“In un mondo migliore”

30/12/2010

Christian non ride e non perdona mai. Rimasto orfano si trasferisce in Danimarca con il padre, nella nuova scuola incontra Elias, timido, pestato dai bulli d’ordinanza, genitori perfetti sul lavoro e meno nella coppia. I due scolaretti cominceranno insieme un cammino verso il male sotto gli occhi impotenti dei pur coscienziosi genitori.
Candidato danese per la corsa agli Oscar 2011, In un mondo migliore è l’ultimo film di Susanne Bier, una delle registe scandinave più famose. Come in Dopo Il Matrimonio, la Bier imposta un racconto spola tra famiglia e diverse realtà: povertà e ricchezza.
In un mondo migliore quindi è un viaggio a colpi di montaggio alternato tra l’Africa dei medici da campo e la Danimarca opulenta dei borghesi. Allieva di Lars Von Trier, la regista ha qualche lascito del dogma: le zoomate improvvise nei momenti cruciali, ma più che forma porta in dote quel contenuto raggelante e intenso, bollino di qualità dei film danesi.
“C’è del marcio in Danimarca” e ovunque. Non esiste primo o terzo mondo: con una regia di minimalismo deciso l’autrice danese evita i sociologismi e suggerisce, con tensione costante e perfetta, che la violenza nasce in qualsiasi luogo e condizione sociale, non c’è contesto o spiegazione socioculturale che tenga. La civiltà e il progresso sociale sono bei vestiti da indossare ma si rovinano quando c’è lutto, morte, sofferenza: tre bestie divoratrici dell’evoluzione simbolo del Nord Europa. I genitori, vessilli della buona educazione, sono la parte più debole e soccombono all’ira dei figli che non riescono pure sforzandosi a guidare, perché l’istinto ha una marcia in più, come le interpretazioni degli adulti di questo film: Mikael Persbrandt, Trine Dyrholm e Ulrich Thomsen, entrambi già visti nel capolavoro Festen.
In questo gioco al massacro dei buoni sentimenti, in questa cattiveria malcelata sembra di essere davanti a un grande film. Ma anche i vetri più robusti hanno il proprio punto debole e il martello distruttore è un finale così buonista e urticante che non giustifica una pellicola così validamente nera.



(Si ringrazia Mymovies.it per la collaborazione)
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