
Il progetto del nuovo stadio Tardini, come prevedibile, è da subito diventato un tema caldo che divide l’opinione pubblica, con un Comitato di cittadini che si oppone da mesi e a gran voce al faraonico progetto del Parma 1913.
Anche l’iter comunale non è stato esente da contrasti. È recente l’approvazione da parte del Consiglio Comunale della delibera che stabilisce il pubblico interesse della realizzazione del nuovo Tardini, ma l’ok è arrivato con i soli voti della maggioranza e di Marco Maria Freddi del gruppo Misto. Contrario il Pd, la consigliera Roberta Roberti (Misto), il consigliere Giuseppe Massari (Parma Protagonista) e di Luna Colli. Astenuta la Lega e Fabrizio Pezzuto (Parma Unita).
Di questo tema abbiamo parlato con Luca Carra, ex manager all’Erreà e già amministratore delegato del Parma delle tre promozioni (e delle due salvezze) consecutive che oggi continua a seguire progetti in ambito sportivo e a fare consulenze aziendali.
“Mi occupo di startup, innovazione e modelli di crescita sostenibili – spiega -: temi fondamentali oggi, ai quali le aziende non possono rinunciare per essere competitive”.
Da ex amministratore della squadra crociata i conti e i progetti delle società di calcio li conosci bene. Che idea ti sei fatto del progetto di Krause e delle polemiche che ci sono in città?
In un periodo dove i diritti televisivi sono destinati a calare, dove gli spettatori allo stadio sono limitati da diversi fattori, anche esterni e dopo che le raccolte da sponsorizzazioni hanno raggiunto un limite difficile da incrementare, è vitale per una società di calcio cercare ossigeno laddove ci siano margini di guadagno. E lo stadio è una risorsa che in Italia ancora pochissime squadre hanno utilizzato, a causa dell’eccessiva burocrazia e delle proprietà comunali degli impianti, ma che può garantire margini consistenti e diventare un asset importante in futuro per rimanere competitivi in ambito sportivo. Ma non è solo questo’. Parma ha da sempre il suo stadio in città. Oggi quell’impianto ha urgente bisogno di una importante e costosa riqualificazione. Un privato disponibile a coprire l’intero investimento, con le dovute attenzioni e precauzioni pubbliche, credo sia un’occasione difficilmente ripetibile.
Della sicurezza e dell’impatto urbanistico cosa pensi?
Le esperienze all’estero dicono che le società che hanno demolito i loro stadi in città, li hanno ricostruiti con successo ancora in città. Pensiamo a Londra che ha tanti impianti tra le case dei quartieri di appartenenza delle squadre. Penso che le cose belle e sensate valorizzino i contesti. Lo stadio c’era anche prima, il bacino di tifosi del Parma è quello quindi non penso che uno stadio diverso possa portare un incremento esponenziale di tifosi, ma potrebbe dar loro la possibilità di vivere la partita con tutti le comodità che oggi si pretendono e regalare alla città uno spazio moderno, vissuto tutta la settimana e in linea con il quartiere e con la tradizione del Tardini.
C’è chi non è d’accordo.
Ogni cambiamento trova anche delle resistenze e alcune delle obiezioni di chi è scettico sul progetto sono anche comprensibili, ma c’è anche una dimensione più generale delle cose di cui tenere conto. Io credo che complessivamente il nuovo stadio, se realizzato nelle dimensioni e nei modi adeguati, possa avere un impatto positivo sulla città, anche sulla vita del quartiere stesso. Bisogna ritrovare quello spirito che fa remare tutti nella stessa direzione.
Un po’ quello che accadde nel Parma dei miracoli, quello del ‘Come noi nessuno mai’
Mi fa piacere che si ricordi quel percorso che portò una città intera a essere partecipe, responsabile e protagonista di un traguardo, quello di far risorgere dalle ceneri di un fallimento una società gloriosa con oltre cento anni di storia. Grandi imprenditori, grandi giocatori e grandi tifosi, tutti insieme.
Quell’avventura riuscì a unire tutta la città. Un miracolo sportivo, ma non solo…
Infatti, fu una vittoria di tutta una comunità. Lo sport alla fine è una grande metafora della vita: quella Parma che ha saputo prendere per mano e accompagnare la sua squadra di calcio dall’inferno del fallimento alla serie A, saprà superare anche le crisi che stiamo vivendo oggi, sanitaria, economica e sociale. Io vedo questa città forte di enormi risorse e grandi potenzialità. Le ha nel campo del volontariato, dell’associazionismo sportivo, in quello culturale, imprenditoriale, ha grandi ricchezze artistiche e una tradizione in diversi campi, come quello agroalimentare, da far invidia a tutto il mondo, eppure sembra faccia oggi un po’ fatica a trovare quell’unità che invece ha dimostrato di avere quando ha sostenuto l’impresa del Parma o in altri momenti della sua storia.
Per esempio?
Penso a 20 anni fa, alla fine degli anni ’90, questa città ha iniziato a crescere, recuperando un ritardo che aveva in molti campi e si è messa alle pari con le altre. Anzi in molti casi è diventata un catalizzatore e un incubatore di idee innovative. Mentre tutta l’Italia si divideva tra Destra e Sinistra, qui si aveva l’impressione di vivere qualcosa di diverso: Parma sembrava aver trovato una direzione comune che l’ha portata a migliorare e l’ha posta al centro di processi di sviluppo territoriale, senza perdere per strada il suo modo di vivere, la sua cultura, le sue tradizioni. La parmigianità, insomma. Un lavoro che è rimasto incompiuto e che non è stato portato a termine. Parma ha tutte le risorse per farlo.
“Alla fine degli anni ’90 Parma ha iniziato a crescere. Un lavoro rimasto incompiuto. Parma ha le risorse per portalo a termine”
Da quando ti interessi anche di politica?
Sono un tifoso del Parma e di Parma. Un persona che ama la sua città. Più che la politica mi interessa, da sempre, il bene della mia comunità. Trovo che occuparsene non sia solo un diritto, ma anche un dovere di cittadino. Per questo mi spiace oggi vederla in difficoltà. Non è un’impressione solo mia, ma di tante persone con cui parlo.
Sembra una discesa in campo…
Davvero? Non ho mai avuto ambizioni politiche. Anche far bene il proprio lavoro è qualcosa che ha a che fare con il bene comune.
Eppure il tuo nome circola, evidentemente le persone parlano anche di te.
Ah, è così? Si vede che parlano a bassa voce: io non ho sentito niente (ride ndr).
Tatiana Cogo