
La scuola e una passione per l’insegnamento che dura da oltre due secoli, i social e la loro influenza nel sottile confine tra uso consapevole o meno. Per il secondo giorno il Festival della Parola ha portato sul palco della Corale Verdi la “parola” come confronto, scambio, scoperta.
La parola come crescita. Ad aprire gli incontri è stata, non a caso, la testimonianza – con Susanna Binacchi come moderatrice – delle suore Maestre Luigine, che per 238 anni hanno insegnato a tante generazioni di parmensi a leggere, scrivere e far di conto. “Ho cominciato a fare scuola capendo subito qual era la mia strada, ho studiato dalle Luigine ed ho detto: questa è la mia strada, sarò la maestra di tante bambine”, ha ricordato suor Rita suscitando nella platea un po’ di emozione. Poi maestra Lucia ha raccontato la sua ‘ricetta’ per una buona scuola: “L’insegnante fa la scuola, ha bisogno di tante competenze ma soprattutto di passione – ha detto -, deve essere una persona di dialogo, accogliente, più che sapere deve appassionare al sapere. Per fare una buona scuola ci vogliono insegnanti motivati, che lavorano bene insieme. Poi servono fiducia reciproca anche tra colleghi e un buon dialogo con le famiglie, i genitori sentono il bisogno di essere accompagnati nell’educazione dei figli”.
Poi, con “Vita social(e)” – citazione di una canzone di Luigi Tenco a cui è dedicata la quinta edizione del Festival – è andato in scena il dibattito sui social con ospiti Nicola Zamperini, Giuliana Laurita, Giulia Morini e Andrea Gatti come moderatore. “Combatto contro l’idea che Internet sia di per sé un pericolo, il digitale è una grandissima opportunità – ha detto Giuliana Laurita, coordinatrice del master in Social media e digital Pr allo Ied di Milano -, sono tante le cose che regaliamo ma tante anche quella che prendiamo, dipende come ci si sta”.
“Per quanto mi riguarda Internet equivale all’invenzione della ruota ma Facebook non è Internet, Google non è Internet, Instagram non è Internet: i proprietari di queste aziende ci propongono queste equazioni – ha sottolineato Nicola Zamperini, giornalista e autore di ‘Disobbedienza digitale’ – ma Internet è uno strumento di libertà e c’è qualcuno che ha un potere sconsiderato che noi gli abbiamo ceduto con una servitù volontaria, non c’è stato un colpo di stato. La storia è la storia di una cessione complessiva da parte nostra dei dati ma oltre a quelli noi stiamo consegnando delle qualità preziose: Google diventa un oracolo in un processo di esternalizzazione della memoria, abbiamo regalato a Google il nostro oblìo”. E Giulia Morini, una dei circa 230 speaker, tra gli 11 e 17 anni che animano, in Italia e all’estero, Radio immaginaria, ha spiegato una decisione che ha fatto dibattere. “Noi pur essendo nati con i social come Radio immaginaria abbiamo scelto di abbandonarli – ha spiegato -: dal 2 aprile non siamo più su Facebook, Instagram, Twitter. Perché? Ci sono tanti motivi, a cominciare dal fatto che tutti i contenuti che noi producevamo non erano più nostri, ci mettiamo un sacco di impegno, passione, creatività, per poi vedere che non sono più nostri. I social ci rubano l’identità, per noi adolescenti è arrivato il momento di non essere più follower ma influencer, quale relazione è più importante del fatto di guardarsi negli occhi”.