Il 30 novembre del 2018, a soli 47 anni, se andava Bernardo Cinquetti, artista e intellettuale irriducibile a scuole, ruoli e appartenenze. Per ricordarlo, l’associazione che porta il suo nome organizza uno spettacolo che mette in scena frammenti del suo lavoro attraverso linguaggi e forme d’arte.
L’appuntamento è per sabato 2 dicembre presso gli spazi di Parma Lirica, in v.le Gorizia 2 a Parma. (Per prenotazioni clicca qui ). Nell’occasione Parmadaily ha intervistato Lorenzo Lasagna, amico di Bernardo e membro di ABC, l’Associazione Bernardo Cinquetti.
Cosa resta della figura di Bernardo Cinquetti, cinque anni dopo?
Al di là dell’affetto e delle memorie personali, resta un’opera senza fine e dalle mille forme, un’opera in larga parte ancora sommersa. Solo il tempo, forse, ci permetterà di riunire tutti i frammenti e ricreare per quanto possibile gli spunti, le intuizioni, le occasioni che l’hanno propiziata.
E’ davvero così difficile riannodare i fili del suo lavoro?
Difficilissimo. Per usare una metafora, Bernardo non era un agricoltore. Era un cacciatore raccoglitore. Non puntava a collezionare pubblicazioni e titoli, non metteva mai un punto fermo alle cose che faceva. Anzi, era come se si sforzasse di lasciarle incompiute. Per lui significava farle vivere anziché consegnarle ad un archivio personale che sarebbe somigliato a un museo o, peggio, a un cimitero di lapidi.
Teologia, religione, spiritualità
Canzoni, performance, poemi grafici, fumetto, videoproduzioni. Sembra di capire che molto di ciò che ha fatto sia ancora sconosciuto…
Assolutamente. Non gli interessava il marketing. Per quanto possa sembrare strano, dal momento che aveva spesso comportamenti istrionici, non parlava mai di sé stesso. Era appagato dalle esperienze che faceva e dalle performance, anche le più effimere. Il suo istrionismo si esprimeva a un livello più alto. Era come se dicesse: “Non ho bisogno di raccontarmi. Mi troverete in quello che faccio”. La vita purtroppo ci ha costretti a prenderlo in parola, e oggi possiamo ritrovarlo solo in quello che ha fatto. Questo è il compito di ABC. E dello spettacolo che stiamo preparando, sotto la direzione artistica di Grazia Cinquetti.
Quale aspetto dell’artista Cinquetti ti colpisce di più?
La maggior parte dei linguaggi artistici non li coltivo come autore, per cui il mio punto di vista è inevitabilmente parziale. Non sono in grado di giudicare il Bernardo musicista, ad esempio. Ma posso dire che sui testi delle canzoni (e sulle traduzioni) lavorava in modo decisamente talentuoso. E posso dire che era un eccellente prosatore, con sprazzi di autentico genio. Due spanne sopra le cose che si pubblicano oggi.
Cinquetti era più artista o filosofo?
Era un artista, non c’è dubbio. La filosofia gli ha dato un metodo, ma lui non ha elaborato posizioni originali in ambito filosofico. Non che io sappia, almeno.
Cinquetti e Parma. Che rapporto c’era?
Di Parma Berre amava gli aspetti più vitali e meno retorici. Una tal osteria, un certo giro in bicicletta la sera, una chiesa di quartiere. Alcune espressioni dialettali lo divertivano molto. La parmigianità però gli era profondamente estranea, ed era troppo intelligente per celebrare il culto di un luogo. I luoghi per lui erano esperienze, non cliché. Parma, dal canto suo, non ha capito Bernardo.
Perché?
Perché siamo una provincia. Illuminata, ma pur sempre una provincia. Il cosmopolitismo ci spaventa. E Bernardo ragionava secondo prospettive ampie, guardava sempre oltre la collina. In più, lo ripeto, non promuoveva sé stesso. In provincia se non dedichi energie cospicue al marketing di te stesso, difficilmente ottieni riconoscimenti. AM