Cirinnà, Pd: “troppa confusione a discapito dei diritti”

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Il dibattito sulle Unioni Civili ha preso la piega del compromesso: sembrerebbe infatti (e il condizionale è ancora, purtroppo, d’obbligo) che la legge verrà approvata ma con lo stralcio della “step child adoption”, pomo della discordia parlamentare.

Fa bene il premier Renzi a puntare su questa soluzione, visto che pare essere l’unica sostenibile in Parlamento. Molto meglio di niente, del resto salvaguarda in gran parte il testo, istituendo finalmente una tutela giuridica per situazioni “di fatto” già molto diffuse in Italia ancorché prive di una normativa di tutela.

Tuttavia lo stralcio della “step child adoption” assume un valore rilevante per molti aspetti: il Governo ha mantenuto la linea avanzata nel programma elettorale (quella delle Unioni Civili su modello tedesco), ma in Parlamento il dibattito ha assunto connotati strumentali degni della peggior tradizione politica nazionale in un ambito, quello dei diritti civili, che per l’importanza dei temi trattati, avrebbe meritato atteggiamenti ben diversi.

In primo luogo il Movimento Cinque Stelle – da sempre attento a sottolineare la propria distanza dalle “logiche politiche” – dopo essersi dichiarato assolutamente a favore del ddl Cirinnà, verificata la debolezza in casa Pd, ha optato per la virata strategica dimostrando di ragionare sulle convenienze del momento piuttosto che per l’interesse generale, come nella peggiore tradizione della politica nazionale.

Poi le discutibili titubanze di una minoranza del PD, che hanno dato il la a questa inaccettabile retromarcia, hanno finito per indebolire la posizione del governo, davanti ad un provvedimento moderatamente progressista e moderno, figlio di una lunga discussione e di una mediazione rispetto a posizioni di partenza assai più nette.

La “step child adoption” non meritava di diventare il pretesto dietro il quale camuffare l’ennesima discriminazione. Si tratta infatti di un’ipotesi di adozione in un caso specifico, non quindi di riconoscere alle coppie gay il diritto ad adottare, men che meno si tratta di un’istigazione al ricorso all’utero in affitto. Semplicemente il figlio (naturale o adottivo) di uno dei partner potrebbe essere adottato dall’altro partner purché con il consenso del genitore biologico, del figlio se maggiore di 14 anni e il parere positivo del Tribunale dei minorenni (per cui anche i controlli previsti sarebbero stati effettivi).

Invece la maternità surrogata (utero in affitto) è e resta vietata dalla legge italiana. Ma proprio qui sta il punto. Si dovrà infatti prendere atto che la maternità surrogata è lecita in molti altri Stati (anche a noi vicini), ed infatti l’anno scorso sono nati 500 bambini italiani, prevalentemente figli di coppie eterosessuali rivoltesi all’estero per usufruire di questa tecnica. Questo, si badi bene, già accade. La Cirinnà non tratta questo tema e di sicuro non sarebbe il “via libera” per pratiche illegali.

Tutto ciò dovrebbe semmai rendere evidente che il problema della maternità surrogata esiste ed esisterà comunque a monte di un provvedimento che in ogni caso nulla toglierebbe ai divieti esistenti (che evidentemente non sono così efficaci).

In Senato invece ci si è strappati le vesti, scegliendo essenzialmente di bypassare del tutto la questione, mettendo addirittura a rischio con ridde di emendamenti, rinvii e stralci, un provvedimento che invece ha l’indiscutibile pregio di eliminare discriminazioni tra cittadini in base all’orientamento sessuale (secondo la Costituzione Repubblicana) e che il governo cerca giustamente di salvare.

Per quanto detto sopra, sorge il sospetto che il problema step child sia stato solo “ideologico” o peggio ad appannaggio dei consensi e delle convenienze di bottega.

Come cittadini ci aspettiamo altre politiche a tutela della famiglia tradizionale a partire dalla prevenzione delle violenze domestiche, degli abusi sui minori o, come il Governo ha iniziato a fare, provvedimenti a sostegno dell’educazione, di lotta alla povertà e supporto alla ripresa del lavoro.

Il PD cittadino già si era espresso in favore del ddl Cirinnà in occasione della giornata del 23 gennaio e resta schierato, come la grande maggioranza del PD, a sostegno della legge. Pensiamo che non si possa continuare a giocare sulla vita privata delle persone.

Questa proposta di legge avrebbe dovuto essere approvata per intero, con un atto di responsabilità politica che avrebbe fatto onore alle libere coscienze. La speranza è l’ultima a morire, ma a fronte di questa pessima pagina di politica interna, auspichiamo che almeno il provvedimento delle unioni civili possa vedere un’approvazione nelle prossime settimane. Siamo ormai ben oltre il nostro storico ritardo nel riconoscimento dei diritti: il tempo è decisamente scaduto.

Caterina Bonetti, presidente assemblea comunale PD

Lorenzo Lavagetto, segretario cittadino PD Parma