Inedito e tutto da vedere (e soprattutto ascoltare) l’omaggio che la coppia creativa Elio Germano – Theo Teardo ha dedicato a Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita. Sabato 6 aprile, alle ore 21.15, i due artisti porteranno in scena al Teatro di Ragazzola (esauriti tutti i biglietti disponibili) lo spettacolo “Il sogno di una cosa”. Una serata consacrata al primo romanzo dell’autore di “Petrolio”, lavoro giovanile in chiave neorealista scritto nel primo dopoguerra e pubblicato solo nel 1962.
«Siamo partiti dai suoni che, essendo io nativo di quelle zone del Friuli, Casarza, ho recuperato e registrato personalmente», racconta Teardo, pluripremiato musicista e compositore. Lo spettacolo, una performance musicale e teatrale, punta a riportare in vita quel mondo scomparso in cui si è giocato il futuro dell’Italia, passata dalle passioni e dagli entusiasmi collettivi post-bellici al primo individualismo e al rompete le righe del boom economico. I protagonisti del romanzo pasoliniano sono tre ragazzi umili, figli di poveri braccianti, che decidono di andare in cerca di una nuova vita prima nella Jugoslavia di Tito e poi in Svizzera.
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«Dai nobili ideali e dalla voglia di cambiare il mondo, questi tre ragazzi grazie al cambiamento innescato dal boom economico, approdano a un mondo nuovo in cui prevale il tornaconto personale: è una metafora per raccontare l’Italia», rivela Elio Germano, che in scena oltre a leggere il romanzo, suona vari strumenti tra cui la fisarmonica. “Il sogno di una cosa” si può interpretare come una metafora doppia: una parabola dello scorrere della vita umana, dall’apertura e felicità anche naif della prima giovinezza al disincanto e alla riduzione delle ambizioni della maturità.
Ma anche come il tentativo di eternare e salvare in un’opera narrativa usi e costumi delle genti friulane dell’epoca, chiude Teardo: «Nello spettacolo c’è anche del materiale raccolto dall’etnologo Alan Lomax, che nel 1954, assieme a Diego Carpitella, girò per tutta Italia, casa per casa, chiedendo alle persone di cantare le canzoni tradizionali che conoscevano». Un’epoca in cui la vita veniva celebrata nella sua semplicità e forza primigenia: «Usiamo alcune di queste canzoni, filtrate e trattate come se arrivassero con una folata di vento o da una nuvola: dilatate, rallentate, spazializzate. Ce n’è una in particolare cui sono legato da sempre: è in friulano, si chiama “Olim bevi”, che significa “vogliamo bere”. Il testo è semplicissimo: vogliamo bere il vino vendemmiato quest’anno, vogliamo essere felici».
Per altre informazioni www.teatrodiragazzola.it.
TEATRO DI RAGAZZOLA
sabato 6 aprile ore 21.15