C’era due volte il candidato Pietro. Vignali in cerca della clamorosa rielezione (di Lorenzo Lasagna)

Lorenzo Lasagna

Caro Direttore,

il 16 marzo scorso scrissi qui, su Parmadaily (LEGGI), che – a poche settimane dal voto e dopo anni di vuoto politico – Pietro Vignali era l’unico candidato in grado di competere con Michele Guerra per il ruolo di Sindaco. Qualcuno mi guardò storto, prevedibilmente. Ma col passare dei giorni, sono sempre più convinto che il mio ragionamento fosse tutt’altro che peregrino: Vignali aveva i motori già caldi, sapeva come affrontare una campagna elettorale, tanto sul piano organizzativo quanto su quello psicologico-emotivo, e poteva offrire competenze amministrative in misura maggiore di qualunque altro pretendente.

Certo, non c’è rosa senza spine: l’ex Sindaco di Parma era anche un candidato divisivo, alla sua esperienza faceva da contraltare la rovinosa caduta del 2011, e la sua discesa in campo rischiava di trasformare la competizione elettorale in una questione di rivincite personali. Le possibili alternative, però, somigliavano molto ad una resa.

E’ ancora presto per dire se, nella somma algebrica tra forze e debolezze, peseranno più le prime o le seconde. Tuttavia, è già possibile fare alcune considerazioni.

Per cominciare, Vignali ha vinto la sua prima (e forse più importante) scommessa: quella della ritrovata agibilità politica. Chi confidava che la sua candidatura sollevasse irriducibili opposizioni e generalizzati moti d’indignazione, si è dovuto mettere il cuore in pace. Com’è giusto che sia in una democrazia elettiva, tutti i cittadini (salvo interdizioni formali) hanno il diritto candidarsi, e tocca agli elettori esprimere nelle urne il loro insindacabile giudizio. Scorciatoie di altro tipo (ostracismi, veti, proscrizioni, patenti d’indegnità morale) appartengono al folklore del tifo politico organizzato, ma non fanno parte della grammatica civile.

Facendo due conti, il mancato appoggio di Fratelli d’Italia al primo turno potrebbe togliere a Vignali punti percentuali preziosi nel match-up con Michele Guerra. Nondimeno, i sondaggi che circolavano nelle settimane scorse fotografano una partita aperta, e anche questo sarebbe un fatto significativo, soprattutto se consideriamo che all’ex Sindaco si contrappone la formula (inedita) di un’amministrazione uscente alleata con la principale forza di opposizione. Roma più Cartagine, per così dire.

Nel lanciare la sua sfida, Vignali ha saputo adattarsi alle mutate circostanze, evitando l’errore di provare a replicare l’irripetibile campagna da predestinato che fece nel lontano 2007. Ha messo perciò gli stivali sul campo di battaglia, come dicono gli americani, e ha percorso la città in lungo e in largo, senza perdere troppo tempo nella tonnara dei dibattiti tra candidati, che notoriamente non fruttano consensi (ma sembrano essere diventati un rituale imprescindibile, al quale è ignominioso sottrarsi). La campagna strada per strada era dunque una scelta obbligata anche se difficile, necessaria a dimostrare che le traversie degli ultimi dieci anni non lo avevano impaurito, e che lui era ancora lì, a correre per la carica di sindaco da persona in carne e ossa, e non come ologramma proveniente dal passato.


LEGGI ANCHE:

La cavalcata solitaria di Giampaolo Lavagetto, alla ricerca dell’onda perfetta (di Lorenzo Lasagna)

Priamo Bocchi: esame di maturità all’ombra del fattore K (di Lorenzo Lasagna)

Dario Costi: l’uomo delle sliding doors alla prova del voto (di Lorenzo Lasagna)

Elezioni comunali, lo spettro inquieto del civismo si aggira per la città (di Lorenzo Lasagna)

L’ostinato gioco al massacro del centrodestra di Parma (di Lorenzo Lasagna)


Come andrà a finire? Difficile a dirsi. A suo favore gioca il livello di competenza. La capacità di affrontare i temi nel merito e in modo diretto, tecnico, senza vaghezze, è un arma importante per accreditarsi come sfidante, e lo sarà anche nell’eventuale prosecuzione della campagna. La politica però non è tecnocrazia, e il principale limite evidenziato dall’ex Sindaco è stato proprio l’eccesso di riferimenti al suo mandato, alle cose fatte. Una debolezza comprensibile sul piano personale, che rischia tuttavia di lasciare freddi gli elettori, apparsi più preoccupati di quanto accadrà che interessati alle operazioni nostalgia.

Comunque sia, se i sondaggi dicono il vero oggi Vignali è l’inseguitore, e non gli basterà dare buona prova di sé per rovesciare i pronostici. Ma la sua ragionevole ambizione di accedere al turno di ballottaggio e giocarsi una spettacolare rielezione, dimostra che – come il Barone Lamberto della novella di Gianni Rodari – il candidato Pietro è di nuovo vivo e vegeto, e ha ripreso la sua corsa.

Lorenzo Lasagna

lombatti_mar24