INTERVISTA al pittore parmigiano Enrico Robusti che, per primo, appenderà i suoi quadri nella stanza Kounellis al museo Palazzo Riso a Palermo

di UG

Un pittore parmigiano, Enrico Robusti, sta esponendo i suoi quadri nel prestigiosissimo Palazzo Riso di Palermo, il Museo d’arte contemporanea della Sicilia, uno degli spazi espositivi più importanti della regione.

E Robusti è stato il primo che…

Enrico, parlaci della tua mostra, che durerà due mesi.

Innanzitutto premetto che esporre in un museo è una realtà finale per un pittore. Si tratta di una mostra autonoma, sia negli spazi che nella disposizione dei quadri, di quattro pittori, quasi miei contemporanei, che in comune con me hanno un aspetto visionario.

Nel museo c’è un’enorme stanza dedicata a Kounellis. Questi è stato uno dei rappresentanti storici dell’arte povera riconosciuta a livello internazionale grazie al genio di Celant che utilizza non marmi, bronzi o crete, ma materiali poveri come cartone, rami, fili di ferro, scarti…

In quella stanza c’è un’installazione di Kounellis che legò al soffitto vecchi armadi delle case dei nonni ponendoli uno accanto all’altro con le ante aperte. Sembrano dei catafalchi. Danno l’impressione di qualcosa di funebre. L’artista è morto l’anno scorso e ha donato la sua opera al Palazzo Riso, alla condizione che non si potessero appendere quadri alle quattro pareti.

Ma i tuoi quadri li hanno messi…

Sì. Mi ha chiamato l’ex assessore Sgarbi per chiedermi se avevo sedici quadri da appendere. I miei dipinti con tante persone che si muovono in scene di vita quotidiana dialogano perfettamente con questa installazione. C’è un contrasto tra il mio mondo colorato e questi catafalchi scuri. Si potrebbe parlare di un’antitesi, ma anche di una corrispondenza, sottile e contraria. Io completo quel soffitto, dando la speranza che l’umanità possa trovare un’altra dimensione.

Non è quindi uno sfregio a questa stanza?

No, neppure un attacco a testa bassa a chi non può più rispondere. E’ un completamento, come hanno rilevato Sgarbi e la direttrice del museo. Per me è un bel traguardo.

Andrea Marsiletti

 

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