Neonati sepolti a Traversetolo, la Procura di Parma torna a chiedere il carcere per Chiara Petrolini.
Per questo ha presentato appello nei confronti dell’ordinanza del Gip del 19 settembre scorso che ha disposto gli arresti domiciliari per la ragazza.
Con l’ordinanza dello scorso 19 settembre 2024 il Gip di Parma implicitamente ha rigettato la richiesta di misura cautelare in relazione al reato di soppressione di cadavere riferito all’episodio del 7 agosto 2024, ritenendo il meno grave reato di occultamento di cadavere e ha disposto gli arresti domiciliari per i reati di omicidio volontario aggravato (per il rapporto di discendenza e per la premeditazione riferito all’episodio del 7 agosto 2024 ) e di soppressione di cadavere (riferito all’episodio del 12 maggio 2024), in luogo della custodia in carcere richiesta dalla Procura il 12 settembre scorso.
In sostanza il PM aveva presentato una richiesta di custodia cautelare in carcere per i reati di omicidio volontario e premeditato e soppressione di cadavere aggravato commessi lo scorso 7 agosto (si tratta del primo rinvenimento di neonato, da cui ha avuto origine l’indagine) e per soppressione di cadavere aggravato, commesso il 13 maggio 2023 (secondo rinvenimento, relativo alle sole ossa del piccolo, a seguito delle attività di scansione del sottosuolo con elettromagnetometro, che aveva consentito di verificare anomalie e discontinuità nel giardino della casa della ragazza).
Non era stata invece presentata nessuna richiesta cautelare per la morte del primo bambino, quello nato nel 2023, non essendo completati gli accertamenti medico-legali.
Con l’ordinanza del 19 settembre 2024, il Gip – spiega la Procura – pur condividendo la ricostruzione del PM e ritenendo sussistenti le esigenze cautelari – ha disposto gli arresti domiciliari per l’indagata (invece della custodia in carcere invocata dal pm), e di fatto ha rigettato la richiesta per quanto riguarda il seppellimento del neonato del 7 agosto 2024, ritenendo il meno grave reato di occultamento di cadavere in luogo della soppressione di cadavere.
Quanto, in particolare, al tipo di misura cautelare, il GIP riteneva gli arresti domiciliari (con divieto di comunicare con persone diverse da coloro che coabitano con l’indagata) sufficienti a garantire le esigenze cautelari, sia perché si trattava della prima esperienza detentiva, sia in ragione del controllo che sarebbe stato esercitato dai familiari conviventi, ritenuto idoneo a neutralizzare il rischio che la ragazza cercasse di attirare nel suo domicilio degli estranei.
La Procura non ha condiviso questa impostazione del Giudice, a spiegarlo è lo stesso Procuratore Alfonso D’Avino. “Il seppellimento di agosto, nelle intenzioni dell’indagata, sarebbe stato definitivo, nel senso che quel seppellimento appariva idoneo a non essere mai scoperto, così come avvenuto per il precedente del 2023 e solo a causa dell’estemporaneo intervento dei cani è venuto alla luce”.
E per quanto riguarda le esigenze cautelari aggiunge: “non potendosi affidare a terzi – nella specie, peraltro, quegli stessi genitori che mai di nulla si erano accorti di ciò che avveniva in casa propria – il buon esito e l’efficacia degli arresti domiciliari”.
In definitiva, dunque, con l’atto di appello – contestualmente confermando l’essenzialità e l’irrinunciabilità del principio della presunzione di innocenza – la Procura si è rivolta al Tribunale del riesame di Bologna chiedendo in primo luogo che il seppellimento del 7 agosto venga qualificato come soppressione di cadavere (reato più grave del semplice occultamento di cadavere) e, in secondo luogo, per tutti i reati ipotizzati sia applicata la custodia cautelare in carcere.