Il caso Laminam torna in tribunale. INTERVISTA a Daniele Uboldi di Legambiente Alta Val Taro

Caso Laminan ed emissioni odorigene a Borgotaro: il 23 marzo la vicenda torna davanti ai giudici del Tribunale di Parma; il punto di vista di Daniele Uboldi, presidente del circolo Legambiente Alta Val Taro, ricercatore di ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ora in pensione, presente in forma ufficiale ai tavoli di garanzia e nel CTS.

Dott. Uboldi, come siamo messi con il caso Laminam? Il 23 marzo 2021 il tribunale di Parma sarà chiamato ancora una volta a decidere sulla vicenda.

Mettiamo alcuni punti fermi.

Il CTS (Comitato Tecnico Scientifico), mediante il suo lavoro, con la collaborazione dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità) e del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), oltre che l’acquisizione degli studi compiuti da Arpae ed ASL, ha oggettivato il problema delle emissioni Laminam. I dati sono quelli che sono e, a mio parere, è sbagliato discuterli. Una volta che i ricercatori dichiarano, nella sezione delle loro relazioni “materiali e metodi”, con quali strumenti, tempi e metodiche siano intervenuti ed abbiano acquisiti i risultati, c’è poco da dire se non accettarli o, diversamente, dimostrare con altri studi la loro inattendibilità. Fino a quel momento, attesa la serietà e l’autorevolezza del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Istituto Superiore di Sanità, non resta altro che prenderne atto.

Però una cosa sono i dati in quanto tali e un’altra le elaborazioni statistiche compiute su di essi.

La prima cosa da farsi doveva essere quella di trovare (o rigettare) la famosa correlazione, di cui si è tanto parlato, tra inquinanti rilasciati da Laminam e i disagi lamentati dalla popolazione. Questo non è stato fatto. La correlazione la si trova quando si individua una variabile dipendente da uno o più variabili indipendenti che, in concorso tra loro, determinano un dato fenomeno: nel nostro caso le molestie odorigene e i sintomi sanitari che hanno dato luogo a migliaia di segnalazioni da parte dei cittadini. Se non si fa questo, e non è stato fatto, il lavoro rimane incompiuto con numerosi interrogativi lasciati aperti.

In tutta la vicenda Laminam esiste un aspetto quantitativo (quanti e quali inquinanti, in quale concentrazione insistono sul territorio di Borgotaro, per quanto tempo e in quali occasioni?) Ed uno qualitativo.

Borgotaro è una località vocata allo “slow” e al “green”. Indipendentemente da ogni altra valutazione è un fatto che inquinanti come la formaldeide (definita cancerogena dall’OMS) siano presente in dose tripla rispetto a omologhe località rurali di montagna; come si evince da uno studio mirato, compiuto da Arpa Piemonte. Non spetta a me dire se questa concentrazione tripla sia tale da provocare, almeno sul medio-lungo termine, un aumento percentuale dell’incidenza di tumori. Questi aspetti li si chiarisce solo con studi epidemiologici di coorte e su di una letteratura di medio periodo che consenta di avere una quantità sufficiente di dati a disposizione, per potere avviare tali studi.

Nei vari tavoli di gestione dell’emergenza e nel comitato tecnico in cui era coinvolto si era parlato di un sistema di controllo, di un progetto di monitoraggio permanente ambientale, con anche la messa a disposizione di importanti risorse da parte della Regione: a che punto siamo?

 Lo stesso CTS, pure escludendo, mediante l’utilizzo di soglie molto conservative, come il DNEL – Derived no-effect level (livello derivato senza effetto è il livello di esposizione a una sostanza al di sopra della quale l’uomo non dovrebbe essere esposto), la possibilità, almeno nel breve termine (quest’ultima affermazione è mia) ricadute sulla salute umana, ha tuttavia preso atto che i disagi segnalati continuano e che devono essere ulteriormente studiati con monitoraggi di tipo prospettico. Il che si traduce in controlli in continuo per un periodo medio-lungo, che permettano di raccogliere una quantità di dati significativi.

Non riesco a capire la posizione dei decisori (Amministrazione Comunale di Borgotaro e Giunta Regionale). Il Tavolo di Garanzia, di cui codeste due Istituzioni hanno fatto parte, ha recepito all’unanimità le raccomandazioni del CTS, a loro volta anch’esse decise all’unanimità dei suoi membri, circa il monitoraggio ambientale e sulla salute dei cittadini, mediante i “medici sentinella”. Con un voltafaccia che non fa onore alla firma che hanno apposto, gli impegni non sono stati onorati.

Oltre tutto, non sono stati presi in considerazione dal CTS l’insieme dei dati prodotti dai vari enti, a cui  ho accennato prima. Non poteva essere diversamente, perchè il monitoraggio dell’ISS è terminato a Ottobre 1919. Dati alla mano possiamo rilevare che tra il modello elaborato dall’Università di Pisa, il report dell’ASL sui prelievi eseguiti outdoor e indoor alla scuola Manara, i precedenti report dell’Arpae, lo studio osservazionale mediante campionatori passivi dell’ISS durato un anno solare, gli studi del CNR, dentro Laminam e presso tre recettori territoriali, mostrano dati con diversi ordini di grandezza. Tutti numeri piccolissimi, intendiamoci, ma se la matematica non è un’opinione, tra 0,04 µg/m3 (Formaldeide modello Università di Pisa, valore medio ai recettori) e 11 µg/m3 (valore riscontrato da ASL alla scuola Manara) esiste un ordine di grandezza differente di cento volte! Come mettere insieme misurazioni in millimetri e metri, come confrontare a livello di peso un gatto con un cavallo, per capirci meglio.

Anche l’ISS nella sua relazione finale ha sottolineato come le concentrazione rilevate nei radielli (sistemi di rilevazione) posti sul territorio e nelle diverse settimane di compionamento mostrino dati di concentrazione assai diverse. Questo dipende da aspetti meteo diffusionali sui quali non si è indagato abbastanza. Infatti il problema odorigeno e dei malesseri a Borgotaro non è dovuto tanto e solo alla concentrazione degli inquinanti, quanto al modo e al tempo coi quali gli inquinanti si disperdono o non si disperdono in atmosfera. Arpae, giustamente, sottolinea come la formaldeide sia un inquinante ubiquitario. Se non esistesse un nesso di causalità dovremmo trovare le concentrazioni di formaldeide nei campionatori passivi sostanzialmente uguale ( al netto di una normale variabilità). Invece non è così. Appare evidente che la distribuzione avvenga in modo anisotropico, ossia in particolari luoghi e non altri, in funzione della direzione dei venti, ma non solo: conta molto in questi fenomeni, il ruolo giocato dalle inversioni termiche, dalla mancata avvezione degli inquinanti verso gli strati alti della troposfera.

Insomma: dubbi, dubbi, dubbi… Quanti ne bastano per opporsi all’archiviazione del caso.

Qualcuno tra i vari comitati e gruppi di cittadini che sono sorti dopo i problemi per le emissioni odorigene del 2017, continuano a insistere che era meglio, anche come Legambiente, non sedersi ai vari tavoli di lavoro: a distanza di qualche anno, che considerazioni farebbe? Che atteggiamento prenderebbe?

Penso di avere già risposto implicitamente a questa domanda. Chi è assente ha sempre torto e perde l’occasione di fare valere le proprie ragioni e di contribuire a definire il piano di lavoro per i controlli. Personalmente ritengo che la partecipazione di Legambiente, del dott. Bernardi e mia sia stata produttiva ed abbia dato risultati.

Qualità dell’aria e qualità dell’ambiente: il Covid ci ha insegnato qualcosa?

Risposta secca: no.

La vicenda del 2017 ha evidenziato la necessità di potenziare gli strumenti di controllo, analisi e di elaborazione specifici per il monitoraggio ambientale: in una scala di priorità, quali sarebbero i primi da mettere in campo?

Anche a questa domanda ho già risposto. Strumentazione adeguata sul territorio, eventuali convenzioni con centri di ricerca e Università per il corretto utilizzo delle apparecchiature ed elaborazione dei dati. In questo novero è sempre in predicato la ricerca ambientale con biomonitoraggio mediante i licheni.

Mauro Delgrosso

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