L’azzardo finale di Pizzarotti: fidarsi di Renzi (di Andrea Marsiletti)

Pizzarotti ha giocato le sue carte, e gli è andata male.

Dopo dieci anni da sindaco di Parma ha tentato di entrare in Parlamento.

Ha fatto bene a provarci, non ce l’ha fatta.

Per la nostra provincia sarebbe stato meglio avere un parlamentare parmigiano in più che uno di meno. E’ lapalissiano, a prescindere dalle legittime opinioni di ciascuno su Pizzarotti.

In questo ultimo mese Pizzarotti si è mosso con spregiudicatezza e disprezzo del pericolo.

Ha compromesso (rotto?) un rapporto strettissimo con Stefano Bonaccini che aveva costruito in tanti anni. Nel giro di due settimane ha rotto con il terzo polo di Renzi e Calenda.

A mio giudizio, anche se in posizioni ineleggibili, avrebbe fatto meglio a fare buon viso a cattivo gioco e rimanere candidato per il terzo polo e quindi dentro un progetto politico per quanto incerto esso sia.

Pizzarotti appare oggi fuori dai giochi.

E pensare che fino all’ingresso di Calenda nel Terzo Polo, era diventato l’interlocutore di Renzi nella costruzione del nuovo “centro”, al punto che la lista doveva chiamarsi “Matteo Renzi con Lista civica nazionale”.

L’entrata in scena di Calenda gli ha rovinato i piani. Fin dalla sua prima dichiarazione (“Pizzarotti è una brava persona, su di lui decide Renzi“), si era capito che il leader di Azione era molto freddo nei suoi confronti. Pizzarotti, da protagonista fondatore del nuovo soggetto politico su tutti i media nazionali, si è trovato declassato ad aspirante candidato in quota Italia Viva.

A quel punto Pizzarotti non aveva altra scelta che mettere il suo futuro politico nelle mani di Renzi. Sembra un azzardo, se non follia, al solo pronunciamento di queste parole.



Al di là dei precedenti non rassicuranti sulla “serenità” dei suoi protetti, era prevedibile che Renzi, chiamato a scegliere se difendere i fedelissimi del “Giglio Magico” (Maria Elena Boschi, Luigi Marattin, Ettore Rosato, Teresa Bellanova, Elena Bonetti, etc.) o Pizzarotti, buttasse a mare l’ex sindaco di Parma, che infatti al fotofinish è stato retrocesso, a sua insaputa, nella posizione in lista.

Nei pochi posti a disposizione, Renzi ha candidato parlamentari di comprovata osservanza, che erano usciti con lui dal Pd e si erano fin dimessi da ministri all’ordine del leader.

Renzi chiede ai suoi di prendere i voti dell’obbedienza. Come il gesuita Ignazio di Loyola ai monaci del suo ordine ai quali prescrisse come prima regola quella di obbedire, sempre e comunque, al Papa e ai superiori: “Qualunque gesuita abbia fatto voto di obbedienza si deve far portare e reggere dalla Provvidenza per mezzo del superiore come se fosse un cadavere, per indea cadaver, che si fa portare dovunque e si fa trattare come più piace“. Come un cadavere. All’epoca non c’erano ancora i film sugli zombie ma l’immagine ha la stessa forza macabra.

Non sapremo mai se Pizzarotti si sia rifiutato di pronunciare quei voti o se Renzi non abbia creduto alla sua incondizionata fedeltà.

Pizzarotti sarebbe stato utile al Terzo Polo a livello di immagine. E’ stato un errore escluderlo.

Vedremo chi (e quanti) saranno i cadaveri che rimarranno sul campo.

Andrea Marsiletti

lombatti_mar24