
28/01/2013
h.17.40
Un teatro fatto di canzoni e musica che denuncia la gerontocrazia della società italiana e il suo non lasciar spazio ai giovani, e un teatro che invece intreccia scrittura e recitazione per rivelare al pubblico storie sconosciute di un’umanità umiliata dalla violenza del potere e della storia.
Il weekend della Stagione del Teatro delle Briciole propone due spettacoli di Scena Verticale, uno dei più quotati gruppi teatrali del nuovo teatro. Venerdì 1 febbraio alle 21 «Morir sì giovane e in andropausa» di Dario De Luca e Giuseppe Vincenzi con la Omissis Mini Orchestra, sabato 2 febbraio «Italianesi» di e con Saverio La Ruina.
«Morir sì giovane e in andropausa», secondo appuntamento di «Il futuro del lavoro», iniziativa realizzata in collaborazione con Cgil, Cisl e Uil di Parma, è uno spettacolo fatto di canzoni dalle liriche semplici e con monologhi dal linguaggio chiaro, per una sintesi poetica che vuole essere efficace, diretta, in qualche modo quotidiana. Lo scopo? Portare in scena la voce di una collettività, evidenziare bisogni e desideri di una generazione, quella dei trenta-quarantenni, «lasciati in mutande» da una società comandata da vecchi e senza futuro. Con la musica, le parole e una sana ironia.
«Oggi nel nostro Paese c’è un’intera generazione di giovani che muore soffocata da una società, da una politica, da uno stato killer che non piange questi giovani, né se ne sente minimamente responsabile» spiega il regista. «Alla fine della “Traviata” la giovane Violetta, consumata dalla tisi e in procinto di morire, riesce a mormorare “Gran Dio, morir sì giovane, io che penato ho tanto!”. Pochi versi, immortalati dalle note del grande Verdi, che trasmettono tutta la sofferenza, lo sconforto e la disperazione di una giovane che muore nel fiore degli anni.
E come Violetta, oggi è questa generazione che muore». Lo spettacolo segna il debutto della Omissis Mini Orchestra, nata intorno a un progetto di teatro-canzone e composta da Paolo Chiaia (piano synth e armonica), Gianfranco De Franco (clarinetto, sax, flauti e loop), Giuseppe Oliveto (trombone, flicorno, fisarmonica e conchiglie), Emanuele Gallo (basso), Francesco Montebello (batteria e percussioni).
«Italianesi» è il nuovo intenso monologo di Saverio La Ruina, uno degli autori e attori più apprezzati degli ultimi anni, premiato più volte con i maggiori riconoscimenti del teatro. La Ruina si toglie qui i panni delle donne del Sud umiliate e offese, indossati in lavori memorabili come «Dissonorata» e «La Borto», coi quali si è conquistato l’ammirazione del pubblico e della critica.
Al centro di questo nuovo spettacolo c’è una tragedia rimossa dai libri di storia, consumata fino a qualche giorno fa a pochi chilometri dalle nostre case. Alla fine della seconda guerra mondiale, migliaia di soldati e civili italiani rimangono intrappolati in Albania con l’avvento del regime dittatoriale, costretti a vivere in un clima di terrore e oggetto di periodiche e violente persecuzioni.
«Italianesi» racconta la storia di uno di questi uomini, che vive quarant’anni nel mito del padre e dell’Italia che raggiunge nel 1991 a seguito della caduta del regime.
Riconosciuti come profughi dallo Stato italiano, arrivano nel Belpaese convinti di essere accolti come eroi, ma paradossalmente sono invece condannati ad essere italiani in Albania e albanesi in Italia.
I biglietti dei due spettacoli sono in vendita allo Iat di Piazza Garibaldi 1 (tel 0521 218889), e online sul sito www.solaresdellearti.it/teatrodellebriciole.