E’ morto a 47 anni Bernardo Cinquetti per un male che non è stato possibile curare. Era un filosofo e story editor.
Fu segretario della Sinistra Giovanile. Sostenne Mario Tommasini contro Stefano Lavagetto, ai tempi della prima vittoria di Elvio Ubaldi. Si candidò poi alla Presidenza della Provincia.
Si era trasferito a Parigi per un dottorato di Ricerca in filosofia.
Lascia la moglie e una bambina di due anni.
Il 18 ottobre scrisse su Facebook: “Oggi ho parlato con il mio Orso. Questa volta era alto, era molto più grande di me. Un orso bruno con la pelliccia lunga e folta. Ho sentito la sua presenza, alle spalle era venuto, e mi ha abbracciato da dietro le spalle, protettivo, come si fa con i bambini, avvolgendomi interamente. Protettivo, ma lo sguardo era severo. Non sorride mai, il mio orso.
Poi si è piazzato davanti a me e guadandomi dall’alto dritto negli occhi mi ha parlato con la sua voce profonda e roca.
«Ascoltami, io sono l’Orso. Ma non solo. Io sono la pianta, l’albero a cui ti appoggiavi poco fa, io sono la terra su cui ti sdraiavi e che abbracciavi, io sono il sole che hai sentito bambino in quei rari momenti in cui si sente veramente il sole. Ma sono anche la notte e la paura. E infatti sento che tu ti fidi di me, ma hai anche paura della mia profondità. Eppure io sono molto più di tutto quello che ho detto ora e in modo molto più semplice: io sono te, l’orso, la pianta, la terra, il sole, la notte. Tutto quello che tu sei biologicamente, quel poco o tanto che tu rappresenti nella biosfera. Ascoltami quindi, tu non sei figlio dei tuoi genitori, o non soltanto. Tu sei figlio di milioni di padri, milioni di madri. Tu sei tutti i batteri che ti permettono di mangiare, di vivere. Tu sei le cellule, tu sei il sale che compone le tue ossa, tu sei la luce che ti entra negli occhi, tu sei l’aria che vibra nei timpani, tu sei il mondo che sfiora la tua pelle annullandone il confine. Sono venuto a ricordarti questo, ora che stai per morire. Per troppo tempo lo hai dimenticato, pur avendolo visto e conosciuto come tutti in un giorno, un giorno primitivo della tua vita, per poi dimenticarlo nell’ascoltare le mille favole del dovere, e del dover godere, che ti hanno raccontato. Ecco, sono venuto a trovarti per dirti semplicemente : ricorda. Non c’è niente da imparare, non c’è niente di nuovo da scoprire. Ti basta ricordare ciò che hai sempre saputo ».
Così parlò il mio Orso, poi di nuovo mi abbracciò, mi avvolse tra le sue enormi braccia, forti e delicate, come quelle di un padre amoroso che abbraccia la sua creatura. Io chiusi gli occhi, mi abbandonai a quell’abbraccio. Quando li riapersi, labbraccio c’era ancora, ma lui non c’era più. Ero solo in quel pezzo di foresta. Tornai nella mia casa e registrai. Oggi ho visto il mio orso e ho cominciato a ricordare.”