Cavandoli: “Tagli alla cultura per aumentare il numero dei burocrati. Il Governo delle poltrone non può che generare nuove poltrone”

“Il Ministero dei Beni culturali e quello delle Infrastrutture e dei Trasporti come primi atti ufficiali hanno scelto di aumentare il numero delle poltrone di dirigenti e consulenti per una spesa di quasi 2,5 milioni di euro in più, tanto per cominciare. La fame di posti pare non essersi placata con i Ministri e i sottosegretari. Il Governo delle poltrone non può generare altro che nuove poltrone, ma niente di buono per il Paese”, dice Laura Cavandoli, deputato parmigiano della Lega rilanciando la denuncia del collega Centemero che ha sollevato il caso.

“Con il decreto legge n. 104 del 21 settembre 2019, il Ministero per i beni e le attività culturali, oltre a riprendersi le competenze in materia di turismo – strappandole al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – istituisce ‘i posti funzione di un direttore di livello generale e di due dirigenti di livello non generale’. Tradotto in soldoni, 530 mila euro di spesa pubblica per la creazione di tre nuove comode e ben remunerate poltrone, come se non ce ne fossero abbastanza! E per coprire questa spesa vengono tagliate le risorse per il funzionamento dei nostri musei, fiore all’occhiello del patrimonio culturale nazionale”, spiega l’esponente del Carroccio.

“Se possibile, ancora peggio ha fatto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che nonostante avesse già un ‘Organismo indipendente di valutazione della performance’, ha istituito un doppione chiamato ‘Struttura tecnica per il controllo interno’ creando una nuova posizione dirigenziale di livello generale e 12 nuovi esperti e consulenti, per la spesa complessiva di 400 mila euro per l’anno 2019 e 1,5 milioni di spesa per l’anno 2020”, aggiunge Cavandoli.

“La voracità di posti della nuova maggioranza ha moltiplicato le poltrone per accontentare tutte le sue correnti e speriamo si sia ora placata – conclude la leghista parmigiana – la Lega invece non ha esitato a lasciare tutte le poltrone quando i ‘no’ dei nostri ex alleati non permettevano più di lavorare per il Paese. Anche in questo siamo diversi da loro”

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