Chi scrive non ha letto i piani industriali dell’ingresso delle Fiere di Milano in quelle di Parma, non ha valutato perizie nè pareri legali perchè questi documenti non sono nella sua disponibilità.
Sull’accordo mi limito, pertanto, a valutazioni complessive e, per quanto nelle mie competenze, strategiche.
Qualche elemento di merito per inquadrare la questione e fare chiarezza:
– Fiere di Milano ha conferito in Fiere di Parma il marchio della sua manifestazione alimentare TuttoFood (che continuerà a svolgersi a Milano) ottenendo il 18.5% delle quote di Fiere di Parma;
– i soci pubblici (Comune di Parma, Provincia di Parma, Camera di Commercio di Parma e Regione Emilia Romagna) non avranno più la maggioranza assoluta delle quote ma rimane il diritto di esprimere il presidente della società (l’amministratore delegato sarà nominato dai privati);
– i soci del territorio, quindi comprensivi di quello privato dell’Unione Parmense degli Industriali, raggiungono la maggioranza assoluta
– i soci privati avranno 5 membri del Cda, i soci di nomina pubblica saranno 4
– sono state stabilite maggioranze qualificate (6 voti in CdA, l’85% delle quote in assemblea) per blindare CIBUS a Parma (il Comune di Parma ha il 15,97% delle quote, quindi nessuno spostamento di Cibus può essere realizzato senza il suo consenso).
Fermo restando che sarà il mercato a determinare le scelte delle aziende su quale fiera partecipare, mi pare che le condizioni contenute nell’accordo siano tutelative nei confronti del territorio e di garanzia per Cibus che contribuisce con una percentuale molto rilevante al totale del turismo di Parma.
Premesse le questioni tecniche, alcune valutazioni politiche personali.
A oggi la delibera sulle Fiere di Parma rappresenta il fiore all’occhiello dell’Amministrazione Guerra, per complessità della trattativa, rilevanza economica, consenso trasversale ottenuto (nessun voto contrario in Consiglio comunale).
L’impressione fin qui è che il sindaco Michele Guerra dia il meglio di sè nelle partite più difficili.
In quelle occasioni conduce in prima persona le trattative, prende per mano la squadra e, dopo momenti di ascolto e confronto, la conduce alla meta. La meta che ha sempre avuto in testa, fin dall’inizio.
Penso anche alla questione dell’aeroporto Verdi che pare ben indirizzata verso l’integrazione in chiave passeggeri con Orio al Serio di Bergamo.
La sensazione è che sia la sua stessa squadra di maggioranza ad affidarsi a lui nei momenti cruciali.
E’ Michele Mike Guerra (leggi “Be like Mike” di Andrea Marsiletti) a prendersi le responsabilità dell’ultimo tiro, quello decisivo.
Come fece Micheal Jordan in quello storico 14 giugno del 1998 al Delta Center di Salt Lake City in gara 6 delle finali NBA tra Chicago Bulls e Utah Jazz.
A 42 secondi dalla sirena Chicago è sotto 83-86.
Scottie Pippen, Dennis Rodman, Toni Kukoc, per non parlare dei vari Luca Longley, Steve Kerr e Ron Harper, si fanno da parte, i Bulls si affidano a MJ.
Ecco la sequenza storica.
Jordan, che aveva appena realizzato 4 tiri liberi consecutivi, si fa consegnare la palla: penetrazione sulla destra… 2 punti (85-86 a 37″ dal termine).
I Jazz attaccano con Stockton, che passa a Karl Malone, dietro di lui sbuca Jordan che gli ruba la palla.
Mancano 19 secondi, la palla è nelle mani di Mike, non potrebbe essere diversamente, i suoi compagni gli lasciano libera la fascia centrale.
A marcare Jordan presso la lunetta c’è Bryon Russell, che quella sera entra anche lui nella storia, suo malgrado. Jordan lo sbilancia con una finta in palleggio con la mano destra, torna sulla mano sinistra e si alza con la lingua fuori per un tiro dai 6 metri.
I mormoni di Utah sugli spalti si mettono le mani davanti agli occhi. Sanno già come andrà a finire.
Ciuf.
Canestro, 87-86 per Chicago a 5″ dalla fine.
I Bulls sono campioni NBA.
Si potrebbe dubitare che ci fosse un fallo in attacco di Jordan ai danni di Russell, per una spinta con la mano sinistra sul gluteo del giocatore dei Jazz che poi scivola e va a terra.
Ma nessuno segnalò il fallo.
Nessuno potrà più dire “Era fallo!”
Forse si trattò di un abbaglio collettivo.
Speriamo per le Fiere di Parma non lo sia stato.