“L’accoglienza negli Stati Uniti è sempre ottima”

30/10/2012

C’è davvero tanta tradizione nel DNA di questo quintetto che nasce come rock band ma che, senza voltare affatto le spalle al rock, cerca un linguaggio personale.
La band si è raccolta intorno al nucleo degli N-Rose, un trio imperniato sulla passione per le sonorità acustiche della musica folk americana. Il progetto RAB4 nasce sul finire del 2010, l’intento è quello di proporre una miscela di svariate forme musicali assorbite in quasi trent’anni di musica.
Il repertorio della band, un misto di classici americani e di brani originali in inglese (seconda lingua del cantante e fondatore), alterna momenti intimistici e quasi del tutto acustici a sonorità più grezze e slanci rockblues, nel solco della tradizione, senza mai voltare le spalle all’esperienza britannica. Il loro CD, Folk’n’Roll, prodotto interamente della band tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, è un compendio di tali variegati flussi creativi, una piccola oasi di musica americana “made in Europe”.

Di recente sei stato negli amati e già noti Stati Uniti. Con la band siete tornati da pochi giorni dopo tre settimane nella patria del Rock ‘nd Roll e del Jazz.
Siamo ritornati in Italia il 20 ottobre dopo aver suonato in diverse località nord americane: Denver, Boulder, Nederland, Alamosa (appartenenti allo stato del Colorado); Santa Fe, Terlingua, Austin ( in Texas).
L’esperienza è stata naturalmente molto intrigante. L’accoglienza è sempre ottima.

Quali band ti hanno influenzato musicalmente?
Le band che mi hanno influenzato sono centinaia. Posso solo farti qualche nome, tra i più eclatanti: Beatles, Creedence Clearwater Revival, Byrds, Bob Dylan, Jimi Hendrix, Little Feat, C,S,N &Y, Mississippi John Hurt, Bill Withers. Ci tengo a sottolineare che sono solo alcuni nomi dei tanti che mi hanno condizionato a livello stilistico.

E a livello letterario, quali libri ti hanno “formato”dal punto di vista narrativo?
Ti faccio qualche esempio soltanto: “Il buio oltre la siepe” (Harper Lee), “Jude l’oscuro” (Thomas Hardy), “La valle dell’Eden” (John Steinbeck).

Parlando degli Stati Uniti, non possiamo dimenticare il cinema come espressione della cultura di un popolo molto variegato. Al riguardo hai un film preferito?
Non mi stanco mai di rivedere: “Il cacciatore” (Michael Cimino), “Un dollaro d’onore” (Howard Hawks), “Scaramouche”, “Silverado” (Lawrence Kasdan).

Come giudichi la scena musicale parmigiana e parmense?
Quanto alla scena musicale parmigiana, direi che è lo specchio di quella nazionale. Il fermento non manca, perchè di ragazzi con voglia di dire qualcosa ce ne saranno sempre, dovunque.
Non mi pare che Parma sia più attiva o meno attiva di altre realtà. Mancano però due cose, che per la verità latitano anche altrove: i locali che diano spazio ai musicisti e la voglia di percorrere una strada personale. Se tu vai in giro a sentire band, tre su quattro suonano pezzi di altri e non provano nemmeno a distaccarsene. E’ la via considerata più semplice e breve, ma a mio avviso non porta da nessuna parte. Quello che nel mio piccolo ho sempre cercato di fare è infilarmi nel solco della tradizione (al punto da scrivere in inglese e, soprattutto, dal fare della lingua inglese la mia seconda lingua), ma di farlo a modo mio, fondendo le migliaia di influenze musicali che ho assorbito negli anni.

Perchè gusti e costumi americani nel fare musica?
Il riferimento alla cultura made in USA è quasi un obbligo. Mi spiego meglio. Se tu fossi cinese (o australiano o uzbeco o che so) e ti appassionassi alla lirica, non potresti che accostarti al melodramma italiano e, nella fattispecie, a Giuseppe Verdi e alla nostra provincia. Se si pensa che Mozart scriveva opere con libretto in italiano perché quella era la lingua del melodramma, il quadro si schiarisce. Ma, lingua a parte, la musica internazionale è figlia o nipote del fenomeno americano degli anni ’50 che va sotto il nome di Rock’n’Roll, a sua volta erede di una ricca e variegata tradizione popolare che non ha, e penso non avrà mai, alcun eguale da nessuna altra parte.
Si tratta di un fenomeno irreplicabile perchè mette insieme la musica e la cultura dei bianchi europei con quelle dei neri d’Africa, per quanto inizialmente attraverso violenze e costrizioni (e forse sono proprio questi aspetti a rendere il fenomeno ancor più intenso). In più, lo scenario naturale americano, con i grandi spazi e il senso di libertà, l’idea del viaggio “on the road” (caro a tanti scrittori come a tanti cantautori) e quella miscela di patriottisimo e individualismo sfrenato (ben delineata da tanti film) esercitano un fascino che regge tuttora.

Parole, scritte, cantante o semplicemente sussurrate. Che strumento grandioso la parola in tutte le sue molteplici sfumature. Al riguardo dedichi tempo alla lettura, che apre la mente, a mio avviso amplia la visione del mondo e ricrea incessantemente nuovi punti di vista e pertanto stimola l’uomo nel rapportarsi con le cose e i propri simili.
Per quanto mi riguarda, libri e musica sono un tutt’uno. Leggo di tutto (anche e soprattutto per lavoro), ma principalmente noir, solo perché in fondo si tratta del romanzo d’avventura moderno. Una volta c’erano i cowboy e gli indiani, i romani e i popoli che conquistavano oppure i gladiatori contro i legionari, i corsari e gli eroi cavallerschi, oggi le stesse emozioni vengono idealmente ricreate attraverso storie attuali più o meno fosche, dove buoni e cattivi si sfumano.
Ma, ripeto, leggo di tutto, purché ci sia uno sviluppo narrativo. Concordo nella lettura quale mezzo per conoscere meglio sè stessi e capire il mondo che ci circonda e di cui siamo parte attiva. La letteratura non è solo evasione o svago, ha un carattere complesso come complessa la psiche dell’uomo e la società in cui vive.

I componenti dei RAB4 sono:
Seba Pezzani – Voce e chitarra
Thierry Binelli – Batteria
Roldano Daverio – Chitarra
“Magico” Umberto Minoliti – Organo
Danilo Bandini – Basso

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