La procura di Parma scopre un giro di false regolarizzazioni di immigrati: un arresto e 34 persone indagate

Nella mattina del 24.6.2022, la Polizia di Stato di Parma, in esecuzione di una ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari disposta dal GIP presso il Tribunale di Parma su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha tratto in arresto A. M., cittadino pakistano, classe 1996, indagato per i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso ideologico per induzione in errore. Il predetto è indiziato di aver prestato consulenza ed ausilio a cittadini stranieri che avevano bisogno di ottenere il permesso di soggiorno, ma privi dei titoli legittimi per ottenerlo, fornendo loro falsa documentazione, coadiuvandoli nella presentazione delle domande ai competenti uffici e facendosi remunerare per tali prestazioni con somme di denaro non inferiori a 1000/1500€.

In particolare, l’attività investigativa condotta dalla Sezione Reati contro la Pubblica Amministrazione della Squadra Mobile ha consentito di appurare che A. M. stesse sfruttando le “opportunità” offerte dal Decreto Legge 19 maggio 2020 n. 34 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonche’ di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” c.d. decreto rilancio.

Nel corpo di tale normativa, all’art. 103 il Legislatore aveva introdotto una specifica disciplina volta a favorire l’emersione dei rapporti di lavoro irregolare e la possibilità del rilascio di uno specifico titolo di soggiorno per i lavoratori stranieri “emersi” a cui A.M avrebbe fatto ricorso per regolarizzare la posizione di stranieri privi di regolare permesso di soggiorno, pronti a pagare di tasca propria i contributi previdenziali per simulare la sussistenza di un rapporto di lavoro; il tutto dietro compenso da versare all’intermediario e al finto datore di lavoro.

L’attività investigativa ha preso abbrivio dagli accertamenti operati sul conto di un cittadino straniero irregolare che, innanzi al Giudice di Pace di Torino – chiamato a convalidare l’espulsione con accompagnamento alla frontiera disposta dal Prefetto di Parma – ha riferito che aveva presentato istanza di emersione ai sensi dell’art. 103 DL 34/20 in quanto badante “in nero” di un cittadino parmigiano, così evitando l’espulsione dal territorio nazionale.

Gli accertamenti effettuati nel prosieguo dell’attività investigativa hanno consentito, da un lato, di riscontrare che, effettivamente, lo straniero avesse presentato domanda per il riconoscimento dello status di lavoratore “emerso” ma, dall’altro, che il presunto lavoro di collaboratore domestico fosse del tutto fittizio.

Nel corso dell’intera attività investigativa, la Procura ha analizzato, una pluralità di rapporti di lavoro riconducibili alla citata normativa, ritenendone fittizi in numero di diciotto, alla luce della ricostruzione delle pratiche di emersione pendenti non solo presso l’Ufficio Immigrazione e la Prefettura di Parma, ma anche presso gli omologhi uffici delle province di Mantova, Cremona e Reggio Emilia.

A.M, in particolare, è indagato per la gestione delle pratiche relative a sette stranieri, mentre le ulteriori pratiche, con il medesimo ruolo e le medesime modalità, sarebbero state gestite da J.B., cittadina indiana classe ’87: in relazione alle condotte perpetrate da quest’ultima, il GIP di Parma ha rilevato l’incompetenza del Tribunale di Parma, a favore di altro Tribunale, nella cui giurisdizione si sarebbe consumato il primo e più grave reato tra quelli contestati nei suoi confronti.

Complessivamente, oltre ad A.M e J.B. (intermediari), nell’ambito del procedimento risultano indagate trentaquattro persone, tra datori di lavoro e lavoratori (in base a rapporti di lavoro che, ovviamente, allo stato degli atti debbono ritenersi di natura fittizia), “beneficiari” della procedura di emersione.

In particolare, ai datori di lavoro ed agli intermediari sono contestati reati di favoreggiamento dell’immigrazione, falso in atto pubblico e – per la sola J.B. – anche il delitto di traffico di influenze illecite; ai lavoratori vengono contestate le false dichiarazioni rese e la falsa documentazione prodotta nel corso della procedura di emersione dal lavoro irregolare.

La rilevanza pubblica della notizia, oltre che dal numero dei soggetti coinvolti, emerge dalla circostanza che, ancora una volta, norme introdotte per finalità socialmente avanzate (non a caso denominato decreto rilancio), vengono di fatto piegate per soddisfare esigenze di singoli, mediante una ben architettata elusione dell’impianto normativo.

Il Procuratore della Repubblica dott. Alfonso D’Avino

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