
06/05/2009
“Influenza suina”, ma quanto c’entrano i maiali? Quali rischi per le azione che lavorano carne suina?
Alice l’ha chiesto al giovane imprenditore Alessandro Filippini.
Filippini il mondo dei piccoli agricoltori dei suini è sul piede di guerra dopo la tempesta sull’influenza “suina” che poi a quanto pare suina non era.
Esatto. Il settore delle carni suine è in ginocchio: i piccoli produttori sono pronti ad una doppia denuncia contro l’Organizzazione Mondiale della Sanità e contro il decreto salumi dell’allora Ministro Alemanno che permette di mischiare carni italiane e straniere senza avere tracciabilità.
Con l’Assosuini, una nuova associazione indipendente, stiamo predisponendo un esposto al Garante delle Comunicazione l’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha tardato dieci giorni per spiegare che le carni suine in questo virus non c’entravano nulla.
Cosa ha comportato questo ritardo comunicativo mentre sui mass media internazionali impazzava la parola d’ordine dell’ “influenza suina”?
Ha creato un danno enorme in un settore già fortemente in crisi Qui, ad esempio, il bollettino paga 1.03 centesimi al chilo la carne suina dopo il clamore mediatico dei giorni scorsi, quando il costo di produzione è di 1.20-1.30 al chilo. Questo si traduce che per ogni suino del peso medio di 160 chili venduto, si perdono circa 50 euro invece che guadagnarli.
Per una piccola azienda come la vostra cos’ha comportato?
In una settimana di tempesta mediatica sull’allarme “influenza suina” che influenza non era, in una piccola azienda come la nostra questo si è tradotto in qualche migliaio di euro di debiti.
Vuole dire che vendete e lavorate in perdita?
Sì, il nostro settore lavorava in situazione di perdita già prima, ma il falso scandalo delle ultime settimane ha aggravato la cosa. A questo si aggiungono altri gravi fenomeni.
Quali?
Chi acquista le carni lo fa ugualmente ora a basso prezzo. Ma non le rivende. Le mette in freezer e poi le rivende in momenti migliori, intanto noi siamo sull’orlo del fallimento. Queste situazioni favoriscono solo i grandi gruppi e le multinazionali, i piccoli imprenditori sono al collasso.
E’ crisi nera quindi nel settore agricolo per le piccole realtà?
Sì. Pensate a questo. Due anni fa la nostra azienda, a gestione familiare e dove lavoriamo in tre giovani, pensava a costruire un impianto fotovoltaico da 90 Kv sui tetti delle strutture. Un investimento per il futuro.
Poi la crisi e scelte sempre che danneggiano i piccoli. Quest’estate abbiamo dovuto licenziare un operaio, che per fortuna ha trovato lavoro, ora anche io sono al bivio ed ho già chiesto, essendo laureato, di poter svolgere supplenze all’Itas Zanelli. Non si sa mai.
Siete sul piede di guerra anche su un altro fronte. Il decreto salumi.
Sì, abbiamo contattato dei legali anche per preparare un esposto contro il decreto salumi dell’allora Ministro Alemanno. Nessuna organizzazione sindacale ha fatto nulla in questi anni per contrastare questa norma assurda che permette di mischiare le carni italiane con il 10% di carni estere.
Ma chi controlla che sia solo il 10%? Chi controlla da dove vengono? Chiediamo la tracciabilità delle carni suine, come già avviene per quelle bovine. Questo per garantire che ciò che si mangia sia veramente made in Italy.