Pinardi: “Democrazia e Libertà in Myanmar significa Libertà e pari diritti per tutte le popolazioni”

Secondo Amnesty International un milione di Rohingya, popolazione del Myanmar, si sono rifugiati in Bangladesh dopo i massacri di donne, bambini e vecchi operati dai militari del regime birmano nel 2016 e 2017, anno in cui Papa Francesco andò in Myanmar e Bangladesh per denunciare al mondo la grave situazione in cui si trovavano i Rohingya.

Dopo sei anni, le popolazioni rimaste nello stato di Rakhine (Myanmar) non hanno la libertà di movimento e sono privati di altri diritti fondamentali, come l’accesso adeguato a cibo, cure mediche e istruzione, cui va aggiunta l’insicurezza causata dal colpo di stato del febbraio 2021 con l’arresto di Aung San Suu Kyi.

Nelle zone di confine del Bangladesh, i rifugiati vivono in un limbo, non potendo tornare in sicurezza in Myanmar e non potendo vivere in pace nei campi per rifugiati del Bangladesh, dove la violenza è in aumento.

Dal punto di vista della giustizia internazionale, osserva Amnesty International, qualcosa si muove. Nel luglio 2022 la Corte internazionale di giustizia ha respinto le obiezioni avanzate da Myanmar e si è dichiarata competente per andare avanti nel procedimento avviato nel 2019 dallo stato del Gambia contro il governo di Myanmar ai sensi della Convenzione sul genocidio.

Anche il Tribunale penale internazionale sta indagando sui crimini commessi nel 2016 e nel 2017 contro i rohingya. Sebbene Myanmar non abbia ratificato lo Statuto del Tribunale, questo sta esaminando denunce di crimini commessi in Bangladesh e in altri stati. Amnesty International ha sollecitato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a deferire al Tribunale l’intera situazione di Myanmar in modo che possa essere svolta un’indagine su tutti i crimini commessi all’interno di Myanmar.

In Birmania c’è un brutale regime militare che ha deposto il governo democratico e la leader Aung San Suu Kyi.



La condanna della comunità internazionale nei confronti del regime, per chiedere il ritorno alla democrazia non può omettere la situazione della minoranza Rohingya.

Secondo Amnesty International un milione di Rohingya, popolazione del Myanmar, si sono rifugiati in Bangladesh dopo i massacri di donne, bambini e vecchi operati dai militari del regime birmano nel 2016 e 2017, anno in cui Papa Francesco andò in Myanmar e Bangladesh per denunciare al mondo la grave situazione in cui si trovavano i Rohingya.

Dopo sei anni, le popolazioni rimaste nello stato di Rakhine (Myanmar) non hanno la libertà di movimento e sono privati di altri diritti fondamentali, come l’accesso adeguato a cibo, cure mediche e istruzione, cui va aggiunta l’insicurezza causata dal colpo di stato del febbraio 2021 con l’arresto di Aung San Suu Kyi.

Nelle zone di confine del Bangladesh, i rifugiati vivono in un limbo, non potendo tornare in sicurezza in Myanmar e non potendo vivere in pace nei campi per rifugiati del Bangladesh, dove la violenza è in aumento.

Dal punto di vista della giustizia internazionale, osserva Amnesty International, qualcosa si muove. Nel luglio 2022 la Corte internazionale di giustizia ha respinto le obiezioni avanzate da Myanmar e si è dichiarata competente per andare avanti nel procedimento avviato nel 2019 dallo stato del Gambia contro il governo di Myanmar ai sensi della Convenzione sul genocidio.

Anche il Tribunale penale internazionale sta indagando sui crimini commessi nel 2016 e nel 2017 contro i rohingya. Sebbene Myanmar non abbia ratificato lo Statuto del Tribunale, questo sta esaminando denunce di crimini commessi in Bangladesh e in altri stati. Amnesty International ha sollecitato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a deferire al Tribunale l’intera situazione di Myanmar in modo che possa essere svolta un’indagine su tutti i crimini commessi all’interno di Myanmar.

In Birmania c’è un brutale regime militare che ha deposto il governo democratico e la leader Aung San Suu Kyi.

La condanna della comunità internazionale nei confronti del regime, per chiedere il ritorno alla democrazia non può omettere la situazione della minoranza Rohingya.

Democrazia e Libertà in Myanmar significa Libertà e pari diritti per tutte le popolazioni.

Massimo Pinardi

perlavalbaganza