Caro Napolitano, la Turchia non è Europa e non lo sarà mai

2211/2009
16.30

«La Turchia rappresenta un valore aggiunto per l’Europa».
Queste le infelici parole che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha pronunciato nel corso del suo incontro con il Presidente della Repubblica turca Abdullah Gul, aggiungendo, inoltre, il suo desiderio che il negoziato per l’adesione della Turchia alla UE possa procedere senza ostruzionismi né ripensamenti.
In queste frasi del Nostro Presidente della Repubblica tocca constatare, purtroppo, una certa visione del mondo, dogmatica ed astratta, tipica di quelle ideologie del passato che tanto dolore hanno procurato alle genti europee. Auspicare la Turchia come facente parte a tutti gli effetti dell’Europa significa rinnegare la storia stessa del Nostro Continente, ma significa soprattutto sostenere una negativa forma di sincretismo culturale e religioso la quale già da alcuni anni, attraverso il trasferimento di milioni di individui e la cancellazione forzata delle differenze nazionali, sta prendendo corpo e vigore.
Un sincretismo culturale e religioso che tende a rimuovere qualsiasi forma d’identità spirituale a vantaggio del super-mercato globale. La Turchia non è Europa. Non è Europa perché non è una vera democrazia, non è Europa perché è un Paese a stragrande maggioranza mussulmano, non è Europa perché geograficamente la penisola anatolica, che territorialmente rappresenta il Paese quasi nella sua totalità, è parte della cosiddetta Asia Minore, non è Europa perché lì i diritti dell’uomo, così come vengono concepiti da noi occidentali, non vengono rispettati.
L’ingresso della Turchia nell’UE, dunque, rappresenta di certo un’occasione; sì, ma per gli altri. Con la Turchia in Europa si finirà per portare a compimento quel processo di impoverimento intellettuale, economico, e politico del Continente che è già in atto, e a fronte di ciò, i paesi europei guadagneranno soltanto milioni di nuovi lavoratori da sfruttare a costi bassissimi. Già oggi possiamo riscontrare, infatti, come il centro decisionale del mondo sia sempre più lontano dal Vecchio Continente, prova ne sia l’ennesimo schiaffo arrivato ora ai cittadini europei: due sconosciuti alla presidenza e alla politica estera dell’Unione.
Alzi la mano chi ha sentito nominare prima di oggi il futuro Presidente dell’Unione e la futura alta rappresentante della nostra politica estera.
Alzi la mano chi sa che idee hanno dell’Europa, del nostro stare assieme, delle nostre libertà.
Alzi la mano chi sa cosa vogliono fare dei nostri soldi e del nostro futuro. Alzi la mano chi sa che rapporti vogliono tenere con il resto del mondo.
Alzi la mano chi sente l’Unione Europea più vicina ora che ci sono loro.
Non vi posso vedere, ma immagino che nessuno di voi abbia in questo momento la mano alzata: oggi l’Europa è più lontana dai cittadini. È meno democratica e più burocratica. Le decisioni maggiormente rilevanti rispetto a temi quali sviluppo economico, clima, ordine globale, vengono oramai prese tra le due sponde del Pacifico, in particolare tra Cina e Stati Uniti, senza consultare minimamente l’Europa. Prova di quanto appena espresso è il risultato dell’incontro avvenuto in questi giorni tra Barack Obama e Hu Jintao, in cui i due rappresentanti delle due superpotenze hanno deciso, da soli e per tutti, di rivedere al ribasso le strategie globali sul clima da discutere al vertice mondiale di Copenaghen.
È tutto ciò accade mentre in Europa si dibatte sul come eliminare i crocefissi dalle aule scolastiche. 

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