Per ricevere gratuitamente ogni mattina (dal lunedì al venerdì) la rassegna stampa di ParmaDaily direttamente nella propria casella di posta elettronica inviare un’email ainfo@parmadaily.it aventeper oggetto “Iscrizione rassegna stampa“.
___
31/03/2011
h.10.00
Sulla Gazzetta, Sala: «Lactalis vuol far grande Parmalat a Collecchio». Intervista: il deputy general manager e presidente di Lactalis Italia.
“In queste ore cruciali per il destino di Parmalat, in attesa delle decisioni del Cda di domani su un probabile slittamento dell’assemblea, Antonio Sala, deputy general manager di Lactalis e presidente di Lactalis Italia, ha la preoccupazione di rassicurare la città di Parma e i dipendenti dell’azienda di Collecchio: «Parmalat deve restare a Collecchio e crescere ancora. A Parmalat mancava un azionista industriale di riferimento, noi possiamo dare qualcosa in più per lo sviluppo di Parma e a beneficio della società e degli azionisti».
Abbiamo raggiunto Sala a Parigi. La giornata non era cominciata nel migliore dei modi per Lactalis. Attorno a mezzogiorno le agenzie di stampa battevano la notizia che a Bruxelles la portavoce del commissario Ue alla concorrenza, Joaquin Almunia, a proposito della scalata Lactalis a Parmalat, affermava che «La regola è che non si può acquisire il controllo di un gruppo senza avere prima il via libera della Commissione Europea».
Dottor Sala, come commenta questa presa di posizione? Può cambiare qualcosa?
Penso proprio di no. Noi abbiamo già preso contatti con la Commissione Europea per illustrare la situazione. Tra l’altro ci sono anche cordate alternative e quindi non diamo neppure per scontato il fatto di riuscire ad acquisire il controllo della società.
Dopo il decreto del governo il cda di Parmalat, convocato per domani, potrebbe rimandare a giugno l’assemblea già fissata per il 12 aprile. Questo potrebbe avvenire solo se ci fosse un motivo valido per farlo, e cioè se venisse presentata una manifestazione d’interesse, un progetto alternativo, da parte di una cordata italiana. Lactalis ha già espresso la sua forte contrarietà a un cambiamento delle regole del gioco durante la partita. Adesso che dice? E’ rassegnata a uno slittamento?
Premetto che non sono un legale. La normativa cui fa riferimento il decreto legge è la normativa che riguarda i termini di approvazione del bilancio che permette di differire questi termini di 180 giorni. Questo era già previsto dallo statuto di Parmalat. Non riusciamo davvero a capire quali sarebbero le motivazioni per differire l’assemblea. Tra l’altro questo andrebbe a danno degli azionisti.
Noi abbiamo acquistato le azioni in Borsa dai fondi esteri, abbiamo fatto le cose in modo assolutamente trasparente.
Lei come spiega questo fuoco di sbarramento del governo? Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le dichiarazioni di esponenti del governo in difesa dell’italianità di Parmalat. Dopo le affermazioni di Tremonti e di Bossi, l’altro ieri anche il neo ministro alle Politiche Agricole, Saverio Romano, ha detto che «bisognerà fare il possibile e l’impossibile » per impedire che Parmalat cada in mani francesi. Voi vi aspettavate queste reazioni? E in passato, quando Lactalis ha fatto altre importanti acquisizioni in Italia, da Galbani a Cademartori a Invernizzi, avete incontrato altrettanta resistenza?
No. Certo, ci aspettavamo qualche reazione. Guardi, io da italiano del Gruppo ci tengo molto a sottolineare il fatto che noi vogliamo fare un’operazione industriale assolutamente amichevole e con un pieno rispetto, come nella tradizione di Lactalis, della territorialità dell’azienda. Questo è molto importante.
E poi, scusi, ma per noi parla la storia del Gruppo. Dopo che abbiamo acquistato Galbani non ci sono state delocalizzazioni.
Questo forse è quello che si teme di più. Le ricadute sul tessuto sociale, economico, occupazionale… Lei che tipo di rassicurazioni può dare?
Che secondo noi la produzione deve restare in Italia, che il Gruppo intende acquistare il latte in Italia. Parmalat è una società che è e resterà indipendente.
Nessun progetto di fusione con Galbani?
Assolutamente no. Sono due storie diverse. Comunque è bene sottolineare quello che è accaduto a Galbani dopo la nostra acquisizione. Galbani esportava i suoi prodotti in 50 Paesi e oggi li esporta in 100. La produzione è rimasta in Italia. Galbani comperava in Italia il 40 per cento del proprio fabbisogno di latte. Oggi ne compra il 60 per cento. In Lombardia, Galbani è la sola società che ha firmato i contratti sul prezzo del latte con gli agricoltori. Questo è la prova che quello che diciamo è la verità. Non c’è alcun progetto di integrazione con le due sedi, quindi ribadisco che la sede di Parmalat resterà a Collecchio.
Ieri in un editoriale in prima pagina sul «Corriere della sera» Francesco Giavazzi scrive: «L’opa è la strada obbligata per i francesi di Lactalis, cui non può essere concesso di controllare Parmalat con il 29 per cento». Lei come commenta questa affermazione? Farete un’opa?
No. Non riteniamo necessaria l’Opa per proporre il nostro progetto di partnership industriale.
Ci sono molti timori anche su un eventuale «spezzatino», no voluto sottolineare in questi giorni è la ricca cassa di Parmalat, un miliardo e 400 milioni di euro. Come intendete impiegare queste importanti risorse?
Siamo interessati a favorire investimenti in acquisizioni e nello sviluppo industriale. Queste risorse devono essere gestite nell’interesse di Parmalat, non di Lactalis o di altro. Dopo l’acquisizione di Galbani da parte di Lactalis, gli investimenti industriali di Galbani sono raddoppiati. Questo dovrebbe pur dire qualcosa, dovrebbe dare rassicurazioni. O no? Il nostro è un Gruppo internazionale molto aperto che ha una cultura del marchio e del prodotto.
I vostri avversari, i vostri rivali in questa corsa a Parmalat, si chiedono perché Lactalis non pubblichi i bilanci….
Lactalis è un gruppo famigliare. Non ama esporsi. La spiegazione è solo questa, è fin troppo semplice. Non ci sono altre ragioni.
Il sindaco di Parma, Pietro Vignali, ha scritto una lettera aperta al ministro Tremonti, esprimendogli apprezzamento per l’iniziativa intrapresa dal governo in difesa di Parmalat e lo ha esortato «ad un’azione il più possibile decisa e risoluta a salvaguardia della città e del Paese». Se lei avesse la possibilità di incontrare il sindaco Vignali, che cosa gli direbbe?
Gli direi di stare tranquillo. Noi abbiamo un progetto industriale per la Parmalat e per il territorio. Il fatto che l’azionista principale di Lactalis abbia la carta d’identità francese non vuol dire niente. Quello che è importante è lo sviluppo degli aspetti industriali e la volontà di restare sul territorio. Anche perché, se proprio vogliamo fare il controllo delle carte d’identità, anche altri azionisti non sono proprio così nostrani….
Se le cose dovessero andare come voi vi augurate il dottor Bondi potrebbe rivestire un ruolo operativo? Avete mai avuto contatti con lui?
Noi abbiamo un rispetto enorme per quello che il dottor Bondi ha fatto. Se la permanenza del dottor Bondi rappresentasse una garanzia di italianità della società, per Lactalis non ci sarebbe assolutamente alcuna obiezione.
A proposito di italianità, ma lei si sente più italiano o più francese?
Guardi, io mi sento orgoglioso di essere stato chiamato a fare il presidente in Italia di un gruppo francese ma sono italiano al cento per cento. Anzi, sa cosa le dico? Ho anche un pizzico di sangue parmigiano, mia mamma era di Parma.
Beh, questa potrebbe essere una buona rassicurazione per il sindaco Vignali… Dottor Sala, un’ultima domanda: ma lei lo ha visto «Il gioiellino»?
No, non l’ho visto. Ma quella è la storia di un’altra Parmalat che non ha proprio niente a che vedere con questa”.
Andrea Marsiletti