L’ostinato gioco al massacro del centrodestra di Parma (di Lorenzo Lasagna)

Lorenzo Lasagna

Caro Direttore,

nel racconto La paura, di Federico De Roberto, un ottuso tenente italiano pretende che i soldati della sua unità occupino una postazione esposta al tiro degli austriaci (ungheresi, per la verità), e li guarda morire uno dopo l’altro, senza mutare il proprio intendimento neppure davanti a quell’insensata carneficina. Da un po’ di tempo, qualcosa di simile sta accadendo (solo per metafora, fortunatamente) anche tra le fila del centrodestra italiano.

Non sono bastate le Amministrative di ottobre, nelle quali una leva di aspiranti sindaci del tutto impreparati è stata sbaragliata nei confronti elettorali per il governo delle grandi città. E non è bastata nemmeno la debacle del Quirinale, quando nel giro di poche ore, donne e uomini dal rispettabilissimo profilo politico e istituzionale sono stati crudelmente immolati lungo il camminamento che andava percorso per occupare l’agognato caposaldo presidenziale.

Non si capisce a cosa sia dovuta questa sindrome del gioco al massacro. Non certo alla sovrabbondanza della materia prima, considerata l’esiguità della classe dirigente (locale e nazionale) su cui possono contare, senza eccezione alcuna, i partiti italiani. Eccesso di conflittualità tra le forze della coalizione? Scarsa capacità di manovra e di visione? Confusione tra il bisogno di comunicare con rapidità e i pericoli insiti nell’agire con avventatezza? Difficile a dirsi. Di certo il refrain non sembra cambiato sulla scena cittadina parmigiana, in previsione delle elezioni per il rinnovo del Sindaco, che ormai distano da noi una manciata di settimane.

Se il campo larghissimo del centrosinistra ha partorito lo stravagante (e non esente da rischi) abbraccio tra pizzarottiani e Pd, il centrodestra si è sin qui limitato a replicare il copione della cruenta passerella di nomi da impallinare con tutto comodo.

Ha aperto le danze Filippo Mordacci, candidato civico dal profilo di grande interesse, tenuto in ghiacciaia sin quando il tempo per la costruzione di un progetto politico intorno a lui era drammaticamente scaduto.

Lo ha seguito a ruota Luca Carra, capace manager con forte spirito di servizio, lasciato per settimane senza una sponda politica adeguata.

E’ stata poi la volta di Danilo Coppe, stimatissimo specialista di tutt’altro (come Bernardo a Milano), autore di una lettera aperta di auto-candidatura che il meno esperto dei comunicatori politici avrebbe cestinato dopo la terza riga. Il tiratore austriaco (o ungherese), invece, non avrebbe chiesto di meglio.

E non è detto che la lista non debba allungarsi, dato che il nome del coraggioso fante in grado di raggiungere la piazzola non sembra ancora essere uscito dal cappello. Il colmo sarebbe che alla fine la scelta cadesse su un profilo talmente debole (e perdente) da superare indenne il fuoco dei veti incrociati, magari solo perché il cecchino ha avuto un colpo di sonno. Staremo a vedere.

Altre idee? Chi scrive non ne ha, anche perché il tempo trascorso (perso?) è oramai troppo. Diciamo solo che andrebbero quantomeno evitate le soluzioni ad effetto. Le boutade. La politica non si fa con i colpi di genio, ma col paziente lavoro di tessitura e con l’incastro delle opzioni effettivamente percorribili.

C’è un elefante nella stanza, naturalmente. Quel Pietro Vignali la cui candidatura presenterebbe molti rischi, ma avrebbe più di qualche chance di sbaragliare il quadro (specie nel caso di un abbinamento tra il voto per i sindaci e i referendum sulla Giustizia).

E infine c’è l’opzione (come direbbero i francesi) di retrocedere per meglio saltare, cioè esprimere una candidatura di visione, destinata probabilmente alla sconfitta sui tempi brevi, ma da leggersi in prospettiva (sul modello ideato da Ubaldi nel 1994, quattro anni prima della vittoria contro Lavagetto). C’è però il solito problema: questa politica è capace di tempi lunghi? O riesce solo a massacrare i propri soldati per operazioni di giornata? Lo capiremo presto.

Un caro saluto a te a i tuoi lettori.

Lorenzo Lasagna

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