che la Sanità è di competenza regionale: “Il Pd ha perso il contatto con il territorio, ciononostante continua a mettere in secondo piano la nostra gente: Bonaccini e i suoi dovrebbero sapere che durante la fase tecnica di esame dell’istanza, al richiedente asilo – pur non essendo più iscritto all’anagrafe della popolazione residente in base alle nuove norme – continuano ad essere assicurati gli stessi servizi di accoglienza e di assistenza, le cure mediche e i servizi scolastici per i minori”
“Che il Partito democratico abbia perso il contatto col territorio lo ha confermato l’esito della tornata elettorale del 4 marzo scorso, che sia allo stremo e non perda occasione per dimostrare come abbia più a cuore i propri interessi (leggi business accoglienza) rispetto alla nostra gente lo sta dimostrando oggi, quando pensa ad un ricorso alla Corte costituzionale contro il decreto Sicurezza, sul tema dell’accesso dei migranti ai servizi sanitari, consideranto la Sanità come una competenza esclusiva regionale”.
La senatrice, Lucia Borgonzoni, ed il consigliere regionale leghista, Daniele Marchetti,non ci stanno e vanno all’attacco della Giunta di viale Aldo Moro guidata da Stefano Bonaccini.
“Il Decreto Sicurezza – spiegano – è una legge dello Stato italiano e, come tale, deve essere applicata. D’altro canto se il Presidente della Repubblica avesse ravvisato degli evidenti profili di incostituzionalità oppure avesse ravvisato che il Decreto Legge non presentasse i requisiti di necessità e urgenza, non lo avrebbe firmato e promulgato. Ma Mattarella non ha accolto l’appello delle opposizioni e lo ha firmato il 3 dicembre”.
Detto questo, “quelle propinate dal Partito democratico – continuano Borgonzoni e Marchetti – sono delle fake news: l’obiettivo dell’insieme delle disposizioni introdotte dal Governo è quello di riportare a una gestione ordinaria il “sistema asilo”, attraverso il progressivo azzeramento delle istanze pendenti e la contrazione dei tempi di esame delle richieste di asilo. Tant’è che Bonaccini e i suoi dovrebbero sapere che durante la fase tecnica di esame dell’istanza, al richiedente asilo – pur non essendo più iscritto all’anagrafe della popolazione residente in base alle nuove norme – continuano ad essere assicurati gli stessi servizi di accoglienza e di assistenza, le cure mediche e i servizi scolastici per i minori”.
Il decreto Sicurezza voluto dal ministro dell’Interno, nonché vicepremier, Matteo Salvini, fa una chiara e netta distinzione tra “rifugiati” e “richiedenti”, tanto da eliminare ogni tipo di discrezionalità in ordine alle decisioni di concedere o meno il permesso di soggiorno per motivi umanitari. E questo sarà reso possibile dall’introduzione di una tipizzazione dei casi di tutela complementare, con precisi requisiti per i soggetti interessati. In altre parole: “l’aria è cambiata, è finita la pacchia di coloro che decidevano di sperperare i soldi degli italiani con elargizioni sia a vantaggio di coloro che avevano già ottenuto lo status di “rifugiato” (e dunque ne avevano diritto) e coloro che, invece, senza alcun titolo si trovavano nel nostro territorio” pungono i due esponenti del Carroccio.
Su questa tematica il Gruppo regionale Lega Nord, primo firmatario il consigliere regionale Daniele Marchetti, ha depositato il mese scorso un’interrogazione nella quale chiedeva alla Giunta di viale Aldo Moro “se, alla luce del Decreto sicurezza, non ritenesse opportuno modificare le Leggi regionali, le delibere, i protocolli e qualsiasi atto amministrativo che non tenessero conto della distinzione tra “richiedenti” e “rifugiati”.
“Anziché dannarsi per continuare a sperare di poter proseguire a gestire indistintamente i richiedenti asilo e chi invece ha già ottenuto lo status di protezione internazionale (le motivazioni dello studio del ricorso alla Corte costituzionale stanno tutte qui), la Regione Emilia-Romagna farebbe meglio ad adeguarsi alle indicazioni del Governo e a ritararetutti quegli atti amministrativi (leggi, testi, protocolli) promulgati nel corso degli ultimi anni, e che non tengono conto della distinzione tra “rifugiati” e “richiedenti”. Ad oggi il decreto Sicurezza è legge dello Stato, e al Partito democratico non resta che mettersi l’anima in pace” concludono la senatrice ed il consigliere regionale.
La Regione presenterà ricorso alla Corte costituzionale. Il presidente Bonaccini: “Impugniamo solo le parti che stanno generando conflitto e confusione”
Così il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, al termine della seduta di Giunta durante la quale è maturata la decisione di ricorrere alla Corte costituzionale contro parti del Decreto sicurezza.
“La battaglia politica va fatta nelle sedi istituzionali preposte, oltre che in tutti i luoghi e con tutti i mezzi democratici che la nostra Costituzione assicura. Io- sottolinea Bonaccini- faccio il presidente di Regione e il mio compito non è quello di oppormi al Governo o al Parlamento, ma di governare l’Emilia-Romagna. Su questo decreto avevamo espresso diverse preoccupazioni, ravvisando contraddizioni. Alcune di queste si stanno profilando oggi in modo più chiaro”.
In particolare, “stiamo esaminando gli effetti che determina il potenziale conflitto tra norme vecchie ma non abolite e nuove disposizioni, ad esempio in materia di iscrizione all’anagrafe e residenza. Il caos legislativo e la contrapposizione tra Stato e Comuni non sono certo la premessa né per il buon funzionamento dell’accoglienza, né per accrescere la sicurezza delle comunità. La sanità, per fare un esempio, è competenza regionale e assicurare a tutte le persone il diritto ad accedere alle prestazioni sanitarie è compito nostro: lo dico nell’interesse di tutta la comunità, perchè assicurare ai singoli le cure necessarie non è solo un diritto primario dei singoli, ma anche una garanzia di salute per l’intera comunità in cui vivono. Ricordo, per intenderci, che in Emilia-Romagna siamo la Regione che per prima ha imposto l’obbligo vaccinale. C’è quindi in gioco qualcosa che va oltre il sacrosanto diritto da parte di chiunque a ricevere le cure necessarie in caso di urgenza, diritto che non si può rischiare di mettere in discussione”.
“Stiamo quindi vagliando nel concreto tutte le contraddizioni che si determinano nell’applicazione della legge, riprendendo peraltro i rilievi che già avevamo sollevato nel momento del confronto e di cui, mi pare, non si sia tenuto adeguato conto. Abbiamo quindi scelto di adire alla Corte costituzionale impugnando non l’intero Decreto, ma le norme che più direttamente riguardano le Regioni e i Comuni e che stanno generando conflitto e confusione- chiude Bonaccini-. Non per portare su un altro terreno la battaglia politica, ribadisco, ma per dirimere la questione nella sede propria”.