
Rubrica TeoDaily – Quando si parla di predestinazione molti storcono il naso: “Roba da protestanti! Un delirio di Lutero!”. Peggio ancora, un’eresia da calvinisti che credono in un Dio che ti assegna il paradiso o l’inferno alla nascita, senza passare dal via.
Eppure la realtà è più complessa, e sorprendente. Perché anche nel cattolicesimo la predestinazione non è un tabù. Anzi, è una cosa seria, da grandi nomi.
San Paolo, il fondatore della teologia cristiana, penna ispiratissima del Nuovo Testamento, utilizza il termine “predestinazione” senza alcun imbarazzo. Nella Lettera agli Efesini scrive: “In lui ci ha eletti prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi e irreprensibili davanti a lui nell’amore, avendoci predestinati ad essere adottati come suoi figli per mezzo di Gesù Cristo secondo il beneplacito della sua volontà“. (Ef 1,4-5); nella Lettera ai Romani afferma che “quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29). Perchè dobbiamo prendere per oro colato le parole di San Paolo quando crea il “peccato originale” di Adamo ed Eva e dovremmo prenderlo sotto gamba quando parla di predestinazione?
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Poi arriva Sant’Agostino. Non un teologo qualunque, uno dei pilastri del pensiero cristiano occidentale. L’ultimo Agostino, in risposta all’eresia pelagiana (l’idea che l’uomo possa salvarsi da solo, con le sue forze), dichiara che è Dio a scegliere chi salvare. E lo fa prima che l’uomo compia qualsiasi opera buona. Dio predestina, e la grazia è irresistibile. Le opere buone sono un effetto della grazia. Sarebbe interessante conoscere l’opinione dell’agostiniano Papa Leone XIV a riguardo.
Ma l’idea di predestinazione non si è fermata lì: entra anche nella sintesi scolastica medievale, grazie a San Tommaso d’Aquino che nel cuore della sua Summa Theologiae scrive che Dio predestina “per la sua bontà”, non perché ha previsto che saremo bravi. Sei buono perché Dio ti ha scelto. Non è una ricompensa al merito. È grazia pura. La grazia non solo precede le opere buone, ma le rende possibili. “La predestinazione è parte della provvidenza. Poiché la provvidenza è il piano della divina ordinazione, col quale tutte le cose sono ordinate al loro fine, è necessario che anche la predestinazione, con cui alcuni sono ordinati alla salvezza eterna, appartenga alla provvidenza” (Summa Theologiae, I, q. 23, a. 1). Tommaso colloca la predestinazione nel contesto del governo provvidenziale di Dio: non è arbitrio, ma sapienza ordinatrice. Ci sono anche passaggi in cui Tommaso prova a tenere insieme la grazia preveniente e la libertà dell’uomo, sebbene di fondo continui a ripetere che la grazia è sempre all’origine del bene.
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Se Dio è onnisciente e onnipotente, e quindi sa già tutto ciò che accadrà e potrebbe intervenire per cambiarlo, allora come possiamo davvero essere liberi? E se non siamo liberi, come possiamo essere responsabili del bene o del male che compiamo? E allora, come può esserci giustizia nel giudizio?
Il Concilio di Trento (1545-1563), in risposta alla Riforma, cerca di conciliare libero arbitrio e sovranità assoluta di Dio: la salvezza è dono gratuito della grazia, ma non esclude la cooperazione libera dell’uomo, che può accettarla o rifiutarla.
Posizione che in qualche modo è arrivata fino a oggi.
Oggi, in realtà, il termine “predestinazione” è scomparso dal linguaggio pastorale, come spesso accade di fronte ad argomenti spigolosi. Si preferisce parlare di libertà, responsabilità personale, cammino spirituale.
Perché se Dio predestina, allora quanto conta davvero la nostra libertà? E perché alcuni sono stati scelti per essere salvati, e altri no? Domande legittime.
La predestinazione fa paura.
L’iniziativa divina spiazza, scandalizza, rompe i nostri schemi.
Un Dio che predestina ci mette in crisi. Ma forse è proprio lì che si nasconde la buona notizia: non tutto dipende da noi, per fortuna, grazie a Dio.
E quindi, in definitiva, come la mettiamo?
Io la dico così, Paolo, Agostino, Lutero, Tommaso permettendo: Dio non ha scritto un copione, ci offre un destino di bene. Sta a noi scriverlo, con Lui.
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